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Condanna definitiva per omicidio colposo del RSPP!

Archivio Figure della sicurezza (DL/RSPP/Addetti SPP/Emergenza e Pronto Soccorso/RLS).
Discussioni relative alle varie figure coinvolte nel mondo della sicurezza sul lavoro quali Datori di Lavoro (DL), Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP), Emergenze e Pronto Soccorso, Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) (Riservato agli abbonati)
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FilippoP
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Questa sentenza mi fa paura.
Voi ne sapete qualcosa di come è maturata attraverso i 3 gradi di giudizio?
 
In caso di infortunio mortale accaduto ad un lavoratore caduto dalla scala esterna di un edificio a causa dell'irregolare altezza del parapetto posto a protezione della scala stessa, risponde del delitto di omicidio colposo il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi che si sia occupato dell'edificio, comunicando prima dell'infortunio una relazione sullo stato della sicurezza dell'immobile, ed ivi ignorando il pericolo costituito dall'altezza del parapetto della scala. (Cass. 17/6/2003 n. 25944, Pres. Olivieri Est. Perna La Torre , in Dir. e prat. lav. 2004, 451)
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Renato
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Puoi informarti meglio oppure fornire il link? Era un RSSP/Datore di Lavoro ?
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ursamaior
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CORTE DI CASSAZIONE IV Sez. pen. - 17 giugno 2003, n. 25944

Riferimento normativo: artt. 26 e 27, D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547
- Altezza irregolare del parapetto - Infortunio sul lavoro in azienda ad organizzazione complessa e differenziata - Necessità di far riferimento alla ripartizione interna ed istituzionale delle specifiche competenze - Assenza di prove della mancanza di competenza e capacità del RSPP - Esclusione della responsabilità penale del Direttore generale dell'Azienda USL - Sussistenza della responsabilità del RSPP
- Assenza di carica collegata ad una funzione di sicurezza degli ambienti di lavoro - Personalità della responsabilità penale - Esclusione della responsabilità del preposto ai Servizi tecnici ed acquisti e gestione patrimoniale dell'USL
- Richiesta di riduzione della pena del RSPP - Negazione senza motivazione - Annullamento della sentenza limitatamente alla quantificazione della pena
Fattispecie: decesso dello psicologo di una USL precipitato oltre il parapetto posto a protezione della scala esterna e del pianerottolo a causa della irregolare altezza del parapetto

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Tribunale di Cagliari, con sentenza del 12 febbraio 2001, condannava M.I., T.M e M.M. alla pena di mesi otto di reclusione ciascuno, nonchè in solido al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio, con una provvisionale di lire cento milioni per ciascuna, perchè dichiarati colpevoli, con le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, "del reato di cui all'art. 589, comma 2 cod. pen., per avere, il M.I. nella sua qualità di Direttore generale dell'Azienda USL n. (...) di Cagliari (e quindi datore di lavoro all'interno dell'Azienda ex art. 2, lett. B), D.Lgs. n. 626/1994), il M.M. nella sua qualità di responsabile del "Servizio prevenzione e sicurezza" per le strutture territoriali dell'Azienda USL n. (...) di Cagliari e di ingegnere dell'Ufficio tecnico della medesima Azienda, il T.M., nella sua qualità di responsabile dei Servizi acquisti, Servizi tecnici e gestione patrimoniale della Azienda USL n. (...) di Cagliari, cagionato per colpa la morte di M.P.A., psicologo in servizio presso la medesima Azienda (S.E.R.T. di (...)); colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e nella violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni negli ambienti di lavoro (in particolare degli artt. 26 e 27, D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 e del regolamento dell'Azienda USL di Cagliari ...".
In particolare, il Tribunale aveva accertato che l'11 giugno 1997 il M.P.A. era precipitato oltre il parapetto posto a protezione della scala esterna e del pianerottolo dell'edificio sito in (...) e destinato al Servizio tossicodipendenze a causa della irregolare altezza del parapetto medesimo, essendo lo stesso alto 85 centimetri e non almeno un metro, cadendo così da un'altezza di metri 5,85 nel cortile sottostante e riportando lesioni gravissime che ne avevano provocato il decesso durante il trasporto in ospedale.
A seguito di impugnazione dei prevenuti, la Corte d'appello di Cagliari, con decisione del 15 aprile 2002, assolveva M.I. e T.M. dal reato loro ascritto per non avere commesso il fatto, escludendo la loro condanna al risarcimento del danno ed al pagamento della provvisionale, confermava nel resto le provate decisioni.
Hanno proposto ricorso per cassazione le parti civili: P.M.A. e V.P. in proprio e quale esercente la potestà sulla figlia minore M.F., il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Cagliari e M.M.
La prima deduce:
1) violazione di legge e travisamento del fatto per avere assolto il M.I. dal reato ascrittogli sul rilievo che costui non aveva avuto mai conoscenza delle irregolarità dell'altezza del parapetto in questione, omettendo così di valutare che il prevenuto, quale Direttore generale dell'USL era gerente della complessiva correttezza dell'azione amministrativa riferibile all'ente che dirigeva ed inoltre che la predetta struttura (S.E.R.T.) era stata esaminata dal M.I. in occasione di un sopralluogo ivi effettuato con il T.M. ed il M.M., come da risultanze processuali. La ricorrente assume, poi, che il M.I. aveva affidato il Servizio di prevenzione e protezione al M.M., persona assolutamente inidonea, incapace, in violazione, quindi, del disposto degli artt. 2-8, D.Lgs. n. 626/1994, e che tale circostanza era stata negata dalla Corte territoriale con evidente travisamento del fatto, così come accertato dai primi giudici. Con riferimento, poi, alle assoluzioni del T.M. censura l'impugnata sentenza per violazione degli artt. 4, D.P.R. n. 547/1955, 2, D.Lgs. n. 626/1994, 8, D.Lgs. n. 626/1994, 589, 42 cod. pen., in quanto il predetto aveva non soltanto il compito di gestire ed amministrare le unità immobiliari dell'Azienda, ma autonoma capacità di decisione di spesa, con conseguente obbligo di controllo e della verifica delle carenze nel campo della prevenzione infortuni e della sicurezza.
Il Procuratore generale eccepisce:
1) violazione di legge;
2) contraddittorietà e carenza della motivazione.
Osserva il ricorrente che la Corte distrettuale ha assolto il M.I., del quale ha riconosciuto la posizione di vertice nell'ambito dell'Azienda, sul presupposto, erroneo, che, avendo istituito il Servizio di prevenzione e protezione ex art. 8, D.Lgs. n. 626/1994, ciò aveva comportato il trasferimento al responsabile del Servizio stesso degli obblighi di sicurezza datoriali, salvo a voler ritenere sussistente un'ipotesi di responsabilità oggettiva. Ad avviso del Procuratore generale si è in presenza di argomentazione non condivisibile in quanto si pone in evidente contrasto con la normativa in esame ispirata al criterio della massima responsabilizzazione del datore di lavoro, al quale è imposto l'obbligo di procedere ad una vera e propria programmazione della sicurezza attraverso gli adempimenti elencati nell'art. 4, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 626/1994.
Lamenta, inoltre, il ricorrente la non corretta motivazione con la quale ha escluso la responsabilità del M.I. in ordine al profilo di colpa specifica che gli era stata contestata consistente nell'inosservanza delle norme sull'altezza minima dei parapetti contenuta negli artt. 26 e 27, D.P.R. n. 547/1955, sottolineando la Corte, che la irregolarità non era stata menzionata all'atto delle consegne all'imputato, sicchè costui non aveva avuto conoscenza della segnalazione in proposito indirizzata nel 1994 al suo predecessore, affermazione che si pone in contrasto con il rilievo che sul dirigente della USL grava l'obbligo di prendere cognizione di atti, relazioni, suggerimenti e denunce anche precedenti all'insediamento. Precisa, infine, che la Corte distrettuale, sebbene il M.M. avesse ammesso nel corso del suo esame di non possedere alcuna competenza specifica in materia di sicurezza, avendo affermato che non risultava dimostrato l'assunto secondo il quale il predetto non sarebbe in possesso di "attitudini e capacità adeguate".
M.M. denuncia:
1) violazione degli artt. 40 e 41 cod. pen. Mancanza di motivazione e manifesta illogicità della stessa nella ricostruzione del rapporto di causalità con specifico riferimento all'ipotesi suicidiarie, esclusa dalla Corte d'appello non considerando che dalle consulenze eseguite ad iniziativa del P.M. si ricavava l'assenza di lesioni traumatiche alle mani ed agli arti inferiori, circostanza che avvalorava l'ipotesi in questione, perchè significativa del fatto che il M., mentre precipitava dall'alto, nessun tentativo di difesa aveva posto in essere, reazione istintiva, di difesa naturale ricavabile da una comune massima di esperienza;
2) violazione degli artt. 40 e 41, nell'accertamento del rapporto causale tra la presunta condotta colposa e l'evento in quanto formulato con giudizio probabilistico e non di certezza o probabilità vicino alla certezza, avendo la Corte territoriale affermato che "anche un'altezza intermedia tra 100 e 120 cm avrebbe con ogni probabilità impedito l'accaduto";
3) nullità della sentenza per violazione dell'art. 606, lett. D), cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 598 e 495, comma II, cod. proc. pen., per non aver disposto la richiesta perizia al fine di accertare:
1. la possibilità di una caduta accidentale, tenuto conto dell'altezza del parapetto e delle caratteristiche fisiche del M.;
2. se le lesioni riportate dal M. fossero tali da suggerire l'ipotesi suicidiarie;
4) mancanza di motivazione in ordine alla commisurazione della pena e alla riduzione della stessa in virtù delle attenuanti generiche.
V.P., deduce:
1) inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 589, 113, 40 cpv., cod. pen., artt. 1, commi 4-bis, 4-ter, 2, lett. B), art. 3, art. 4, commi 1, 2, 4, 5, 6, artt. 8 e 9, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.
Mancanza e/o manifesta illogicità del provvedimento impugnato, nella parte in cui assolve M.I. e T.M. La ricorrente dopo aver diffusamente illustrato la normativa infortunistica, applicabile alla fattispecie e che assume essere stata violata, ribadisce che è erroneo ritenere che il datore di lavoro non è responsabile qualora assegni l'espletamento dei compiti in materia di sicurezza a personale interno alle aziende, onde il M.I. che aveva conferito detto incarico al M.M., diversamente dall'assunto della Corte territoriale, non per questo poteva ritenersi spogliato delle sue prerogative e dei suoi doveri. In primo luogo, pertanto, egli doveva predisporre un documento di valutazione del rischio collegato alle irregolarità del parapetto, che aveva l'obbligo di conoscere, indi controllare e verificare periodicamente l'attività materialmente svolta dai preposti ed appositi incarichi e di intervenire in situazioni di "mala gestio" posta in essere dai predetti. Con la conseguenza che, in caso di mancato assolvimento a tale dovere da parte del datore di lavoro deve certamente riconoscersi in capo a costui una responsabilità per gli eventi infausti derivanti dalle inadempienze addebitabili alla figura del responsabile per sua dimostrata incapacità per "colpa in eligendo". Per quanto attiene al T.M. le doglianze formulate dalla ricorrente sono analoghe a quelle prospettate dalla P.M.A.
I ricorsi sono infondati, fatta eccezione per le doglianze formulate dal M.M. in relazione all'omessa motivazione in ordine alla quantificazione della pena. Deve osservarsi in primo luogo che i giudici dell'appello hanno compiuto una organica e coordinata disamina delle risultanze probatorie dando adeguata base giustificativa al proprio convincimento sulla dinamica dell'incidente mortale occorso al M.P.A., ricostruito sulla scorta di considerazioni di piena responsabilità e congruenza che, da una parte, hanno loro consentito di escludere che la caduta del predetto potesse ricondursi a volontà suicida della vittima, dall'altro, di affermare che l'evento mortale non si sarebbe verificato in termini di certezza ove il parapetto fosse stato alto cm 120 e con alto grado di possibilità, il che non esclude il nesso di causalità con la condotta omissiva, ove detta altezza fosse stata ricompresa tra i cm 100 (altezza minima prevista dalla legge) e i cm 120.
Al riguardo deve sottolinearsi che non ha pregio la doglianza relativa alla violazione dell'art. 495, comma 2, cod. proc. pen. per non avere la Corte disposto una perizia volta ad accertare la causa della caduta del M.P.A. Ed infatti, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, deve negarsi che l'accertamento peritale possa ricondursi al concetto di prova decisiva, la cui mancata assunzione costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, lett. D), cod. proc. pen. Infatti il ricorso o meno ad una perizia è attività sottratta al potere dispositivo delle parti ed è rimessa essenzialmente al potere discrezionale del giudice, la cui motivazione, se assistita da adeguata motivazione, è insindacabile in sede di legittimità. (Cass. pen., Sez. III, 14 dicembre 1998, n. 13086).
E nella specie la Corte territoriale ha esaurientemente motivato, come già precisato, sul convincimento raggiunto sia sulla insussistenza di una volontà suicida da parte del M.P.A. sia in ordine al nesso causale sussistente tra l'insufficiente altezza del parapetto e la caduta del M.P.A.
Corretta è poi la impugnata sentenza laddove esclude la penale responsabilità del M.I. e del T.M. per quanto attiene al primo è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. III, 18 settembre 1985, n. 8045, Sez. IV, 22 marzo 1991, n. 3241, S.S.UU. 14 ottobre 1992, n. 9874; Sez. III, 11 febbraio 2000, n. 9580) secondo cui il Presidente dell'Unità sanitaria locale (USL) non può essere ritenuto responsabile, solo perchè riveste tale carica, delle deficienze infortunistiche riscontrate nelle varie sedi ospedaliere e territoriali dipendenti dall'USL medesima. Infatti per la individuazione dei soggetti responsabili delle infrazioni alle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nell'ambito di imprese od enti ad organizzazione complessa e differenziata, occorre far riferimento alla ripartizione interna ed istituzionale delle specifiche competenze, con la conseguenza che le disposizioni e le norme antinfortunistiche non debbono ritenersi violate dal Presidente o dai capi degli enti o delle imprese, bensì dai preposti ai diversi rami delle attività; ai capi, invece, possono essere addebitate per negligenza, imperizia e inottemperanza di norme e di regolamento, solo quelle violazioni, a livello direttivo, specificatamente contemplate dalle norme, dai regolamenti e dagli Statuti, che governano i singoli enti e le singole imprese. Orbene, coerente con il richiamato principio si appalesa la assoluzione del M.I. dalla contestazione mossagli sotto il duplice profilo della colpa per omissione e di quella "in eligendo", avendo la Corte distrettuale osservato che risultava accertato in punto di fatto: che il Servizio di prevenzione e prevenzione era stato affidato al M.M., che il M.I. ignorava la specifica situazione di pericolo riscontrata nell'edificio di (...); che nulla provava che il M.M. fosse sfornito delle capacità tecniche per svolgere il compito affidatogli, atteso che lo stesso Tribunale aveva riconosciuto che a detto Servizio è preposto un responsabile dotato di competenza e capacità necessaria, ed il M.M. era infatti, un ingegnere dell'Ufficio tecnico dell'USL.
Riguardo, poi al T.M., la Corte territoriale applicando, con riferimento agli artt. 40 cod. pen. e 27 Costituzione, il principio che la responsabilità penale è personale, ha sostanzialmente concluso che costui non potesse ritenersi automaticamente responsabile del mortale incidente a causa della carica ricoperta di preposto ai Servizi tecnici ed acquisti e gestione patrimoniale dell'USL, sottolineando correttamente, che egli all'interno dell'Azienda non aveva ricoperto alcuna carica in qualche modo collegata ad una funzione di sicurezza degli ambienti di lavoro o delle strutture comunque appartenenti ed utilizzate dall'USL (...), e nemmeno risultava provato che il giudicabile per colpa aveva articolato, nella fattispecie, la realizzazione delle condizioni di sicurezza previste dalla normativa antinfortunistica.
Si sottrae, infine, alle censure formulate il convincimento appresso dalla Corte territoriale circa la colpevolezza del M.M., sotto il profilo della negligenza, in ordine alla produzione dell'evento luttuoso in questione.
Ed in proposito, i giudici dell'appello hanno ineccepibilmente posto in risalto la significativa e decisiva circostanza che il M.M. si era occupato dell'edificio di (...) destinato a S.E.R.T., comunicando nel gennaio del 1997 (l'incidente "de quo" si è verificato a giugno 1997) una relazione sullo stato della sicurezza dell'immobile, ignorando il pericolo costituito dall'altezza del parapetto della scala in oggetto.
Va accolta la doglianza relativa alla mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di riduzione della pena, in quanto in presenza di articolati motivi di gravame formulati dal M., la Corte di appello non ha spiegato le ragioni per le quali non ha ritenuto il giudicabile meritevole dell'invocato più mite trattamento sanzionatorio, limitandosi a confermare - come da dispositivo - la pena inflitta in primo grado.
La sentenza impugnata va, quindi, annullata sul punto con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari.

Per questi motivi

La Corte annulla la sentenza impugnata nei confronti di M.M. limitatamente alla quantificazione della pena e rinvia sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Cagliari.
Rigetta il ricorso del Procuratore generale e quelli delle parti civili P.M.A., V.P. in proprio e nella qualità; condanna le predette parti civili in solido al pagamento delle spese processuali per questo grado di giudizio.

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é lunga, spero che il mod non si arrabbi.

No problem ursamaior ...
e ci mancherebbe dopo che ti sei prodigato a trovarla!
Ti ringrazio sentitamente per lo straordinario apporto che dai quotidianamente alla crescita culturale di tutta la community.
Colgo l'occasione per estendere il mio infinito grazie anche a tutti gli altri partecipanti attivi ai lavori del ns. Forum.
Buona domenica a tutti.

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mirko
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Ho letto solo per sommi capi l'intervento di ursamaior ma comunque mi è sembrato di capire he il RSPP è stato condannato penalmente perchè non aveva segnalato un parapetto alto meno di 1 mt.

Ottima soluzione per scaricare su qualcuno le colpe direi.

Se il RSPP era anche DdL allora ok ma altrimenti la cosa mi farebbe moltooo arrabbiare.
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ursamaior
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Io non ci trovo nulla di strano, anzi.....
Considerando che le reponsabilità dell'RSPP si limitano alla mera segnalazione, penso che questo sia il minimo.
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mirko
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Io invece ci trovo molto di strano appunto perchè è consultivo.

Ciao
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ursamaior
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E che vuol dire?
Infatti il DLgs 626/94 non prevede sanzioni, ma qui parliamo di concorso in reato e la procedura è quella prevista dalle regole generali del diritto penale.
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Marzio
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Scusate ma se M.M. è il RSPP che cosa vuol dire questo?
ursamaior ha scritto:La Corte annulla la sentenza impugnata nei confronti di M.M. limitatamente alla quantificazione della pena e rinvia sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Cagliari.
Il RSPP è colpevole ma non la pena non è congrua?

A parte questo, pur non addentrandomi nella materia giuridica (ho qualche difficoltà nella comprensione piena dei testi delle sentenze...), credo che questa sentenza faccia chiarezza, nel senso che se con il tuo operato concorri a determinare una lesione personale (o il decesso) di una persona, si configura la colpa.

Quello che però più mi sorprende è che un'ASL abbia designato RSPP una persona che dichiara "(...) di non possedere alcuna competenza specifica in materia di sicurezza (...)". E poi ci sorprendiamo se la saldatura dei tubi nei reparti avviene con modalità random?

Ciao

Marzio
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catanga
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In caso di reato d'evento, il RSPP è perseguibile per "colpa professionale".
Nel caso in questione, poi, il RSPP era anche il responsabile dell'ufficio tecnico della ASL ed aveva la responsabilità della manutenione dell'immobile.
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Nofer
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oggettivamente, quando si legge il legalese occorre essere predisposti in spiritu.
Ok, vediamo se riesco a riassumere, sempre che io abbia compreso.
Il sig. MM, che è comunque un ingegnere del servizio tecnico della ASL, è nominato RSPP. Oh, e questa non sarebbe la prima volta - e ragionevolmente non sarà l'ultima- che siccome uno è ingegnere pensa (o peggio altri pensano) di poter fare tutto, sicurezza e corsi di primo soccorso compresi.
E io qua ci vedo una culpa in eligendo da parte del DdL grossa come l'arc de triomphe a parigi.
Il sig. MM, a prescindere dal fatto che abbia cercato di tirarsi fuori sostenendo - a costo di una ben grama figura - che  non capiva una ceppa di sicurezza, a mio avviso per il solo fatto di essere ingengere (a meno che non fosse ingenere informatico o nucleare o sanitario) è più che tenuto a sapere qual'è l'altezza minima dei parapetti, che se no come c... progetta qualcosa, a orecchio ? (e direi che ciò accade anche ad architetti e quant'altro). E io qua, ma si sa io sono acidina anzichè no, gli straccerei la laurea in faccia, francamente, e gli proibirei di provar mai più nella vita a fare l'ingegnere, che questi sono quelli che poi ti fanno cadere case, incastellature, ponti, solai etc, con un sacco di morti senza motivo.
Punto di vista del morto, po'rello: mi stanno chiamando da piano terra, mi sporgo a vedere chi mi chiama e... SPIATT! Ma anche se come - a mio avviso con pessimo gusto- il MM RSPP sostiene volesse suicidarsi, ma vi pare di metterlo in condizione di farlo in ufficio??? e da meno di 6 metri, poi! Di solito, chi si vuole suicidare buttandosi di sotto sceglie qualcosa che superi almeno il 5° piano, preferenze si manifestano per viadotti autostradali e scogliere dirute a picco.
Punto di vista (desumibile a posteriori) di chi ha dato l'abitabilità e l'agibilità alla struttura, che non voglio agitare il coltello nella piaga ma è un SERT, ossia un posto dove ci vanno i tossicodipendenti (che non sono famosi per la proprietà di movimenti, equilibrio e lucidità): un drogato buono è un drogato spiaccicato. Tesi non sempre condivisibile, ma pare diffusa, ed estensibile ad altre categorie o etnie.
Allora, secondo me, in questo giudizio ci sono dei grandi assenti: tralasciando il dirigente del servizio tecnico-patrimoniale TM, che vorrei capire che accidenti si prendeva lo stipendio a fine mese se non riesce a distinguere un parapetto normale da uno pericoloso, c'è il progettista della struttura, nel senso che non c'è ma secondo me ci dovrebbe essere. Porca puzzola, io vorrei smettere di vedere gente con lauree che abilitano a fare cose di cui non conoscono nemmeno i cenni di buona tecnica, per non parlare delle Leggi (io, le scrivo e le penso ancora con la L maiuscola). Manca anche il funzionario comunale che ha dato l'agibilità ad accesso di pubblico anche a rischio in una struttura priva dei requisiti minimi di sicurezza. Manca, e manca davvero, il dirigente della struttura SERT dov'è accaduto il fatto: possibile mai che non ci si renda conto a occhio che una finestra, un parapetto, un balcone, o una scala come in questo caso, siano poco sicure? Nell'ormai lontanissimo 1984, io ero fresca distaccata presso una sede ex ENPI con l'intera facciata di quelle tutte a vetri, nella sala degli infermieri c'era un intero pannello di vetro mancante, da terra sino a circa 90 cm da terra per circa m.1,20 di larghezza, giusto affianco alla scrivania di un infermiere che a me stava pure simpatico, e se per caso  inciampava nei faldoni di carte che tenevano per terra faceva un volo diritto sulla strada sottostante.
feci spostare la scrivania sulla parete opposta, pretesi che mi portassero dalla sede centrale quelle specie di barriere di alluminio che si usano per chiudere i passaggi, e feci richiesta di montare il vetro nuovo, per la precisione lo volevo antisfondamento o almeno con la reticella metallica interna.
Aspetta un mese, aspetta due, intanto si era fatto inverno e faceva pure freddino, ci misero un bel foglio di plastica con il nastro adesivo. Ripeti richiesta al provveditorato, scrivi sopra urgente in rosso, passa un mese, passano due, e insomma io ai primi di dicembre mi "infervoro, chiudo la stanza a chiave e alle 9:30 invio fonogramma a Direzione Sanitaria, Direzione Amministrativa di USL, a presidente Comitato di Gestione (sarebbe il manager di oggi), e casualmente anche alla Prefettura ed alla procura della Repubblica, comunicando che dall'indomani sarebbero state sospese le prestazioni del Settore del Servizio Prevenzione dove tutto ciò accadeva, per impossibilità ad assicurare l'incolumità del Personale
Oh, be', come potete immaginare si è scatenato l'inferno... però, alle 14:30 arrivò il sig. vetraio chiamato di corsa, con il vetro tutto carino con la reticella metallica come lo volevo io, così che prima delle 16 io potessi inviare il fonogramma a tutti quelli della mattina, dicendo che il problema si era risolto, pertanto le prestazioni non sarebbero state sospese.
Et voilà, e senza bisogno di essere nè Dirigente, nè preposto nè un accidente, il pericolo fu rimosso. e io  ero la semipenultima ruota del carro, sopra di me c'erano almeno 3 capi gerarchici: ma io ero rompi, ma tanto rompi sin da piccola.

Ok, riassumo: secondo me, da condannare tutti i condannati e anche qualcuno in più che se l'è scansata perchè i primi a non conoscere bene le leggi tecniche sono i magistrati.
Vabbè, ho avuto un'altra giornata che mi ha molto irritata. Ma se sperando di rilassarmi vengo in forum, e trovo certe cose, va da sè che non solo non mi rilasso troppo, ma addirittura che si butta pericolosa benzina sul fuoco dei miei infervori!
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
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