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Contenuti del documento di valutazione dei rischi

Archivio Documenti di Valutazione dei Rischi (DVR) attività varie/Mobbing/Discussioni Legislative/Tecniche di carattere generale.
Discussioni Legislative e Tecniche, non rientranti nelle categorie specifiche degli altri archivi, dove vengono affrontati gli aspetti di applicazione della legislazione e della normativa tecnica in materia di sicurezza e salute sul lavoro (assetti societari e relative conseguenze sulla sicurezza, documenti di valutazione dei rischi (DVR) di attivita' specifiche, mobbing, ecc...) (Riservato agli abbonati)
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Mod
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Segnalo, a margine di questa discussione, che abbiamo inserito oggi, nella giurispudenza, la sentenza citata da Nofer nel primo post della seconda pagina di questa discussione.
E', attualmente, la prima sentenza che trovate nella pagina dedicata ai RSPP.
 
Cordiali saluti a tutti

Mod :smt039
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ursamaior
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Quest'uomo è infaticabile.
Una serie di considerazioni (ed anche in questo caso mi richiamo alla tua onestà intellettuale):
1) L'allegato I a cui tu fai riferimento, vale meno di un due di coppe. Sono Linee guida (lo stesso art.2 afferma " La valutazione dei rischi di incendio può essere effettuata in conformità ai criteri di cui all'allegato I") e posso seguirle o meno.  comunque non sono vincolanti.
2) le leggi cghe finora hai citato parlano di progettazione e realizzazione secondo le norme di buona tecnica. Io ti ho citato due casi di utilizzo, peraltro incontestabili fino ad avvenuto incidente poichè non violano alcuna norma di legge.
3) Detto tra me e te (ma non lo dire a nessuno), chi ha scritto quelle linee guida era piuttosto allegro in quel momento. Chiunque legga quell'allegato, ha l'impressione che chi l'ha scritto si rivolgesse a gente che di sicurezza non ne sapesse niente, una specie di atto divulgativo senza specifico contenuto tecnico (tanto da non essere stato nemmeno imposto da legislatore come riferimento normativo assoluto):
Es.
1.4.3.1 - Criteri per ridurre i pericoli causati da materiali e sostanze infiammabili e/o combustibili
Le misure possono comportare l'adozione di uno o più dei seguenti provvedimenti:
- rimozione o significativa riduzione dei materiali facilmente combustibili ed altamente infiammabili ad un quantitativo richiesto per la normale conduzione dell'attività;
- sostituzione dei materiali pericolosi con altri meno pericolosi;
- immagazzinamento dei materiali infiammabili in locali realizzati con strutture resistenti al fuoco, e, dove praticabile, conservazione della scorta per l'uso giornaliero in contenitori appositi;
- rimozione o sostituzione dei materiali di rivestimento che favoriscono la propagazione dell'incendio;
- riparazione dei rivestimenti degli arredi imbottiti in modo da evitare l'innesco diretto dell'imbottitura;
- miglioramento del controllo del luogo di lavoro e provvedimenti per l'eliminazione dei rifiuti e degli scarti.

1.4.3.2 - Misure per ridurre i pericoli causati da sorgenti di calore
Le misure possono comportare l'adozione di uno o più dei seguenti provvedimenti:
- rimozione delle sorgenti di calore non necessarie;
- sostituzione delle sorgenti di calore con altre più sicure;
- controllo dell'utilizzo dei generatori di calore secondo le istruzioni dei costruttori;
- schermaggio delle sorgenti di calore valutate pericolose tramite elementi resistenti al fuoco;
- installazione e mantenimento in efficienza dei dispositivi di protezione;
- controllo della conformità degli impianti elettrici alle normative tecniche vigenti;
- controllo relativo alla corretta manutenzione di apparecchiature elettriche e meccaniche;
- riparazione o sostituzione delle apparecchiature danneggiate;
- pulizia e riparazione dei condotti di ventilazione e canne fumarie;
- adozione, dove appropriato, di un sistema di permessi di lavoro da effettuarsi a fiamma libera nei confronti di addetti alla manutenzione ed appaltatori;
- identificazione delle aree dove è proibito fumare e regolamentazione sul fumo nelle altre aree;
- divieto dell'uso di fiamme libere nelle aree ad alto rischio.

Dunque:
oltre l'uso particolarmente disinvolto del termine pericolo (come se cucire le poltrone "riducesse il pericolo" che le poltone possano prender fuoco  :smt044 );
oltre il fatto che misure assolutamente obbligatorie e necessarie come l'identificazione delle aree in cui è proibito fumare, o la corretta manutenzione di apparecchiature elettriche e meccaniche,
il nostro ci suggerisce come "possibilità" ("possono", non "devono") di misure poste a "riduzione dei pericoli", :smt044 misure in realtà obbligatorie, doverose, imprescindibili e, oserei dire, minime.

Se per te questa è una "signora legge" (cit.), devo riconoscere che sei davvero un galantuomo.
Onestamente, il resto dell'impianto normativo non è male, ma qualcosa da ridire l'avrei anche con riguardo alla larghezza delle uscite di emergenza (ma non divago).
Su, dai, l'allegato I è ridicolo, risibile, grottesco e goffo :smt036
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Marzio
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Ronin ha scritto: azz, questa non la sapevo proprio. me la devi spiegare.
e non solo da quale provvedimento deriva questa cosa, ma soprattutto che c'entra? va bene, ammettiamo che il dpr 447 sia di forza inferiore al dpr 547 (ha un numero più basso...). embè? forse che il 547 (o il 303 o qualunque altro dpr) dice qualcosa che contrasta col 447? nossignore, il dpr 447 dice che seguendo le norme uni si raggiunge la regola dell'arte (nel campo sia della progettazione che dell'installazione) e nessuna altra norma lo contraddice.
Fino al 1988 molti Decreti Legislativi avevano la forma di DPR. Dato che anche altri provvedimenti (es. regolamenti) avevano la stessa forma, con D.Lgs. 400/88 si è disposto che le norme promulgate dal Governo su delega del Parlamento prendano solo il nome di Decreto Legislativo.

Pertanto i DPR successivi al 23 agosto 1988 sono fonti secondarie rispetto al alcuni DPR antecedenti. Quindi il DPR 547/55 può essere modificato o integrato solo da una norma di pari grado e quindi, successivamente al 1988, sicuramente non può essere integrato dal DPR 447/91.

Come non può essere integrato (il DPR 547/55) dal DPR 459/96 (Direttiva Macchine), almeno per la parte relativa alle disposizione di carattere non costruttivo, ai sensi della Legge 128/98.
Quindi, se io sono un costruttore ed applico il DPR 459/96 (e quindi, nella maggioranza dei casi la normativa UNI EN armonizzata ai sensi della Direttiva Macchine), nel caso in cui tale norma tecnica contrasti con il DPR 547/55 e da ciò derivi un infortunio, sono penalmente responsabile, ai sensi dell'art. 7, DPR 547/55. Quindi il DPR 547/55 prevale sul DPR 459/96 (e quindi sulla normativa tecnica UNI EN).
Del resto non potrebbe essere altrimenti, visto che discutiamo di "attrezzature di lavoro" e non solo di "macchine".

Ciao

Marzio
"Ogni soluzione genera nuovi problemi" (Corollario 7, Legge di Murphy)
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Ronin
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la discussione si sta spezzando in due tronconi, faccio uno sforzo di rispondere a entrambi.
ursamaior ha scritto:L'allegato I a cui tu fai riferimento, vale meno di un due di coppe. Sono Linee guida (lo stesso art.2 afferma " La valutazione dei rischi di incendio può essere effettuata in conformità ai criteri di cui all'allegato I") e posso seguirle o meno.  comunque non sono vincolanti.
mi sta benissimo. questo significa che è POSSIBILE (e anzi le linee guida disponibili CONSIGLIANO di) valutare il rischio che deriva dal mancato rispetto delle norme tecniche.
poche righe fa tu hai detto (così, solo per onestà intellettuale...):
ursamaior ha scritto:qualunque tentativo di valutare un rischio laddove è violata una norma, è da ritenersi vano ....
quantificare il rischio, a fronte di una violazione normativa, è impossibile ... esula semplicemente dagli scopi della valutazione.
Io non sono chiamato a valutare le conseguenze di una possibile violazione normativa... l'impianto non può non essere a norma e, qualora non lo fosse, io non devo più valutare il rischio, ma unicamente segnalare la non conformità, suggerendo la misura correttiva
ergo, ti sbagli. di grosso. non solo valutare quelle cose si può, ma è consigliato farlo. si preferisce non farlo? è una libera scelta che attiene al professionista incaricato, ma non esistono divieti di nessun genere in merito (si dovrà giustificare il non averlo fatto, semmai). il medesimo DM consiglia anzi di fare la valutazione di tutto, comprese le non conformità alle leggi, l'unica differenza è che l'adeguamento a queste ultime non può essere programmato.

anch'io ho sbagliato nel senso opposto, e va bene, valutare queste cose non è obbligatorio, solo fortemente consigliato (ma esattamente quante linee guida vi permettete di ignorare bellamente, nel vostro lavoro? io nessuna).
RIP sull'argomento.
ursamaior ha scritto:- riparazione dei rivestimenti degli arredi imbottiti in modo da evitare l'innesco diretto dell'imbottitura;
lasciatemi difendere una signora (il dm 10/03/98 è una signora legge perchè è il classico esempio di quell'approccio giusto e sano, di prevedere nelle leggi linee guida di indirizzo generale, e lasciare il discorso pratico effettivo alle norme tecniche che riescono a seguire meglio l'evoluzione tecnologica; quando quest'approccio non viene seguito, regolarmente si generano mostri giuridici, con disposizioni tragicamente superate dalla realtà che non si riescono ad abrogare perchè scritte in tavole della pietra non più modificabili).

il senso di quel paragrafo non è quello che ursa volontariamente travisa (a proposito di onestà intellettuale...); il senso è il seguente: se i rivestimenti delle imbottiture delle poltrone sono lesionati, l'imbottitura stessa (che come è noto non è un pezzo unico, ma un insieme di chiamiamole fibre) si può disperdere nell'ambiente, dando origine a sorgenti di innesco molto più distribuite, e dunque ad un incremento secco delle sorgenti infiammabili (che sono appunto PERICOLI di incendio), rispetto a quello di avere imbottitute concentrate solo dentro le sedie.
dunque la riparazione dei rivestimenti lesionati è una misura banale, ma significativa ed efficace.
ursamaior ha scritto:l'allegato I è ridicolo, risibile, grottesco e goffo
mmmh. quando discutemmo di valutazione del rischio (nel famigerato thread-fiume) non la pensavi esattamente così... hai avuto ripensamenti di recente?
Marzio ha scritto:Quindi il DPR 547/55 può essere modificato o integrato solo da una norma di pari grado e quindi, successivamente al 1988, sicuramente non può essere integrato dal DPR 447/91.
...
Come non può essere integrato (il DPR 547/55) dal DPR 459/96 (Direttiva Macchine)
va bene, grazie della spiegazione.
ma tu parli di un eventuale contrasto tra il 547 e il 447: questo contrasto NON C'E'.
il dpr 547 stabilisce alcune cose che occorre fare per essere conformi alla legge.
il 447 stabilisce che OLTRE a quello che sta scritto nel 547, si deve essere conformi ANCHE alla regola dell'arte, sono prescrizioni aggiuntive, non contrastanti; per essere conformi alla regola dell'arte (in campi in cui il DPR 547 NON è esaustivo) si possono applicare le norme UNI e le norme CEI (altrimenti bisognerà giustificare perchè non lo si è fatto e indicare quali altri norme si sono seguite). dunque non c'è contrasto.

non so dire se sulle norme UNI dedicate alle macchine ci siano contraddizioni con il 547, ma il caso della direttiva macchine che tiri fuori non è quello di cui si discuteva (si parlava delle norme sugli impianti, non sulle macchine).
in nessun articolo del 547 si danno disposizioni che contrastano con la normativa UNI (almeno non me ne viene in mente nessuno).
le disposizioni che contrastano con le norme UNI di cui si parlava sono DM (come il citato DM 01 02 86 sulle autorimesse) e quindi hanno forza inferiore al DPR 447, che invece è un dpr, azzoppato, ma comunque dpr.

perciò il discorso è molto interessante (personalmente non lo sapevo affatto), ma anche non pertinente.
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Tutti sono a favore della porta aperta, fino a che sono chiusi fuori (H. Kissinger).
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ursamaior
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Ronin ha scritto: mi sta benissimo. questo significa che è POSSIBILE (e anzi le linee guida disponibili CONSIGLIANO di) valutare il rischio che deriva dal mancato rispetto delle norme tecniche.
quanto ho scritto al precedente punto 1) e 3) non deve essere scisso. Quelle linee guida sono sbagliate sotto il profilo giuridico e contengono anche errori marchiani.
Tu mi dirai che per il momento fanno parte di un DM ed io non posso darti torto, ma sono un evidente errore sotto il profilo giuridico e del senso. Se tu decidi di valutare situazioni palesemente non conformi, liberissimo di farlo. Commetti un errore, ma tutto finirebbe lì (più o meno, dato che se succede qualcosa e non avessi correttamente valutato il rischio come "massimo" - sei tu quello che fa i distinguo anche in presenza di non conformità legislative - saresti responsabile di aver sottostimato il rischio con le naturali conseguenze del caso). Ma poichè sei chiamato anche a dare il programma di misure di adeguamento, dovresti dare dei tempi per esso.
Supponiamo che tu scriva  "interventi immediati", riferiti ad ogni non conformità. Che senso avrebbe? Nell'immediato non puoi fare nulla, quelle misure dovevano essere rispettate ieri.
La tua valutazione indica che c'è un rischio, poniamo elevato, a seguito di non conformità legislative, suggerisci interventi immediati. In tempo zero rispetto alla tua valutazione vengono eseguiti gli interventi. Il rischio non è più elevato.
La tua valutazione è stata priva di significato: hai definito e valutato un rischio, lo hai scritto e l'istante successivo devi rifarla.
Nella pratica non è ovviamente così: definisci un rischio ed esso tale rimane fino all'adeguamento.
Ma qual è l'entità del rischio che hai valutato? Lo ripeto: se non lo definisci "massimo" (cosa già di per sè priva di significato") potresti essere reputato responsabile in caso di evento dannoso.
Nel definirlo "massimo" di default, fai perdere ogni significato alla valutazione: ti stai limitando a segnalare le non conformità
Ronin ha scritto: il senso di quel paragrafo non è quello che ursa volontariamente travisa (a proposito di onestà intellettuale...); il senso è il seguente: se i rivestimenti delle imbottiture delle poltrone sono lesionati, l'imbottitura stessa (che come è noto non è un pezzo unico, ma un insieme di chiamiamole fibre) si può disperdere nell'ambiente, dando origine a sorgenti di innesco molto più distribuite, e dunque ad un incremento secco delle sorgenti infiammabili (che sono appunto PERICOLI di incendio), rispetto a quello di avere imbottitute concentrate solo dentro le sedie.
dunque la riparazione dei rivestimenti lesionati è una misura banale, ma significativa ed efficace
.
Sono stato più che onesto intellettualmente.
Sei tu che parli di "emorragie" interne di arredi imbottiti come fossero emergenze umanitarie. Ma dove l'hai mai vista tutta 'sta dispersione di fibre? Io dormo su un divano letto con un buco: devo sbrigarmi a rappezzarlo o da un momento all'altro potrei saltare in aria (valutiamo anche la formazione di ATEX a 'sto punto).
Ma quando mai? E soprattutto: in mezzo a tutte le misure per "ridurre i pericoli" derivanti da materiali combustibili proprio i buchi degli arredi imbottiti il geniale estensore delle linee guida, doveva citare? Mah!
Ronin ha scritto: mmmh. quando discutemmo di valutazione del rischio (nel famigerato thread-fiume) non la pensavi esattamente così... hai avuto ripensamenti di recente?
Non osare parlare così delle nostre prime missive d'amore.
ursamaior il 2 marzo 2007 ha scritto:Gli articoli sono sempre applicabili e sempre obbligatori, purchè si tratti di luogo di lavoro con lavoratori subordinati, dunque (e lo scrivo in grassetto così nessuno che dovesse mai leggere questo thread rischi di cadere in confusione) la valutazione dei rischi di incendio deve essere sempre fatta secondo il DM 10/3/98, semmai puoi evitare di applicare il suo allegato I (che ti dà delle linee guida), ma alla fine devi tirare fuori una classificazione del rischio in quanto essa ti è richiesta dall'art.2, comma 4 del DM 10/03/98.
Mai cambiato opinione, anche allora la pensavo allo stesso modo dell'allegato I.
E poco su ho anche detto che il resto dell'impianto non è male.
Anzi aggiungo:
ursamaior il 2 marzo 2007 ha scritto:Nel DVR cerco di non evidenziare le carenze, ma vale lo stesso discorso di un'azienda con un impianto elettrico palesemente fuori norma. Che fai gli scrivi: tutto bene?
Ci sono situazioni in cui non puoi nascondere la polvere sotto il tappeto e non ci sono giri di parole che tengano che possano giustificare una situazione del genere nel DVR.
Tu invece avevi scritto:
Ronin ha scritto:se l'attività è soggetta a regola tecnica verticale (che sia soggetta o no a CPI), la valutazione del rischio è un controsenso (oltre che un'estorsione di denaro al committente, se fatta da un consulente), in quanto essa è già stata fatta a monte dal legislatore.
Quindi per te significa/va che laddove il legislatore dà precise prescrizioni le valutazioni del rischio non sono necessarie, anzi sei pure un estortore.
BRUTTO LADRO!
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Ronin
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ursamaior ha scritto:Quindi per te significa/va che laddove il legislatore dà precise prescrizioni le valutazioni del rischio non sono necessarie, anzi sei pure un estortore.
BRUTTO LADRO!
a proposito di onestà intellettuale.
quella frase estrapolata dal contesto e riportata in questa discussione assume un senso che in origine non aveva; essa si riferisce infatti al ruolo di progettista, il quale in presenza di regola tecnica verticale NON DEVE valutare il rischio (non così invece se la RT non c'è).
in attesa che tu possa incontrare gli estensori del DM 10/03/98 per spiegare loro come si scrivono le leggi, vado a rubare un panino.
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ursamaior
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Senza polemica.
Nella discussione si parlava dell'obbligo o meno di procedere alla valutazione del rischio incendio nei luoghi di lavoro, al di fuori di quella che si fa nella relazione tecncica per il CPI (tanto che parlavi di esistenza di regola tecnica verticale in attività soggette o meno a CPI).

Piccolo OT
Evitiamo di tirare in ballo l'onestà intellettuale. Penso che tu mi conosca abbastanza da ritenere che non voglia imbrogliarti, non ne avrei interesse. Nè tantomeno mi interessa appigliarmi a frasi che possono essere fraintese.
"onestamente", la frase che avevo riportata, io l'ho interpretata come poi ho scritto, non ho voluto attribuirle forzatamente un senso diverso da quello che io le avevo dato.
Evidentemente ti ho frainteso. Lo dico convintamente.
Siamo su un forum in cui scrivere costa tempo e spesso, nonostante le buone intenzioni, ci si esprime non compiutamente e comunque anche chi legge può fraintendere le parole e i termini meglio espressi.
Ma, e lo dico sul serio, attribuirmi malafede non è bello.
Mi piace discutere con te e con tutti. Con te è spesso divertente, anche se si parla di cose serie. Vorrei che mantenessimo reciprocamente questo spirito.
Se ti fraintendessi ancora, basta dirlo.
Per inciso (rivolto soprattutto a chi non conosce Ronin): il "brutto ladro" era ovviamente uno scherzo, così come quando lo offendo chiamandolo ciccione o epiteti simili. Personalmente non l'ho mai visto (sò solo che è grosso, ma non sò se sia "ciccione"), nè lo conosco, ma soprattutto non ho nessun motivo di dubitare della sua onestà. Tantomeno intellettuale
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Marzio
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Ronin ha scritto: non so dire se sulle norme UNI dedicate alle macchine ci siano contraddizioni con il 547, ma il caso della direttiva macchine che tiri fuori non è quello di cui si discuteva (si parlava delle norme sugli impianti, non sulle macchine).
Impianti e macchine. E che differenza esiste in un luogo di lavoro tra impianti e macchine? Di che impianti discutiamo? E di che macchine? E, aggiungo, esistono impianti che sono pure attrezzature di lavoro? O no?

Vabbè, Ronin, abbandono e ti lascio ai tuoi convincimenti.

Marzio
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Ronin
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scusami marzio, ma io proprio non ti capisco.
farò uno sforzo riepilogativo:

la domanda da cui siamo partiti è: occorre valutare nel DVR il rischio derivante dal mancato rispetto delle leggi e delle norme tecniche?
questa è la domanda; la risposta è la seguente:

1-il DM 10/03/98 consiglia (non obbliga) di valutare il rischio delle non conformità alle norme di buona tecnica; se queste non conformità sono poi anche violazioni della legge, dice il dm, l'adeguamento deve essere immediato
2-la 46/90, il DPR 447/91 e tutto il resto stabiliscono che le norme emanate dall'UNI e dal CEI sono norme di buona tecnica; non sono vincolanti (si possono usare anche altre norme, "basta" indicarle e giustificarne i motivi), epperò sono norme di buona tecnica e corrispondono alla regola dell'arte
3-la legge 186 stabilisce che le norme CEI sono norme che corrispondono alla regola dell'arte, e che gli impianti elettrici devono essere costruiti a regola d'arte

fin qui i dati di fatto
4-suuponiamo ora di dare retta al DM 10/03/98 (se non gli diamo retta, facciamo come ci pare, ce ne assumiamo la responsabilità, e la discussione finisce qui)
5-se individuiamo una non conformità a una UNI, essa è una norma di buona tecnica, e quindi ne valutiamo il rischio, come dice il DM
6-se individuiamo una non conformità a una CEI, essa è una norma di buona tecnica, e quindi ne valutiamo il rischio, come dice il DM; la legge 186 dice che le CEI sono condizione sufficiente, non necessaria, per rispettare la regola d'arte, dunque una violazione delle norme CEI NON è automaticamente una violazione della 186: occorre valutarla.
7-se infine incorriamo in una violazione delle leggi (547, 303 o quant'altro), dice sempre il dm, la valutiamo, ma l'adeguamento deve comunque essere immediato

a questo punto arrivi tu e ci spieghi che il 547 ha forza superiore agli altri dpr, per le ragioni che hai esposto.
come si inquadra la tua annotazione nel discorso? io non riesco a capirlo, senza polemica, mi ci sono scervellato, ma proprio non vedo il nesso.
ti prego di fare anche tu uno sforzo di chiarezza.
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