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chiarimento su norma fumo passivo

Archivio Igiene del lavoro/Microclima/DPI/Segnaletica.
Questo archivio raccoglie tutte le discussioni relative all'igiene del lavoro, microclima negli ambienti di lavoro e DPI - Dispositivi di Protezione Individuale (Riservato agli abbonati)
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el matt

Ciao a tutti, sull'argomento si è molto dibattuto nel forum. Ho letto i thread passati ma non ho trovato una risposta univoca e chiara, perciò ri-pongo una domanda certamente già sentita:
ai sensi della legge 3/2003 (quella "antifumo",e solo di quella, quindi niente 626, 303, 25, eccetera), cosa si intende per "luoghi di lavoro"? Solo quelli pubblici, o privati ma aperti al pubblico, o devono essere compresi anche i locali produttivi di un'azienda privata? Questo, chiaramente, ai fini della proibizione o meno del fumo.
Purtroppo i vari articoli che compaiono, soprattutto in questo periodo, anche su quotidiani specialistici non m'aiutano a dissipare i dubbi.

Ringrazio anticipatamente chi potrà darmi una certezza.
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catanga
Messaggi: 1912
Iscritto il: 17 nov 2004 19:44

Il problema, secondo la mia opinione, va inquadrato in modo diverso, fermo restando che un luogo di lavoro è quello ove si trovano ad operare alle dipendenze di un datore di lavoro, lavoratori subordinati o "assimilabili".

Quando si tratta di un’attività lavorativa con la presenza di “lavoratori subordinati”, il datore di lavoro o i dirigenti sono obbligati ad attuare, in primis, quanto è previsto dal D. Lgs. n° 626/1994 così come modificato dal D. Lgs. n° 25/2002 (Titolo VII bis). In particolare, il datore di lavoro deve 1) valutare i rischi derivanti dalla presenza di fumo passivo, 2) garantire la non esposizione dei lavoratori al fumo anche mediante l’imposizione del divieto di fumare in ogni luogo di lavoro dell’azienda, 3) controllare l’effettiva applicazione del divieto di fumare, 4) informare tutto il personale al riguardo, 5) posizionare specifica segnaletica.

La presenza di fumo da sigarette in un ambiente di lavoro, senza che sia attuata alcuna misura prevenzionale, rappresenta una palese violazione degli obblighi prima citati, in quanto si è di fronte ad una "contaminazione" dell'ambiente di lavoro da agenti la cui cancerogenità è acclarata.

Allora, in questo caso, ci sono i presupposti per ritenere violato quanto previsto dall’art. 9 comma 1 del D.P.R. n° 303/1956, così come modificato dall’art. 16 del D. Lgs. n° 242/1996, in quanto nei locali in oggetto i lavoratori non dispongono di aria salubre in quantità sufficiente (anche in presenza di ricambio dell’aria).

L’art. 51 della Legge 16 gennaio 2003, n. 3 inerente le "Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione" (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 Gennaio 2003 - Supplemento Ordinario n. 5), impone il divieto di fumare nei locali chiusi, ad eccezione di: a) quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico; b) quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati. Quest’ultimi, dovranno essere dotati d’impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria regolarmente funzionanti.
Il datore di lavoro può, quindi, vietare completamente il fumo all’interno dell’ambiente di lavoro ed ha la facoltà ma non l’obbligo di realizzare appositi ambienti riservati ai fumatori.
Nel caso in cui il datore di lavoro decidesse di predisporre delle apposite aree riservate ai fumatori, queste aree dovranno essere realizzate seguendo quanto previsto dal regolamento emanato con il D.P.C.M. 23 dicembre 2003 (in G.U. 29 dicembre 2003, n. 300), dando così attuazione all'art. 51, comma 2, della legge n. 3/2003, in materia di tutela della salute dei non fumatori.
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