Cari amici del Forum stavolta ho un dubbio su il RSPP: in un'azienda ospedaliera il SPP deve essere interno, il RSPP di questa stessa azienda deve essere anch'esso interno ? Il datore di lavoro può nominare RSPP una persona esterna con compiti "completi" o questa persona esterna può essere solo di supporto al RSPP comunque interno ?
Ci sono sentenze in merito?
Grazie Grazie, un caro saluto a tutti Daniela
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A lui va la nostra gratitudine ed il nostro affettuoso ricordo.
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RSPP interno
Il parere, collega dirimpettaia (RC - ME), è il seguente.
Dalla lettura incrociata dell'art. 4, comma 4, lettera a) e dell'art. 8, comma 2 e comma 5, lettera g) del D. Lgs. n° 626/1994, si deduce che il RSPP nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private deve essere interno e cioè deve essere un dipendente. Infatti, il primo articolo citato richiede che il datore di lavoro designi “il RSPP interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8". Secondo quanto previsto all'art. 8, comma 2, il datore di lavoro “designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti di cui all’art. 9, tra cui il responsabile del servizio……”. Il successivo comma 5 dello stesso articolo, dice che l'organizzazione interna del SPP “è obbligatoria nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private”.
In riferimento alla definizione di “strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private”, deve essere poi precisato che la circ. MinLavoro n° 172 del 20/12/1996, esclude dagli obblighi di istituzione del SPP interno le sole case di riposo per anziani e, per contro, conferma quest'obbligo per le altre strutture di ricovero e cura. In altre parole se la struttura fosse solo una casa di riposo che ospita anziani autosufficienti, anche se hanno in loco un servizio sanitario diretto a prestazioni d’emergenza e di carattere prevenzionale, allora essa non è ricompresa nel novero delle “strutture di ricovero e cura” sia pubbliche che private di cui all’art. 8, comma 5 del D. Lgs. n° 626/1994 e, pertanto, non sono tenute all’istituzione del servizio di prevenzione interno.
Il legislatore imponendo il RSPP interno in determinate organizzazioni aziendali, ha voluto rafforzare il senso di responsabilità sociale d’alcune tipologie d’aziende. Organizzazioni di questo tipo si devono strutturare adeguatamente, con un servizio interno e un RSPP dipendente che, rispetto ad un esterno, ha (o dovrebbe avere) una conoscenza più approfondita delle dinamiche organizzative e "produttive" della struttura ove si trova ad operare. Visto, però, che tale soggetto, per quanto competente, non può essere competente su "tutto", il legislatore chiede al datore di lavoro di avvalersi anche di competenze esterne specialistiche.
I requisiti minimi per ricoprire le funzioni di RSPP, sono quelli indicati dal recente D.Lgs. n° 195/2003 ed in particolare quanto previsto all’art. 3 del citato decreto (Norme transitorie).
Dalla lettura incrociata dell'art. 4, comma 4, lettera a) e dell'art. 8, comma 2 e comma 5, lettera g) del D. Lgs. n° 626/1994, si deduce che il RSPP nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private deve essere interno e cioè deve essere un dipendente. Infatti, il primo articolo citato richiede che il datore di lavoro designi “il RSPP interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8". Secondo quanto previsto all'art. 8, comma 2, il datore di lavoro “designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti di cui all’art. 9, tra cui il responsabile del servizio……”. Il successivo comma 5 dello stesso articolo, dice che l'organizzazione interna del SPP “è obbligatoria nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private”.
In riferimento alla definizione di “strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private”, deve essere poi precisato che la circ. MinLavoro n° 172 del 20/12/1996, esclude dagli obblighi di istituzione del SPP interno le sole case di riposo per anziani e, per contro, conferma quest'obbligo per le altre strutture di ricovero e cura. In altre parole se la struttura fosse solo una casa di riposo che ospita anziani autosufficienti, anche se hanno in loco un servizio sanitario diretto a prestazioni d’emergenza e di carattere prevenzionale, allora essa non è ricompresa nel novero delle “strutture di ricovero e cura” sia pubbliche che private di cui all’art. 8, comma 5 del D. Lgs. n° 626/1994 e, pertanto, non sono tenute all’istituzione del servizio di prevenzione interno.
Il legislatore imponendo il RSPP interno in determinate organizzazioni aziendali, ha voluto rafforzare il senso di responsabilità sociale d’alcune tipologie d’aziende. Organizzazioni di questo tipo si devono strutturare adeguatamente, con un servizio interno e un RSPP dipendente che, rispetto ad un esterno, ha (o dovrebbe avere) una conoscenza più approfondita delle dinamiche organizzative e "produttive" della struttura ove si trova ad operare. Visto, però, che tale soggetto, per quanto competente, non può essere competente su "tutto", il legislatore chiede al datore di lavoro di avvalersi anche di competenze esterne specialistiche.
I requisiti minimi per ricoprire le funzioni di RSPP, sono quelli indicati dal recente D.Lgs. n° 195/2003 ed in particolare quanto previsto all’art. 3 del citato decreto (Norme transitorie).
Grazie Catanga, credo tuttavia che i sindacati rappresentati in azienda hanno in questo caso un ruolo ben preciso o sbaglio ? In pratica dovrebbe essere che il datore di lavoro propone una persona interna dipendente come RSPP, sente il parere dei sindacati in merito e se vuole può fornirgli una collaborazione anche esterna per tematiche specifiche. Dovrebbe essere così ma, se un Datore di Lavoro se ne infischia di tutto e nomina un RSPP esterno e rimuove quello interno senza motivazione quest'ultimo cosa deve fare ?
Grazie di nuovo Saluti Daniela
Grazie di nuovo Saluti Daniela
Dirgli che si sta sbagliando in quanto sta violando un obbligo di legge penalmente sanzionato.
Il parere del RLS sulla nomina del RSPP è un parere.
Il RSPP può essre gradito o sgradito al RLS ma deve essere assolutamente un dipendente.
Nulla vieta che al RSPP dipendente sia affiancato un super esperto esterno per ciascuna delle tematiche che vanno affrontate in una struttura di ricovero e cura (antincendio, radioprotezione, igiene del lavoro, ecc.).
Per calcare la mano, puoi rivolgere un quesito al ministero al seguente indirizzo:
www.italia.gov.it e cliccare sul link "L'esperto risponde" e fare la domanda.
Avuta la risposta (qualche giorno), puoi metterla sotto il naso del tizio che se ne infischia che, nel Tuo settore (sei in un astruttura pubblica se non ho capito male) è il direttore generale.
Per questo signore e per il direttore sanitario, le responsabilità sono le seguenti.
Per una struttura pubblica, i principi generali in materia di responsabilità penale per reati concernenti l'attività di un ente, prevedono richiedono l’individuazione di colui su cui incombe l'obbligo di osservare il precetto penale. Quest’obbligo non può far capo all'ente ma solo ad una persona fisica, visto che la responsabilità penale è sempre personale.
Le norme vigenti individuano quale datore di lavoro, nella Pubblica Amministrazione, il dirigente al quale spettano i poteri di gestione (per le Aziende Sanitarie, quindi, sempre il Direttore Generale) ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale. In questa prospettiva la responsabilità penale si concentrerà comunque sul soggetto avente i poteri di gestione (finanziaria, tecnica, amministrativa: quindi i poteri di spesa, d’organizzazione delle risorse umane e strumentali); non potrà colpire, invece, i soggetti cui pure in concreto siano stati affidati compiti rilevanti in materie suscettibili di rilevanza penale, ma che siano sprovvisti d’autonomi poteri di spesa.
Il destinatario dei precetti penali è il Direttore Generale (DG), fatta salva l’ammissibilità della delega, secondo le ripartizioni istituzionali dei compiti. Il DG, allora, potrà delegare al Direttore Sanitario (DS), qualificabile come “dirigente” ai fini della specifica normativa prevenzionale, le funzioni inerenti la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori, il controllo sulle attrezzature mediche che emettono radiazioni ionizzanti, il controllo sul rispetto dell’osservanza della normativa igienica, antincendio, ecc., all’interno della struttura ospedaliera, fornendogli anche i relativi poteri autonomi di spesa.
Si ricorda, però, che la legislazione vigente non sempre permette al vertice dell'amministrazione (DG) di esimersi dall’assumere una responsabilità penale. Ad esempio, la redazione del documento di valutazione dei rischi è un obbligo non delegabile del DG (datore di lavoro) così come lo è anche quello di designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). Negli altri casi, è possibile “delegare” al DS o ad altri soggetti. Tale delega è ammissibile solo sulla base di precise ed ineludibili norme interne o disposizioni statutarie: a) deve avere contenuto specifico e puntuale; b) deve avere forma scritta ed essere adeguatamente pubblicizzata. Essa può esonerare il delegante a condizione che: a) il delegante stesso non continui ad ingerirsi nell'esercizio delle funzioni trasferite; b) il delegato sia persona tecnicamente e professionalmente idonea; c) il delegato sia dotato dei necessari poteri di autonomia economica e decisionale; d) il delegante continui ad esercitare la funzione di vigilanza e controllo (obbligo variabile, evidentemente, a seconda delle dimensioni e dell'organizzazione dell'ente). Pertanto, per l’attribuzione delle responsabilità penali, oltre alla normativa specifica vigente, si dovrà accertare, secondo le norme organizzative interne (deleghe comprese) dell’ente, quale persona fisica abbia il potere di provvedere agli adempimenti prescritti dalle norme per la sicurezza e la tutela della salute del personale dipendente, facendo riferimento alla suddivisione interna e istituzionale dei compiti.
Nel caso specifico dell’utente, si tratterà, quindi, di verificare quali siano le funzioni trasferite dal DG al DS e l’adeguatezza dei poteri conferitigli. La documentazione da custodire sarà quella attinente alla gestione delle funzioni attribuite. In merito al “Responsabile della Sicurezza”, è opportuno specifica che tale “funzione” non esiste nel nostro ordinamento giuridico. Esiste, come detto prima, il Responsabile del Servizio Prevenzione (RSPP); questo soggetto, così come definito dagli artt. 2 e 8 del D. Lgs. n° 626/1994, deve essere designato dal datore di lavoro ed in possesso di requisiti professionali specifici; i compiti previsti a suo carico sono quelli indicati all’art. 9 del citato decreto. Non sono previste a suo carico delle sanzioni penali per inosservanza delle norme prevenzionali ma egli può essere chiamato a rispondere secondo i canoni tradizionali della colpa professionale se con le proprie omissioni o azioni negligenti, imprudenti, imperite cagiona (o contribuisce a cagionare) fatti costituenti reato.
Il parere del RLS sulla nomina del RSPP è un parere.
Il RSPP può essre gradito o sgradito al RLS ma deve essere assolutamente un dipendente.
Nulla vieta che al RSPP dipendente sia affiancato un super esperto esterno per ciascuna delle tematiche che vanno affrontate in una struttura di ricovero e cura (antincendio, radioprotezione, igiene del lavoro, ecc.).
Per calcare la mano, puoi rivolgere un quesito al ministero al seguente indirizzo:
www.italia.gov.it e cliccare sul link "L'esperto risponde" e fare la domanda.
Avuta la risposta (qualche giorno), puoi metterla sotto il naso del tizio che se ne infischia che, nel Tuo settore (sei in un astruttura pubblica se non ho capito male) è il direttore generale.
Per questo signore e per il direttore sanitario, le responsabilità sono le seguenti.
Per una struttura pubblica, i principi generali in materia di responsabilità penale per reati concernenti l'attività di un ente, prevedono richiedono l’individuazione di colui su cui incombe l'obbligo di osservare il precetto penale. Quest’obbligo non può far capo all'ente ma solo ad una persona fisica, visto che la responsabilità penale è sempre personale.
Le norme vigenti individuano quale datore di lavoro, nella Pubblica Amministrazione, il dirigente al quale spettano i poteri di gestione (per le Aziende Sanitarie, quindi, sempre il Direttore Generale) ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale. In questa prospettiva la responsabilità penale si concentrerà comunque sul soggetto avente i poteri di gestione (finanziaria, tecnica, amministrativa: quindi i poteri di spesa, d’organizzazione delle risorse umane e strumentali); non potrà colpire, invece, i soggetti cui pure in concreto siano stati affidati compiti rilevanti in materie suscettibili di rilevanza penale, ma che siano sprovvisti d’autonomi poteri di spesa.
Il destinatario dei precetti penali è il Direttore Generale (DG), fatta salva l’ammissibilità della delega, secondo le ripartizioni istituzionali dei compiti. Il DG, allora, potrà delegare al Direttore Sanitario (DS), qualificabile come “dirigente” ai fini della specifica normativa prevenzionale, le funzioni inerenti la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori, il controllo sulle attrezzature mediche che emettono radiazioni ionizzanti, il controllo sul rispetto dell’osservanza della normativa igienica, antincendio, ecc., all’interno della struttura ospedaliera, fornendogli anche i relativi poteri autonomi di spesa.
Si ricorda, però, che la legislazione vigente non sempre permette al vertice dell'amministrazione (DG) di esimersi dall’assumere una responsabilità penale. Ad esempio, la redazione del documento di valutazione dei rischi è un obbligo non delegabile del DG (datore di lavoro) così come lo è anche quello di designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). Negli altri casi, è possibile “delegare” al DS o ad altri soggetti. Tale delega è ammissibile solo sulla base di precise ed ineludibili norme interne o disposizioni statutarie: a) deve avere contenuto specifico e puntuale; b) deve avere forma scritta ed essere adeguatamente pubblicizzata. Essa può esonerare il delegante a condizione che: a) il delegante stesso non continui ad ingerirsi nell'esercizio delle funzioni trasferite; b) il delegato sia persona tecnicamente e professionalmente idonea; c) il delegato sia dotato dei necessari poteri di autonomia economica e decisionale; d) il delegante continui ad esercitare la funzione di vigilanza e controllo (obbligo variabile, evidentemente, a seconda delle dimensioni e dell'organizzazione dell'ente). Pertanto, per l’attribuzione delle responsabilità penali, oltre alla normativa specifica vigente, si dovrà accertare, secondo le norme organizzative interne (deleghe comprese) dell’ente, quale persona fisica abbia il potere di provvedere agli adempimenti prescritti dalle norme per la sicurezza e la tutela della salute del personale dipendente, facendo riferimento alla suddivisione interna e istituzionale dei compiti.
Nel caso specifico dell’utente, si tratterà, quindi, di verificare quali siano le funzioni trasferite dal DG al DS e l’adeguatezza dei poteri conferitigli. La documentazione da custodire sarà quella attinente alla gestione delle funzioni attribuite. In merito al “Responsabile della Sicurezza”, è opportuno specifica che tale “funzione” non esiste nel nostro ordinamento giuridico. Esiste, come detto prima, il Responsabile del Servizio Prevenzione (RSPP); questo soggetto, così come definito dagli artt. 2 e 8 del D. Lgs. n° 626/1994, deve essere designato dal datore di lavoro ed in possesso di requisiti professionali specifici; i compiti previsti a suo carico sono quelli indicati all’art. 9 del citato decreto. Non sono previste a suo carico delle sanzioni penali per inosservanza delle norme prevenzionali ma egli può essere chiamato a rispondere secondo i canoni tradizionali della colpa professionale se con le proprie omissioni o azioni negligenti, imprudenti, imperite cagiona (o contribuisce a cagionare) fatti costituenti reato.
- weareblind
- Messaggi: 3254
- Iscritto il: 07 ott 2004 20:36
Catanga è anche mio conterraneo. Io sono italiano (non trovo una gif col tricolore, Nofer mi aiuti tu?)!
We are blind to the worlds within us waiting to be born
- ricky21000
- Messaggi: 116
- Iscritto il: 11 feb 2005 22:05
Se una casa di riposo per anziani accetta anche persone non autosufficiente è quindi necessario dotarsi necessariamente di Servizio SPP interno ? Collaboro saltuariamente per altre questioni con una struttura di questo tipo è ho visto che si appoggiano solo ad un consulente.....[/quote]
A mio giudizio, dalla lettura incrociata dell'art. 4, comma 4, lettera a) e dell'art. 8, comma 2 e comma 5, lettera g) del D. Lgs. n° 626/1994, si deduce che il RSPP nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private deve essere interno e cioè deve essere un dipendente. Infatti, il primo articolo citato richiede che il datore di lavoro designi “il RSPP interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8". Secondo quanto previsto all'art. 8, comma 2, il datore di lavoro “designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti di cui all’art. 9, tra cui il responsabile del servizio……”. Il successivo comma 5 dello stesso articolo, dice che l'organizzazione interna del SPP “è obbligatoria nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private”.
In riferimento alla definizione di “strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private”, deve essere poi precisato che la circ. MinLavoro n° 172 del 20/12/1996, esclude dagli obblighi di istituzione del SPP interno le sole case di riposo per anziani e, per contro, conferma quest'obbligo per le altre strutture di ricovero e cura. In altre parole se la struttura fosse solo una casa di riposo che ospita anziani autosufficienti, anche se hanno in loco un servizio sanitario diretto a prestazioni d’emergenza e di carattere prevenzionale, allora essa non è ricompresa nel novero delle “strutture di ricovero e cura” sia pubbliche che private di cui all’art. 8, comma 5 del D. Lgs. n° 626/1994 e, pertanto, non sono tenute all’istituzione del servizio di prevenzione interno.
Il legislatore imponendo il RSPP interno in determinate organizzazioni aziendali, ha voluto rafforzare il senso di responsabilità sociale d’alcune tipologie d’aziende. Organizzazioni di questo tipo si devono strutturare adeguatamente, con un servizio interno e un RSPP dipendente che, rispetto ad un esterno, ha (o dovrebbe avere) una conoscenza più approfondita delle dinamiche organizzative e "produttive" della struttura ove si trova ad operare. Visto, però, che tale soggetto, per quanto competente, non può essere competente su "tutto", il legislatore chiede al datore di lavoro di avvalersi anche di competenze esterne specialistiche.
I requisiti minimi per ricoprire le funzioni di RSPP, sono quelli indicati dal recente D.Lgs. n° 195/2003 ed in particolare quanto previsto all’art. 3 del citato decreto (Norme transitorie).
In riferimento alla definizione di “strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private”, deve essere poi precisato che la circ. MinLavoro n° 172 del 20/12/1996, esclude dagli obblighi di istituzione del SPP interno le sole case di riposo per anziani e, per contro, conferma quest'obbligo per le altre strutture di ricovero e cura. In altre parole se la struttura fosse solo una casa di riposo che ospita anziani autosufficienti, anche se hanno in loco un servizio sanitario diretto a prestazioni d’emergenza e di carattere prevenzionale, allora essa non è ricompresa nel novero delle “strutture di ricovero e cura” sia pubbliche che private di cui all’art. 8, comma 5 del D. Lgs. n° 626/1994 e, pertanto, non sono tenute all’istituzione del servizio di prevenzione interno.
Il legislatore imponendo il RSPP interno in determinate organizzazioni aziendali, ha voluto rafforzare il senso di responsabilità sociale d’alcune tipologie d’aziende. Organizzazioni di questo tipo si devono strutturare adeguatamente, con un servizio interno e un RSPP dipendente che, rispetto ad un esterno, ha (o dovrebbe avere) una conoscenza più approfondita delle dinamiche organizzative e "produttive" della struttura ove si trova ad operare. Visto, però, che tale soggetto, per quanto competente, non può essere competente su "tutto", il legislatore chiede al datore di lavoro di avvalersi anche di competenze esterne specialistiche.
I requisiti minimi per ricoprire le funzioni di RSPP, sono quelli indicati dal recente D.Lgs. n° 195/2003 ed in particolare quanto previsto all’art. 3 del citato decreto (Norme transitorie).