Rispondo al primo post perché ora sono un po' di corsa, perdonami, il resto lo leggero in seguito.
Ti posso assicurare che non sono assolutamente accalorata sull'argomento e che il femminismo è qualcosa di molto lontano dalla mia persona
La parola idoneità non è la più azzeccata ma era per distinguerla dall'astensione dovuta a malattia. Comunque per la precisione... una puerpera di solito ha già partorito
L'ho chiamata idoneità proprio perché legata ad una valutazione. Se in base alla valutazione della mansione e allo stato di salute del lavoratore un medico si pronuncia sul fatto che il lavoratore ha delle prescrizioni, o deve cambiare mansione, io direi che si sta pronunciando sulla sua idoneità a quella mansione, l'unica cosa che cambia è che per la lavoratrice madre tale "inidoneità" dura tanto quanto la gravidanza.
Non ti piace il paragone con il maschio con prescrizione? perché lui non ha in grembo un bambino? eppure le discriminazioni sul luogo di lavoro nascono proprio da quello. Io non sto affermando che le donne sono uguali agli uomini, ma che la maternità è qualcosa di naturale che fa parte della componenete femminile della forza lavoro e che, pur nel rispetto della sua diversità, deve avere pari opportunità. Stabilire che una donna, indipendentemente dal suo stato di salute o da quello del nascituro, debba a priori andare in maternità anticipata, io lo trovo un discorso molto pericoloso per le donne, perché vuol dire farle fare 9 mesi prima e tre mesi dopo, un anno di assenza forzata dal luogo di lavoro. Nel caso della manager non credo che l'azienda stia un anno senza rimpiazzarla, e una volta che sei stata rimpiazzata per un anno è difficile che tu riottenga le stesse mansioni identiche di prima. Questo non sono considerazioni da femminista, ma analisi del mercato del lavoro.
Diverso è il discorso se subentrano effettivi problemi di salute, perché questi sono reali e sono tutelati attraverso la malattia, non che non portino al medesimo risultato, ma ripeto, almeno sono reali, nell'altra ipotesi sono fittizzi e sarebbero una strada percorribile per molti datori di lavoro in sostituzione di altre pratiche messe in atto contro le lavoratrici madri.
Il fatto che la commissione abbia annunciato che vuole occuparsi di questioni correlate, ripeto, secondo me non ne ha le competenze, l'UE si era già allargata troppo con la direttiva sull'orario di lavoro, quindi bisogna vedere se glielo lasciano fare. Anche la direttiva sull'orario di lavoro a me non piace per nulla e ti posso garantire che la questione donne, lì, non centra niente
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Ora il fatto che a livello Europeo si arrivi a regolamentare prima che a livello Nazionale, non vuol dire che lo si faccia meglio, il nostro problema è l'applicazione, ma la legge italiana sotto tanti aspetti è più garantista per i lavoratori di altri sistemi. La lavoratrice madre in Italia è già tutelata, prima, durante, poi, più che in altri Paesi, andare a correlare il suo stato di gravidanza con l'astensione, in base ad una valutazione di ciò che ricade nella sua discrezionalità, è un discorso molto pericoloso nel "nostro" mercato del lavoro.
Per quanto riguarda il documento che rimetti a disposizione, ripeto che in quella definizione io ci leggo solo spostamenti inerenti la mansione, non quello che fa fuori dell'orario di lavoro. Se io faccio la postina ricado negli spostamenti durante il lavoro, se vado alle poste a ritirare e spedire corrispondenza, ricado negli spostamenti da e verso il luogo di lavoro.
Mi fa piacere però constatare che anche la Commissione ritiene ogni donna diversa e che quindi è necessario seguire le indicazione delle stesse, esattamente come già oggi accade in Italia, se si applica la normativa esistente e che vista la sua specificità, mi auguro vivamente superi l'81.
Laura.