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Impresa senza POS, possibile?

In questo Forum verranno discusse tutte le problematiche introdotte dal titolo IV del Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) inerenti i cantieri temporanei o mobili ma anche relative all'edilizia in genere ed alle attivita' estrattive.
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linoemilio
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er-colino ha scritto:l
Dove trovo nel TU  questa tua precisazione?
non la trovi
l'ignoranza si riduce con l'umiltà di chi possiede la conoscenza
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Geppus
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Caino75 ha scritto:SE in cantiere viene il solo titolare dell'impresa ( e sottolineo che DEVE essere il titolare ), è equiparato come obblighi ad un lavoratore autonomo, per cui effettivamente potrebbe non presentarti il POS.
La precisazione di Caino75 deriva dal fatto che un datore di lavoro non è equiparabile a un "lavoratore" di cui all'art.2 comma 1 lett. a del TU. Quindi se non è un "lavoratore", e lavora solo lui come ha correttamente scritto il collega, non serve il POS.
Ad assimilare il DdL che lavora da solo ad un LA ci aveva pensato il ministero del Lavoro ai tempi della 494, con questa nota. E' un'assimilazione che personalmente trovo corretta, nell'ottica di distinguere chi lavora in modo autonomo da chi lavora in modo non autonomo.
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linoemilio
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Geppus ha scritto: ...Ad assimilare il DdL che lavora da solo ad un LA ci aveva pensato il ministero del Lavoro ai tempi della 494, con questa nota.
Geppus ha scritto:E' un'assimilazione che personalmente trovo corretta, nell'ottica di distinguere chi lavora in modo autonomo da chi lavora in modo non autonomo.
La tua è una considerazione condivisibile ma la nota 418/2001 dell'ex Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (oggi Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali  :smt017) contiene una congiunzione che non da la certezza che esprimi.

Mi riferisco all' ovvero contenuto in questo periodo della nota:
"E dunque il ricorso alla sostanzialità della nozione di impresa (quale area datoriale di lavoro) che porta ad
escludere da essa l'area del lavoro autonomo per cui l'imprenditore artigiano potrà definirsi "impresa"
quando avrà dipendenti e rispetto ad essi si porrà quale "datore di lavoro"; sarà "lavoratore autonomo"
quando non ne avrà ovvero quando parteciperà da solo, senza dipendenti, all'attività di cantiere."

... e quì mi sono dovuto, a suo tempo, appoggiare a chi ne sapeva (e ne sa) più di me utilizzando, con qualche necessaria piccola manipolazione :smt00_01, ciò che aveva scritto sull'argomento Giovanni Acerboni (scusa Mod ma non sarebbe onesto e corretto non citare la fonte su un argomento che ci tocca frequentemente da vicino e interessa tutti i forumiani)

Questo "ovvero" ha due significati esattamente opposti a secondo di come e dove viene usato.
Può assumere, infatti l significato di "oppure" e, addirittura, essere usato come sinonimo di "o" (significati disgiuntivi ... alternativi), ma anche di "cioè" (significato esplicativo...). :smt013

Quando "ovvero" viene utilizzato nelle Leggi sta a significare "oppure" (disgiuntivo e, quindi, alternativo)...
Quando "ovvero" viene utilizzato comunemente nel linguaggio comune... in scritti comuni... nel senso comune... finalizzato a chiarire... a rafforzare ciò di cui si sta parlando o scrivendo, sta a significare "cioè" (esplicativo...)  :smt022

(la nota del MinLav, non è una legge, è un'indicazione... un orientamento scritto... non con un linguaggio legislativo -che non avrebbe potuto essere- ma con un linguaggio comune per far comprendere l'intenzione del Legislatore)

Dovrebbe, quindi, essere "interpretato" come "cioè".

Quando nelle leggi "ovvero" può significare sia "oppure" che "o" rappresenta un rischio di ambiguità molto elevato.

Infatti, nelle leggi, "ovvero" rappresenta l'alternativa assoluta tra due nozioni principali mentre "o" rappresenta l'alternativa relativa tra eventualità all'interno di una delle questioni principali: l'una non nega l'altra (o le altre) e non nega la questione principale.

Ma, a complicare le cose aggiungendo ulteriore confusione, ci pensa la "guida alla redazione dei testi normativi" che suggerisce di impiegare "ovvero" solo per l'alternativa relativa. :smt021

dice:
La congiunzione disgiuntiva "o" ha significati diversi a seconda che implichi previsioni alternative tra loro, l'una escludente altra, o invece previsioni non alternative tra loro, che possono ricorrere insieme o disgiuntamente. Nel primo caso si parla di formulazione disgiuntiva assoluta ("aut...aut"), nell'altro di formulazione disgiuntiva relativa ("vel...vel").  :smt017

Quando dal contesto della disposizione non risulta evidente l'una o l'altra opzione il dubbio va sciolto come segue:

1. per specificare la disgiuntiva assoluta si ripete la disgiunzione "o" due volte;

2. per esprimere la congiunzione disgiuntiva relativa, va comunque evitato l'impiego dell'espressione "e/o", e si utilizzano formule che con chiarezza esprimono il carattere additivo della elencazione, quali "ovvero" o "congiuntamente o disgiuntamente" e simili."

Ma la Cassazione...
(riporto "quasi" di sana pianta)

Il cosiddetto Decreto Ronchi (Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) sui rifiuti pericolosi e non pericolosi, all'art. 6 (intitolato, guarda caso, Definizioni),  comma 1, lettera m) diceva:

m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima  della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti condizioni:

...omissis...

2 - il quantitativo di rifiuti pericolosi depositato non deve superare 10  metri cubi, ovvero i rifiuti stessi devono essere asportati con cadenza almeno bimestrale;

3 - il quantitativo di rifiuti non pericolosi non deve superare 20 metri cubi, ovvero i rifiuti stessi devono essere asportati con cadenza trimestrale;

...omissis...

La questione ai punti 2 e 3 era: i rifiuti devono essere asportati quando raggiungono i 10 o i 20 metri cubi oppure bimestralmente o trimestralmente, oppure bimestralmente o trimestralmente anche se non raggiungono i 10 o i 20 metri cubi?

Il dubbio è generato da "ovvero" che significa "oppure" nel linguaggio legislativo mentre nel linguaggio comune significa esattamente il suo contrario: "cioè".

Per il Ministro Ronchi, era chiaro che "ovvero" significasse "oppure".  

Ma se era chiaro per il legislatore, non era altrettanto chiaro per i giuristi, per gli enti di controllo e per i giudici, alcuni dei quali intesero la norma in senso restrittivo, cioè intesero che "ovvero" significasse "e".

Questa interpretazione causò un enorme disagio alle imprese produttrici di rifiuti.
Vi fu un dibattito, che la Sentenza n. 4957 della Cassazione penale, SEZIONE III, del 21 gennaio 2000, riassume.

Il punto di partenza del ragionamento dei giudici pareva addirittura più importante delle conclusioni della sentenza, che si vedranno in seguito:

Deve rilevarsi che nel vigore di detta normativa erano state proposte due letture del termine "ovvero" ritenuto da una parte della dottrina quale disgiuntivo e da altro indirizzo come esplicativo e congiuntivo.

Già questa frase dimostra la necessità di definire univocamente "ovvero" oppure di abolirlo per legge dalle leggi, che è la proposta di Giovanni Acerboni.

Alcuni passi della sentenza:

In sostanza, secondo alcuni dei primi commentatori, era possibile configurare un deposito temporaneo di rifiuti non pericolosi sia nel caso in cui non superassero i 20 metri cubi sia ove, indipendentemente da questo limite quantitativo, fossero asportati con cadenza trimestrale, mentre altri richiedeva il concorrere di dette due condizioni, sicché, qualora i rifiuti avessero superato i 20 metri cubi, dovevano essere asportati anche con una cadenza inferiore a quella trimestrale, costituente, in ogni caso, il termine massimo, entro cui avviarli allo smaltimento o al recupero.

Accadde il 23 settembre 1997 che a proposito di questa legge la Commissione Europea aprì una procedura d'infrazione contro l'Italia.
Per rispondere a questa procedura, il Ministro Ronchi emise un decreto correttivo (il Decreto Legislativo 389/97 dell'8 novembre 1997).
A scanso di equivoci fece riscrivere interamente anche i punti 2 e 3 della lettera m) (che pure non erano oggetto delle riserve della Commissione Europea).

Ecco il testo sostitutivo (art. 1 comma 4 del decreto correttivo) (si notino in particolare i passi che ho messo in grassetto):

2 - i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno bimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i 10 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi nell'anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori;

3 - i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 20 metri cubi nell'anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori.

Chiaro, ora?
Chiara, certamente, la volontà del legislatore di chiarire le sue intenzioni, cioè che il deposito temporaneo dei rifiuti dura, rispettivamente per i rifiuti pericolosi e per i rifiuti non pericolosi, al massimo due o tre mesi indipendentemente dalla quantità dei rifiuti, oppure ("ovvero"), a scelta dell'impresa che li deve smaltire ("in alternativa"), quando la quantità di rifiuti raggiunge i 10 o i 20 metri cubi.

Chiaro dunque?
Non ancora.
Alcuni giuristi la pensano in un modo, altri in un altro.

...Ancora la sentenza della Cassazione penale...

Da parte di alcuni giuristi "fautori di una esegesi a livello letterale si è ritenuto definitivamente chiarita la duplicità di alternative, quantitativa e temporale".

Altri, invece, rilevano come il dato testuale finiva con il creare un'alternativa in realtà inesistente e con l'attribuire un'interpretazione abrogante al limite quantitativo, sicché si era in presenza di un risultato logicamente incompatibile e, in parte, in contrasto con i principi comunitari e con il fondamentale diritto alla salute.

Pertanto si proponeva un'altra analisi ermeneutica:
"i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito" cioè anche se non superano i venti metri cubi vale a dire indipendentemente dal raggiungimento delle quantità massime consentite in deposito "ovvero, in alternativa" cioè in ogni caso quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi raggiunge i venti metri cubi.

A questo punto, arriva la cattiva notizia:
la sentenza, dopo aver presentato la dottrina, ha accolto la seconda interpretazione (cioè quella per la quale "ovvero" significa "e" o "cioè"), e ha emesso un verdetto di condanna nei confronti di una azienda che si era comportata intendendo "ovvero" nel senso disgiuntivo di "oppure".

In altri termini, i giudici hanno inteso "ovvero" nel significato comune e l'impresa nel significato legislativo: un corto circuito davvero paradossale.

Ecco la sentenza insieme ai tristissimi grassetti, anzi neretti, in segno di lutto per la morte del buon senso:

In sostanza la modificazione apportata [...] alla luce di un'interpretazione adeguatrice, del rispetto dei principi comunitari e dei limiti imposti dalla Corte di giustizia europea con la pronuncia del 5 ottobre 1999, finisce con il chiarire e fornire definitivo avallo all'analisi ermeneutica del termine "ovvero" contenuto nella formulazione originaria da intendersi in senso esplicativo e congiuntivo vale a dire nel senso che "il quantitativo dei rifiuti non pericolosi depositato non deve superare 20 metri cubi" oppure, ove non superi detto limite quantitativo, "i rifiuti devono essere asportati con cadenza almeno trimestrale".

Il collegio ritiene di dover aderire pure per la formulazione originaria a detta interpretazione in virtù delle ragioni generali e dei principi su espressi e ribaditi, sicché non vi è alcuna norma più favorevole introdotta con il decreto legislativo n. 389 del 1997, ma solo una disposizione involuta, che avrebbe dovuto assumere funzione
chiarificatrice.

I disagi subiti dalle imprese in seguito a questa sentenza furono parecchi e durarono fino al 2006, quando questa legge fu surrogata dal Testo Unico Ambientale (Decreto Legislativo, 3 aprile 2006, n. 152), che all'articolo 183, lettera m), punti 2 e 3 diceva testualmente:

2) i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore:

oppure
 
2.1) con cadenza almeno bimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;

oppure
   
2.2) quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunga i 10 metri cubi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti non superi i 10 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

oppure
   
2.3) limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità;
   
3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore:
   
3.1) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
oppure
   
3.2) quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunga i 20 metri cubi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

oppure
   
3.3) limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità.

Lo spirito dell'originario Decreto Ronchi veniva dunque ripristinato, con una formulazione finalmente disambiguata.
La causa di tutto l'equivoco era infatti la presenza di "ovvero".

Bastava toglierlo, e finalmente fu tolto.

Nel frattempo molte aziende hanno dovuto pagare per questo equivoco.
Come minimo, si saranno sentite sgambettate, vittime di un tranello che, in questo caso almeno, è dipeso non dalla volontà del legislatore e nemmeno poi tanto da quella libertà di interpretazione a cui i giudici hanno diritto, bensì dal valore ambiguo di una congiunzione, che ha il raro destino di avere due significati opposti: disgiuntivo nel linguaggio legislativo, esplicativo nel linguaggio comune.

Che poi, questo secondo significato sia a volte quello che qualcuno applica anche nel contesto legislativo, è il segno che questa congiunzione è divenuta pericolosa.

Infatti continua a essere impiegata imperterritamente, e persino nel Testo Unico Ambientale ricorre gagliardamente decine di volte, negli altri articoli.

:smt001  :smt001  :smt001

Anche se la sentenza di Cassazione è del 2000 mentre la nota è del 2001, non sposta di una virgola il fatto che "l'ovvero" sia oggetto di possibile (e facile) interpretazione anche nel 2010. (a me, personalmente, già anticipato da numerosi UPG in diverse parti d'Italia)

Stando così le cose, io seguo letteralmente l'81:
Tizio è un'impresa perchè ha dipendenti?
Sì.
Ha un Datore di Lavoro (DdL) ?
Sì.
Fra i compiti del DdL vi è la redazione del POS?
Sì.
Punto.

:smt039 Buona Pasqua
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Geppus
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linoemilio ha scritto: Stando così le cose, io seguo letteralmente l'81:
Tizio è un'impresa perchè ha dipendenti?
Sì.
Ha un Datore di Lavoro (DdL) ?
Sì.
Fra i compiti del DdL vi è la redazione del POS?
Sì.
Punto.
Non c'è dubbio, hai ragione tu e la tua posizione è solida oltretutto considerando che una nota ministeriale ha valore giuridico pari a zero.
E' altrettanto indubbio il fatto che il TU si sia dimenticato della tutela dell'uomo DdL, che quindi ai sensi di legge non è obbligato a dotarsi di DPI nè a sottoporsi a sorveglianza sanitaria. A meno che nella definizione dell'art.89 comma 1 lett. d si voglia leggere anche il DdL lavoratore, e allora si ritorna all'assimilazione DdL da solo = LA.
In ogni caso, con il criterio di tutelare la persona che lavora, io preferisco un DdL da solo senza POS, ma che usa i DPI senza farsi pregare e con un certificato di idoneità sanitaria (più o meno come un LA, appunto), che tutto il contrario.

auguri a tutti
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linoemilio
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d'accordo su tutta la linea Geppus ed è ovvio: a seguito della nostra esperienza, applichiamo molto buon senso.

ps: (intanto che non ci sente nessuno.
Un "mio amico" "che conosco molto bene" nel verbale della riunione di coordinamento, in casi come questi, scrive che "nonostante il Sig. tal dei tali sia DdL di un'impresa, viene considerato LA in quanto, alla realizzazione della porzione dell'opera, partecipa solamente lui.)

Facciamo, però, attenzione a quanto ho riportato nell'intervento precedente, tenendo conto che diversi UPG la pensano in quel modo (DdL=POS)
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er-colino
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Sperando che l'imrpesa mi faccia avere il POS, per ora prendo tempo per valutare le due opzioni da voi indicate.

Grazie mille
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Caino75
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risposta tardiva causa pasqua, pasquetta, barbeque, controesodo etcetc....

SI, concordo con Linoemilio che la congiunzione "ovvero" è sicuramente pericolosa, così come una circolare ministeriale sicuramente non è una legge, ma...:
- è quantomeno una pezza d'appoggio solida
- può essere facilmente essere stata scritta da persone con una solida cultura giurisprudenziale, per le quali "ovvero" ha appunto significato di "oppure". D'altronde non è scritto da nessuna parte che "ovvero" voglia dire "oppure" solo all'interno delle leggi, e debba voler invece dire "cioè" al di fuori di esse. Anch'io ebbi a suo tempo lo stesso dubbio, e tanto per dire per mia moglie ( chiesi a lei perchè laureata in giurisprudenza ) "ovvero" aveva sempre avuto significato prevalentemente di "oppure", anche al di fuori dei testi di legge.

Ciò detto, posto che una lettura grammaticale della cosa possa lasciare un piccolo dubbio, a me personalmente l'interpretazione dell'idea che c'è sotto ha sempre convinto completamente. Se si tratta di un titolare d'impresa con 50 dipendenti e viene solo lui a rifarmi i rubinetti, o se viene un idraulico che dipendenti non ne ha, dal punto di vista dell'informazione dei rischi, dell'attrezzatura, della responsabilità delle proprie azioni e procedure, fiscale, delle interferenze, della capacità decisionale ed organizzativa nonchè dell'accettazione del PSC etcetc non cambia assolutamente nulla. Per cui io mi sento assolutamente convinto della bontà dell'interpretazione. Certo, una piccola dichiarazione del soggetto in cui afferma che non interverrà con altri lavoratori aiuta a mettere un punto fermo ed il CSE a considerarlo LA.
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er-colino
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Anche secondo me è giusto trattare il DdL come LA se si presenta da solo in cantiere, e lavora veramente da solo.

Però cito:
"Facciamo, però, attenzione a quanto ho riportato nell'intervento precedente, tenendo conto che diversi UPG la pensano in quel modo (DdL=POS)"

Per adesso sono pronto per entrambi i casi:

Ipotesi potenzialmente "rischiosa" senza POS:
- ho la dichiarazione del DdL che lavorerà solo lui;
- farò il verbale di riunione e coordinamento con queste considerazioni

Ipotesi più tranquilla con POS:
- verbale di controllo per POS
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