Anonymous ha scritto:fiaste ha scritto:Salve a tutti,
come sempre il confronto all’interno di questo forum è molto interessante, e vorrei condividere con voi qualche ulteriore spunto di discussione.
quoto (in gran parte) Rocco, relativamente alle competenze dello psicologo del lavoro.
Lo SLC è un fenomeno “sistemico”, generato da flussi comunicativi inefficaci, processi lavorativi confusi, dipendenze gerarchiche ambigue, sistemi di valutazione e valorizzazione del personale disapplicati, ecc…
Non è una mia personale interpretazione – ci mancherebbe! – ma la definizione che si evince dall’Accordo Quadro europeo, laddove indica proprio queste come le dimensioni da analizzare per la rilevazione dello SLC.
Diversamente da uno clinico, lo psicologo del lavoro si specializza proprio su questi aspetti organizzativi, quindi direi che è una figura, se non necessaria (lo lascio alla vostra personale valutazione) almeno utile.
Del resto, io - che psicologo sono - non mi sogno neanche lontanamente di proclamare la competenza esclusiva su questo oggetto di valutazione. Secondo me sono piuttosto necessari il coinvolgimento e la partecipazione di diverse figure professionali, interne ma anche esterne all’azienda. Mentre invece mi fa un po’ sorridere chi, professionalmente formato nel valutare gli elementi “oggettivi” (quelli, diciamo, che “prescindono” dal coinvolgimento delle persone all’interno dei processi), pensa di poter fare tranquillamente da solo.
Discorso analogo vale per il MC (che peraltro, almeno secondo quelli con cui ho interagito personalmente, sono tutt’altro che ansiosi di prendersi anche questa “competenza” !), professionalmente legato alla valutazione a livello del singolo lavoratore. Mentre lo SLC riguarda la “popolazione aziendale” …poi, certo (per fare un paragone scemo) – se alcuni hanno le difese immunitarie basse, si prendono subito l’influenza mentre altri la passano indenni. Sui primi può intervenire, legittimamente ed efficacemente, solo il MC. Ma il “problema” è valutare se nell’aria ci sia o no il virus influenzale…D’altronde, non mi pare che questo fattore di rischio costituisca una eccezione, favorendo interventi prioritariamente a livello individuale piuttosto che collettivo (ex art. 15)
Le “checklist” (o questionari, o altri strumenti “oggettivi”) le uso più che volentieri anche io, anzi le uso elettivamente perché ho il dovere, ai sensi dell’art. 29, di indicare non solo i risultati ma anche i criteri utilizzati per la rilevazione, dando la possibilità (almeno teorica) di fornire dati verificabili e replicabili.
Infine, una parola sull’anonimato. Obiettivo difficile da raggiungere pienamente, in effetti – almeno, nel rendere i lavoratori sereni al momento di dare le risposte sulle dimensioni indagate. Personalmente, mi sono dotato di una procedura di tutela dei dati sensibili ai sensi del Dlgs 196/03, che mi complica assai la vita (e mi aumenta i costi…), ma fattivamente protegge me e tutela i lavoratori in questo tipo di valutazione. Però ripeto, di questa cosa anche i lavoratori si accorgono pienamente solo DOPO che la valutazione è stata fatta e il DVR consegnato e diffuso. Ciò che invece porta a rispondere serenamente alle domande del questionario e dei focus group, è frutto di un percorso (non proprio facilissimo) di coinvolgimento e “convincimento” di DDL, RSPP e RLS…
saluti
Anzititto, buongiorno a tutti i frequentatori del forum.
Su invito di Tcam e (spero) con la benedizione di Nofer, permettetemi di rispondere alle affermazioni che cito sopra.
Precisando, anzitutto, che sono un MC. Anzi, sono un MC atipico. Perchè, da tempi non sospetti, ho la pessima abitudine di informarmi, formarmi e discutere sui contenuti e la modalità di esecuzione dei DVR in generale e su quelli che riguardano le mie competenze speficiche in particolare. E cioè sui movimenti ripetuti dell'arto superiore, sulal movimentazione manuale dei carichi e, adesso, sullo stress lavoro correlato.
Ma ne avrei anche da dire sulle radiazioni ottiche artificiali.
E sono abituato a non prendere tutto per oro colato, anzi. A maggior ragione adesso, quando ben due articoli del cosottantuno (il 25 ed il 29, per i più distratti) obbligano, di fatto, i MC a collaborare coi datori di lavoro per la estensione del DVR.
Devo dire che queste mie pessime abitudini, nella misura in cui sono state applicate, mi hanno creato non pochi problemi tra i cosiddetti consulenti delle aziende che seguo. le quali, onestamente, fidandosi del mio giudizio, hanno ribaltato spesso le questioni sui consulenti, con conprensibile sviluppo di avversità da parte di questi verso il sottoscritto.
Ma non sono affatto preoccupato di ciò, visto che il mio obbiettivo principale è la tutela della salute dei lavoratori e non la necessità di ingraziarmi questo o quel consulente.
Perchè, me ne si dia atto, i giocatori di questa partita (avrei detto gli attori di questa tragicommedia) sono 4:
1) il datore di lavoro;
2) i lavoratori;
3) il medico competente;
4) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Gli altri, con buona pace delle prebende che vengono loro attribuite, sono assolutamente ed unicamente comparse nel gioco che stiamo svolgendo.
Non voletemene, ma credo che si debba, specie su un argomento del genere, che personalmente prendo molto sul serio, fare il punto della situazione , specie in un forum altamente qualificato come questo.
Mi sono permesso, a tal riguardo, di sottolineare 3 passi dell'intervento che ho citato (e che mi ha condotto qui non già come solito spettatore, ma come - stavolta - presenza attiva), per svolgere qualche commento.
Anzitutto, vorrei dire all'estensore di quel post, che i MC non sono tutti uguali. Così come non lo sono tutti i consulenti o i DL od i RSPP. Vero è che molti di noi preferiscono "la pappa pronta", ma non credo (per quanto possa piacermi fare i fasci - e mi piace-) fare di tutta l'erba un fascio.
E non m itrova d'accordo, epidemiologicamente parlando, l'affermazione per cui "se uno ha le difese immunitarie basse...". Qui la questione è ben diversa. Perchè, se è vero che la valutazione dello stress LC riguarda l'intera collettività aziendale, è solo attraverso il coinvolgimento del MC che si possono avere quegli elementi spia (di natura puramente epidemiologica) che possono condurre al sospetto di un quadro generale non favorevole e meritevole di interventi (oltre che, naturalmente, della VDR obbligatoria ope legis).
Ancora oggi, nei preventivi che i consulenti inviano le aziende, non vedo menzionato il MC (col quale, a mio avviso, sarebbe sembre auspicabile interagire) nei contatti che gli sstessi sviluppano con le aziende.
Lo psicologo del lavoro, indubbiamente, può essere una figura utile nel panorama aziendale (specie di aziende grandi) ma non è ipotizzabile che interagisca con una struttura aziendale organizzata senza tenere debito conto di chi l'azienda conosce e "vive". Mi sembrerebbe come inviare un "drone" su un campo di battaglia, senza impegnare, contestualmente, una forza di ricognizione che possa verificare il terreno su cui si dovrà combattere. L'uno senza l'altra sono limitati.
E non è pensabile, sempre parlando di strategia militare, andare avanti in ordine sparso. Il risk management, nel caso dello stress LC, dev'essere un lavoro corale e non un assolo.
Devono essere percorsi condivisi tra tutte le figure coinvolte. Nessuna esclusa.
Mia opinione personale, naturalmente.
Cordialità