Allora ...
Premetto che appena ho un minuto cercherò di rispondere sia a Catanga che a Ingmang, al momento posso ribadire quanto ho già sostenuto più volte:
C'è un principio di Diritto che recita più o meno: "Ad Impossibilia Nemo Tenetur” (All’impossibile nessuno è tenuto).
Io fossi un Avvocato con l'incarico di difendere un RSPP coinvolto in un procedimento penale, beninteso un RSPP che ha svolto con diligenza e perizia il suo lavoro, mi appellerei a questo principio.
Per qunto riguarda l'operato del personale ispettivo delle ASL, se ritieni di avere elementi importanti, puoi sempre scrivere di inziativa al Magistrato e spiegare le tue buone ragioni. Devi considerare che l'azione penale la dirige il Pubblico Ministero e che il Tecnico della Prevenzione è solo il teste dell'accusa. E come ogni pubblico ufficiale è anche lui tenuto a rispettare in particolare il Titolo II ed il Titolo III del Libro secondo del Codice Penale.
Però c'è un problema ad analizzare le vicende in questo modo: sono troppe le variabili che vengono introdotte tutte insieme e che non vengono chiarite. Se mi date la possibilità di capire ogni passaggio in modo non equivoco posso anche dare delle indicazioni più precise su come esercitare il proprio diritto alla difesa.
Parliamone, ma un passaggio alla volta ...
Saluti
Marco
Il forum di SICUREZZAONLINE è stato ideato, realizzato e amministrato per oltre 15 anni da Giuseppe Zago (Mod).
A lui va la nostra gratitudine ed il nostro affettuoso ricordo.
A lui va la nostra gratitudine ed il nostro affettuoso ricordo.
Malore in cantiere
... per quanto riguarda il Contratto che il Consulente realizza con il Datore di Lavoro, vorrei sottoporre alla vostra attenzione le regole di correttezza, diligenza e buona fede previste negli articoli n. 1175, n. 1176 e n. 1375 del Codice Civile.
In particolare: “La buona fede, intesa in senso etico, come requisito della condotta, forma oggetto di vero e proprio dovere giuridico, che viene violato non solo nel caso in cui una delle parti abbia agito con il proposito doloso di recare pregiudizio all’altra, ma anche se il comportamento da essa tenuto non sia stato, comunque, improntato alla diligente correttezza ed al senso di solidarietà sociale, che integrano, appunto, il contenuto della buona fede” (Sentenza Cassazione Civile n. 960 del 18.02.1986; Sentenza Cassazione Civile n. 2788 del 24.03.1999).
Ergo: se chi mi ha dato un incarico come RSPP è stato solo motivato dall’intenzione di trovare il soggetto da proporre come capro espiatorio alla Magistratura in caso di evento lesivo, per cui mi nasconde dolosamente le informazioni che mi sono necessarie per svolgere il mio lavoro di prevenzione, allora io ritengo che mi posso anche rivalere per i danni subiti se vengo ingiustamente incolpato.
Chi di voi ha il coraggio di farlo?
Catanga ha perfettamente ragione quando, nell’ultimo post, si riferisce al Diritto. Non ha ragione quando trova delle motivazioni che sconfinano addirittura nell’invidia. Le sue sono supposizioni del tutto personali che screditano l’operato di chi non si può difendere. Questo non lo accetto.
A dopo
Marco
In particolare: “La buona fede, intesa in senso etico, come requisito della condotta, forma oggetto di vero e proprio dovere giuridico, che viene violato non solo nel caso in cui una delle parti abbia agito con il proposito doloso di recare pregiudizio all’altra, ma anche se il comportamento da essa tenuto non sia stato, comunque, improntato alla diligente correttezza ed al senso di solidarietà sociale, che integrano, appunto, il contenuto della buona fede” (Sentenza Cassazione Civile n. 960 del 18.02.1986; Sentenza Cassazione Civile n. 2788 del 24.03.1999).
Ergo: se chi mi ha dato un incarico come RSPP è stato solo motivato dall’intenzione di trovare il soggetto da proporre come capro espiatorio alla Magistratura in caso di evento lesivo, per cui mi nasconde dolosamente le informazioni che mi sono necessarie per svolgere il mio lavoro di prevenzione, allora io ritengo che mi posso anche rivalere per i danni subiti se vengo ingiustamente incolpato.
Chi di voi ha il coraggio di farlo?
Catanga ha perfettamente ragione quando, nell’ultimo post, si riferisce al Diritto. Non ha ragione quando trova delle motivazioni che sconfinano addirittura nell’invidia. Le sue sono supposizioni del tutto personali che screditano l’operato di chi non si può difendere. Questo non lo accetto.
A dopo
Marco
…solo per aggiungere che il principio "Ad Impossibilia Nemo Tenetur” lo ritengo applicabile perché in questi casi, dove il Datore di Lavoro non informa adeguatamente il proprio Consulente specialista (oppure non lo mette in condizioni di svolgere liberamente il suo lavoro), chi deve operare la prevenzione si trova ad agire nel presupposto di una realtà non corrispondente a quella effettiva, e che non ha nemmeno la libertà di esaminare. E questa non è, senza dubbio alcuno, responsabilità di chi ha stipulato un contratto di consulenza specializzata con un DdL, perché la responsabilità dell’imprenditore ha il suo fondamento nell’articolo 41 della Costituzione.
Saluti
Marco
Saluti
Marco
Per Marco,
collegandomi a quanto riassunto nel mio post precedente, mi corre l’obbligo di riportare al momento una sintesi sull’evoluzione del processo dal 1997 ad oggi.
-Due comparizioni per ogni anno;
-udienze tenute, nessuna;
-risultati, due rinvii all’anno.
Siamo all’anno 2004 ultima udienza anche questa in procinto di essere rinviata, il sottoscritto chiede con insistenza al giudice della pretura di essere ascoltato, anche perché riteneva e ritiene inammissibile un suo coinvolgimento, cerco di non rubare tempo spiegando, ma soprattutto, richiamando i riferimenti a mia discolpa richiamati in valutazione ed indicando anche il numero della pagina dove essi sono riportati, dopo pochi minuti però il giudice deve interrompermi le cause sono troppe ed il tempo e poco, mi dice che lui non ha proprio letto nulla del processo, e che lo stesso sarà probabilmente assegnato ad altro magistrato.
Settembre 2005, il processo è stato spostato dalla pretura al tribunale, nel frattempo mi è stato notificato l’aggravamento per aver omesso d’informare i lavoratori.
Il mio avvocato continua a dirmi di stare tranquillo perché il reato è già in prescrizione, è una condotta processuale che non condivido, ma che accetto, l’accetto perché, soprattutto da questa vicenda ho imparato che ciò che conta è il raggiungimento del fine.
Voglio però fare una considerazione a voce alta, l’UPG che è intervenuto al momento dell’infortunio a trascritto a mio carico i reati di negligenza, imprudenza ed imperizia, per i motivi nel post precedenti gia elencati, ora accettando per un solo attimo anche la trascrizione di questi reati, il sottoscritto diventa persona priva di requisiti cioè di attitudini e capacità adeguate nello svolgimento del compito, questo costituisce responsabilità colposa del datore di lavoro che negligentemente e imprudentemente mi ha affidato i compiti previsti dalla legge pur essendo io ritenuto persona non capace di svolgerli.
Negli atti processuali, del ddl non si conosce nemmeno il nome.
Perche? ....
- Costi
costo in lire 500.000 d’acconto ad udienza, lo stesso con il cambio valuta,
costo ad udienza € 500,00
Nei prossimi giorni se il Mod lo consente magari proverò ad allegare gli atti processuali
Ps. Non ho nessun problema a rivalermi sia sul ddl che sull’UPG per eventuali danni che questi potrebbero causarmi.
collegandomi a quanto riassunto nel mio post precedente, mi corre l’obbligo di riportare al momento una sintesi sull’evoluzione del processo dal 1997 ad oggi.
-Due comparizioni per ogni anno;
-udienze tenute, nessuna;
-risultati, due rinvii all’anno.
Siamo all’anno 2004 ultima udienza anche questa in procinto di essere rinviata, il sottoscritto chiede con insistenza al giudice della pretura di essere ascoltato, anche perché riteneva e ritiene inammissibile un suo coinvolgimento, cerco di non rubare tempo spiegando, ma soprattutto, richiamando i riferimenti a mia discolpa richiamati in valutazione ed indicando anche il numero della pagina dove essi sono riportati, dopo pochi minuti però il giudice deve interrompermi le cause sono troppe ed il tempo e poco, mi dice che lui non ha proprio letto nulla del processo, e che lo stesso sarà probabilmente assegnato ad altro magistrato.
Settembre 2005, il processo è stato spostato dalla pretura al tribunale, nel frattempo mi è stato notificato l’aggravamento per aver omesso d’informare i lavoratori.
Il mio avvocato continua a dirmi di stare tranquillo perché il reato è già in prescrizione, è una condotta processuale che non condivido, ma che accetto, l’accetto perché, soprattutto da questa vicenda ho imparato che ciò che conta è il raggiungimento del fine.
Voglio però fare una considerazione a voce alta, l’UPG che è intervenuto al momento dell’infortunio a trascritto a mio carico i reati di negligenza, imprudenza ed imperizia, per i motivi nel post precedenti gia elencati, ora accettando per un solo attimo anche la trascrizione di questi reati, il sottoscritto diventa persona priva di requisiti cioè di attitudini e capacità adeguate nello svolgimento del compito, questo costituisce responsabilità colposa del datore di lavoro che negligentemente e imprudentemente mi ha affidato i compiti previsti dalla legge pur essendo io ritenuto persona non capace di svolgerli.
Negli atti processuali, del ddl non si conosce nemmeno il nome.
Perche? ....
- Costi
costo in lire 500.000 d’acconto ad udienza, lo stesso con il cambio valuta,
costo ad udienza € 500,00
Nei prossimi giorni se il Mod lo consente magari proverò ad allegare gli atti processuali
Ps. Non ho nessun problema a rivalermi sia sul ddl che sull’UPG per eventuali danni che questi potrebbero causarmi.
Molto interessanti i riferimenti giuridici di Marco.
Credo che anche gli atti processuali dell'amico IOS siano molto utili per approfondire la discussione.
Volevo solo dire al capo Mod. che la discussione si è decisamente spostata dall'argomento iniziale del malore in cantiere...
che si fa?
si sposta tutto in un nuovo argomento?
Luca
... e me ne ero accorto.
Purtroppo ormai dobbiamo tenere tutto qua.
Spostare messaggi non e' mica cosa da poco ... ci vuole troppo tempo in questo caso e quindi lascio correre.
Cordiali saluti
Mod :smt039
Credo che anche gli atti processuali dell'amico IOS siano molto utili per approfondire la discussione.
Volevo solo dire al capo Mod. che la discussione si è decisamente spostata dall'argomento iniziale del malore in cantiere...
che si fa?
si sposta tutto in un nuovo argomento?
Luca
... e me ne ero accorto.
Purtroppo ormai dobbiamo tenere tutto qua.
Spostare messaggi non e' mica cosa da poco ... ci vuole troppo tempo in questo caso e quindi lascio correre.
Cordiali saluti
Mod :smt039
Agisci da uomo di pensiero e pensa da uomo di azione. (Henry Bergson)
Ciao Ios
… nel frattempo mi è stato notificato l’aggravamento per aver omesso d’informare i lavoratori. […] Voglio però fare una considerazione a voce alta, l’UPG che è intervenuto al momento dell’infortunio ha trascritto a mio carico i reati di negligenza, imprudenza ed imperizia, per i motivi nel post precedenti gia elencati …
Iniziamo dall’articolo 4, comma 5, lettera d), del Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994 che riporta: (il Datore di Lavoro) “fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispostivi di protezione individuale, sentito il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione”.
Partendo dall’assunto che il termine “sentito” sta proprio ad indicare il ruolo di Consulente del RSPP (intendendo poi per “consulente” quel Professionista a cui ci si rivolge per pareri e chiarimenti relativi a un determinato ambito di interessi), si deve ora considerare che all’articolo 9, i commi 2 e 4, del Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994, in modo concorde riportano: “Il datore di lavoro fornisce ai Servizi di Prevenzione e Protezione informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; […]. […] Il Servizio di Prevenzione e Protezione è utilizzato dal Datore di Lavoro.”
A fronte di ciò se è vero che “nessuno dell'azienda però si era preoccupato di avvisarmi prima dell'inizio delle lavorazioni, o nel momento dell'individuazione dei lavoratori d'assumere” Ios non hai colpe, perché ti trovavi ad agire nel presupposto di una realtà non corrispondente a quella effettiva, e che non avevi nemmeno la libertà di esaminare.
L’elemento psicologico del reato prevede l’evento colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di “negligenza, imprudenza ed imperizia” oppure per inosservanza di Leggi, regolamenti, ordini o discipline (articolo 43 Codice Penale). Ciò comporta: primo – che se ti hanno contestato solo “negligenza, imprudenza ed imperizia”, implicitamente vuol dire che non hai violato il Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994, altrimenti avrebbero citato l’inosservanza di una Legge; secondo – che ti è stato attribuito (probabilmente) il concorso nel delitto di Lesioni Personali Colpose (articolo 590 Codice Penale).
Questo mi spinge a dubitare del fatto che un mio collega abbia potuto prendere tali iniziative, per esperienza personale il Codice Penale lo applica solo il Pubblico Ministero, questo spiegherebbe anche perché non risultano contravvenzioni al Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994.
Forse una maggiore precisione sul “capo di imputazione” potrebbe contribuire a fare chiarezza.
… ora accettando per un solo attimo anche la trascrizione di questi reati, il sottoscritto diventa persona priva di requisiti cioè di attitudini e capacità adeguate nello svolgimento del compito, questo costituisce responsabilità colposa del datore di lavoro che negligentemente e imprudentemente mi ha affidato i compiti previsti dalla legge pur essendo io ritenuto persona non capace di svolgerli.
Ti sconsiglio di difenderti in questo modo.
Negli atti processuali, del ddl non si conosce nemmeno il nome.
Perché? ....
Questo io non posso nemmeno ipotizzarlo. Quali contravvenzioni sono state accertate in merito alla legislazione speciale a tutela dei lavoratori?
Saluti
Marco
… nel frattempo mi è stato notificato l’aggravamento per aver omesso d’informare i lavoratori. […] Voglio però fare una considerazione a voce alta, l’UPG che è intervenuto al momento dell’infortunio ha trascritto a mio carico i reati di negligenza, imprudenza ed imperizia, per i motivi nel post precedenti gia elencati …
Iniziamo dall’articolo 4, comma 5, lettera d), del Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994 che riporta: (il Datore di Lavoro) “fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispostivi di protezione individuale, sentito il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione”.
Partendo dall’assunto che il termine “sentito” sta proprio ad indicare il ruolo di Consulente del RSPP (intendendo poi per “consulente” quel Professionista a cui ci si rivolge per pareri e chiarimenti relativi a un determinato ambito di interessi), si deve ora considerare che all’articolo 9, i commi 2 e 4, del Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994, in modo concorde riportano: “Il datore di lavoro fornisce ai Servizi di Prevenzione e Protezione informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; […]. […] Il Servizio di Prevenzione e Protezione è utilizzato dal Datore di Lavoro.”
A fronte di ciò se è vero che “nessuno dell'azienda però si era preoccupato di avvisarmi prima dell'inizio delle lavorazioni, o nel momento dell'individuazione dei lavoratori d'assumere” Ios non hai colpe, perché ti trovavi ad agire nel presupposto di una realtà non corrispondente a quella effettiva, e che non avevi nemmeno la libertà di esaminare.
L’elemento psicologico del reato prevede l’evento colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di “negligenza, imprudenza ed imperizia” oppure per inosservanza di Leggi, regolamenti, ordini o discipline (articolo 43 Codice Penale). Ciò comporta: primo – che se ti hanno contestato solo “negligenza, imprudenza ed imperizia”, implicitamente vuol dire che non hai violato il Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994, altrimenti avrebbero citato l’inosservanza di una Legge; secondo – che ti è stato attribuito (probabilmente) il concorso nel delitto di Lesioni Personali Colpose (articolo 590 Codice Penale).
Questo mi spinge a dubitare del fatto che un mio collega abbia potuto prendere tali iniziative, per esperienza personale il Codice Penale lo applica solo il Pubblico Ministero, questo spiegherebbe anche perché non risultano contravvenzioni al Decreto Legislativo n. 626 del 19.09.1994.
Forse una maggiore precisione sul “capo di imputazione” potrebbe contribuire a fare chiarezza.
… ora accettando per un solo attimo anche la trascrizione di questi reati, il sottoscritto diventa persona priva di requisiti cioè di attitudini e capacità adeguate nello svolgimento del compito, questo costituisce responsabilità colposa del datore di lavoro che negligentemente e imprudentemente mi ha affidato i compiti previsti dalla legge pur essendo io ritenuto persona non capace di svolgerli.
Ti sconsiglio di difenderti in questo modo.
Negli atti processuali, del ddl non si conosce nemmeno il nome.
Perché? ....
Questo io non posso nemmeno ipotizzarlo. Quali contravvenzioni sono state accertate in merito alla legislazione speciale a tutela dei lavoratori?
Saluti
Marco
Ciao Marco,
la mia linea difensiva la scelta l'avvocato, sinceramente io avrei sparato talmente forte senza timore ne per il ddl, ne tanto meno per l'UPG, credo comunque sia più facile riprendere la discussione facendoti visionare direttamente gli atti, diversamente non arriviamo a nessun punto.
Rimandiamo la discussione solo di qualche giorno.
Ciao Ios
la mia linea difensiva la scelta l'avvocato, sinceramente io avrei sparato talmente forte senza timore ne per il ddl, ne tanto meno per l'UPG, credo comunque sia più facile riprendere la discussione facendoti visionare direttamente gli atti, diversamente non arriviamo a nessun punto.
Rimandiamo la discussione solo di qualche giorno.
Ciao Ios
Marco ha scritto:... per quanto riguarda il Contratto che il Consulente realizza con il Datore di Lavoro, vorrei sottoporre alla vostra attenzione le regole di correttezza, diligenza e buona fede previste negli articoli n. 1175, n. 1176 e n. 1375 del Codice Civile.
In particolare: “La buona fede, intesa in senso etico, come requisito della condotta, forma oggetto di vero e proprio dovere giuridico, che viene violato non solo nel caso in cui una delle parti abbia agito con il proposito doloso di recare pregiudizio all’altra, ma anche se il comportamento da essa tenuto non sia stato, comunque, improntato alla diligente correttezza ed al senso di solidarietà sociale, che integrano, appunto, il contenuto della buona fede” (Sentenza Cassazione Civile n. 960 del 18.02.1986; Sentenza Cassazione Civile n. 2788 del 24.03.1999).
Ergo: se chi mi ha dato un incarico come RSPP è stato solo motivato dall’intenzione di trovare il soggetto da proporre come capro espiatorio alla Magistratura in caso di evento lesivo, per cui mi nasconde dolosamente le informazioni che mi sono necessarie per svolgere il mio lavoro di prevenzione, allora io ritengo che mi posso anche rivalere per i danni subiti se vengo ingiustamente incolpato.
Chi di voi ha il coraggio di farlo?
Catanga ha perfettamente ragione quando, nell’ultimo post, si riferisce al Diritto. Non ha ragione quando trova delle motivazioni che sconfinano addirittura nell’invidia. Le sue sono supposizioni del tutto personali che screditano l’operato di chi non si può difendere. Questo non lo accetto.
A dopo
Marco
Ma chi sta generalizzando?
Non si possono difendere?
E da che cosa?
Sto dicendo che ci sono degli imbecilli sia nella mia che nella Tua categoria, caro Marco e questo è un dato di fatto.
Io ed altri colleghi l'ammettiamo.
Voglio vedere quando qualcuno ammeterà ciò per la Tua categoria.
In merito alla disquisizione legale, mi pare chiaro che PM e UPG abbiano preso una cantonata.
E scusami tanto, ma non credo che un PM decida in totale ed assoluta autonomia impippandosene di ciò che dice l'UPG.
La domanda, però, è: come mai una situazione palesemente chiara induce in queste figure un errore così marchiano.
Non è che il buon IOS ha beccato due soggetti appartenenti alla categoria citata sopra?
E tutto ciò comporta un danno economico per IOS ma anche per la Collettività nonchè il mantenimento di una sostanziale impunità per i soggetti realmente coinvolti nell'evento.
Inoltre, vorrei vedere come è stato costruito il castello accusatorio che coinvolge IOS.
Vorrei capire dov'è la negligenza, dov'è l'imperizia, dov'è l'imprudenza di un RSPP che non riceve alcuna informazione e come tale non può, concretamente, inserirsi nel nesso eziologico dell'evento.
Evento che, nella spoecificità del caso, è riconducibile ad una situazione momentanea e non certo trascinata e ripetuta nel tempo
Ho già avuto diverse esperienze come queste, e la storia è sempre la stessa.
Trascini per anni dei procedimenti giudiziari a carico di soggetti che potrebbero non solo essere chiusi inistruttoria ma addirittura neanche aperti.
Né PM, né UPG coinvolti avevano realmente capito cosa cavolo deve fare un RSPP e cosa ha bisogno per farlo.
Ancora trovo scritto su sentenze di primo grado la definizione di "responsabile della sicurezza" .......
Questo è il problema.
E colleghi come IOS devono spendere soldi e rimetterci la salute per l'imbecillità o l'ignoranza di alcuni soggetti.
Vorrei capire dov'è la negligenza, dov'è l'imperizia, dov'è l'imprudenza di un RSPP che non riceve alcuna informazione e come tale non può, concretamente, inserirsi nel nesso eziologico dell'evento.
Evento che, nella spoecificità del caso, è riconducibile ad una situazione momentanea e non certo trascinata e ripetuta nel tempo
Ho già avuto diverse esperienze come queste, e la storia è sempre la stessa.
Trascini per anni dei procedimenti giudiziari a carico di soggetti che potrebbero non solo essere chiusi inistruttoria ma addirittura neanche aperti.
Né PM, né UPG coinvolti avevano realmente capito cosa cavolo deve fare un RSPP e cosa ha bisogno per farlo.
Ancora trovo scritto su sentenze di primo grado la definizione di "responsabile della sicurezza" .......
Questo è il problema.
E colleghi come IOS devono spendere soldi e rimetterci la salute per l'imbecillità o l'ignoranza di alcuni soggetti.
Inserisco un articolo di un noto penalista.
La responsabilità penale del R.S.S.P.
Il Ruolo consultivo e propositivo del Servizio di Prevenzione e Protezione.
La ragione della istituzione del servizio di prevenzione e protezione risiede nella necessità, riconosciuta dal legislatore, di far acquisire al datore di lavoro, obbligato a concretizzare la sicurezza in azienda, una conoscenza globale e specifica delle situazioni di rischio presenti nell'ambito lavorativo, in quanto ineliminabili ([1] ), valutare il grado di intensità di esse, disponendo, possibilmente di notizie aggiornate sulle misure più idonee a fronteggiarle.
Dal momento che tutto ciò implica il possesso di competenze professionali e specialistiche non comuni, uno studio accurato di realtà spesso complesse e variamente articolate e una preparazione tecnica e giuridica che solo esperti della materia possono vantare, è derivata pertanto la necessità che lo sforzo prevenzionale del datore di lavoro sia affiancato ed assistito da un organismo aziendale in grado di fornire, sia pure a livello meramente consultivo e propositivo, quei supporti tecnici e professionali indispensabili all'elaborazione e all'attuazione di un efficace piano di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro inteso quale programmazione del miglioramento delle condizioni di prevenzione e protezione.
La dottrina è unanime nel ritenere che il soggetto designato dal datore di lavoro a svolgere le funzioni di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, con i compiti delineati dall'art. 9 del D.Lvo 626/94, sia da intendersi come organo meramente consultivo e propositivo, svolgendo «il ruolo di mero coordinatore» del servizio di prevenzione e protezione, con funzione di «supporto tecnico al datore di lavoro» ([2]), il quale farà sua la consulenza «per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario»([3]).
In effetti, è facile constatare la natura meramente consultiva del servizio e del suo responsabile, il quale certamente non ha per sé il potere di adottare le misure di sicurezza e disporre per le relative spese «pertanto in tale veste deve considerarsi semplice ausiliario del datore di lavoro» ([4]), in quanto «nel modello di gestione partecipata proposto dalla nuova disciplina, il datore di lavoro è obbligato ad operare le proprie scelte in materia, interpellando sempre i suoi esperti e consultando contemporaneamente i rappresentanti dei beneficiari della tutela, affinché le decisioni da adottare sia le più meditate possibili e vengano assunte alla stregua delle indicazioni scaturenti dalla costruttiva dialettica di tutte le parti interessate» ([5]).
In altre parole, il responsabile e gli addetti del servizio di prevenzione e protezione mantengono una «funzione essenzialmente consultiva e promozionale» e ciò la dottrina prevalente lo inferisce dall'assenza di obblighi penalmente sanzionati in capo ai predetti, in quanto «non sono stati compresi tra i soggetti sanzionati penalmente per le violazioni eventualmente commesse nell'esercizio delle loro attribuzioni» ([6]).
R.S.P.P. e i reati propri del datore di lavoro.
In questo proposito è stato affermato che «i componenti del servizio aziendale di prevenzione, essendo semplici ausiliari del datore di lavoro, non possono venire chiamati a rispondere direttamente del loro operato, proprio perché difettano di un effettivo potere decisionale. Essi sono soltanto dei consulenti e i risultati dei loro studi e delle loro elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda (ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico ecc.), vengono fatti propri da chi li ha scelti sulla base di un rapporto di affidamento liberamente instaurato e della loro opera si avvale per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario» ([7]).
In altre parole l'RSPP ha il compito di coadiuvare il datore di lavoro nell'assolvimento dei suoi doveri, fornendogli quelle competenze tecniche ed organizzative di cui ha bisogno, attesa la varietà e complessità degli interventi diretti a garantire la tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti, ma non ha autonomo obbligo di effettuare controlli sulla effettiva applicazione dei presidi antinfortunistici, in quanto privo di quella posizione di garanzia che il legislatore ha identificato espressamente in capo al datore di lavoro, al dirigente e al preposto, nell'ambito delle loro rispettive attribuzioni e competenze.
La norma che ha istituzionalizzato il servizio di prevenzione e protezione non ha identificato un nuovo garante della sicurezza, tantomeno, ha inteso trasferire su di esso quote di posizione di garanzia già attribuite al datore, al dirigente e al preposto.
Ciò in quanto non è rinvenibile al di là dell'art. 9 Dlgvo 626/94 - che precisa e delimita gli ambiti in cui è legittima la consultazione di un RSPP da parte del datore di lavoro - una correlativa norma che imponga allo stesso RSPP di concorrere nella politica aziendale delle scelte sulla sicurezza o, tantomeno, di determinarsi a verificare che la normativa prevenzionale sia rispettata ([8]).
Solo chi è giuridicamente obbligato ad agire per attuare i precetti contenuti nella normativa sulla sicurezza e igiene sul lavoro è correlativamente il responsabile della loro violazione. Tutti gli altri soggetti, non avendo obblighi di determinarsi per realizzare la sicurezza non possono essere chiamati a rispondere della omissione di presidi antinfortunistici obbligatori.
Applicando le regole generali del diritto penale ai reati contravvenzionali in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, emerge che si tratta di reati propri, tali da poter essere commessi solo da soggetti che rivestano le speciali qualifiche individuate nel precetto legislativo sanzionato, ossia il datore di lavoro o il committente nel caso di appalto, il dirigente, il preposto, il medico competente, il progettista, il fabbricante, il venditore, ecc., figure soggettive tra le quali non spicca mai il responsabile o l'addetto al servizio di prevenzione e protezione.
Se dunque vi è quasi unanimità nella dottrina nel ritenere che l'RSPP non sia responsabile della commissione del classico reato omissivo proprio in materia prevenzionale vi è da segnalare, tuttavia, che qualche problema interpretativo potrebbe insorgere con la realizzazione di un evento lesivo di danno alla persona, ossia quando dall'omissione di una misura di prevenzione idonea ad impedire un evento (che come si è detto sopra di per sé non comporta responsabilità per l'RSPP) si verifichi conseguentemente un infortunio o una malattia professionale a carico di un lavoratore.
Condotta omissiva dell'R.S.P.P. e causazione di un infortunio al lavoratore subordinato.
Ci si domanda se dall'omissione di misure di prevenzione, la mancata o erronea valutazione dei rischi, l'assenza di idonee misure di prevenzione e protezione (per le quali non vi è punibilità dell''RSPP) possa comportare una responsabilità del consulente allorquando dalle stesse derivi un infortunio.
E' necessario analizzare, dunque, se dalle norme generali del diritto penale, in relazione alla parte speciale, sia dommaticamente rinvenibile o meno una responsabilità dell'RSPP nel non aver svolto i compiti di cui all'articolo 9 del D.lvo n. 626/94, contribuendo così alla causazione dell'evento lesivo occorso al lavoratore in concorso con il datore di lavoro.
In proposito è stato risposto che va distinto nettamente «il piano delle responsabilità prevenzionali derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie» in quanto, «nel caso in cui l'errore valutativo del consulente abbia comportato non la creazione di un semplice stato di pericolo, ma la produzione di un evento lesivo dell'incolumità e della salute di un terzo, ci si trova davanti ad un reato comune di danno e la ricerca delle responsabilità va, quindi, compiuta alla stregua del normale criterio secondo cui qualunque comportamento colposo abbia contribuito a produrre l'evento lesivo, nella misura in cui tale condotta si inserisca eziologicamente nel determinismo causale, genera in chi l'ha posto in essere la responsabilità per ciò che è accaduto. Pertanto, anche il consulente che, agendo con imperizia, imprudenza, negligenza o osservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato, oppure abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo così il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà assieme a questi dell'evento di danno derivatone, essendo a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale che può assumere, in alcuni casi, un carattere addirittura esclusivo» ([9]).
In relazione a ciò è stato affermato che «è evidente la sussistenza a carico dello stesso RSPP di un obbligo di sicurezza che trova una sanzione mediata nel codice penale» e addirittura che «quella posta dal D.Lgs. n. 626/94 è norma perfetta ed attuabile ma riceve tutela penale dall'intervento della sanzione contenuta nel codice penale, realizzando così un sistema che - nel caso di specie - richiede al RSPP la realizzazione di un risultato e non semplicemente l'applicazione della ordinaria diligenza» ([10])
La cooperazione colposa con il datore di lavoro mediante comportamento omissivo dell'RSPP in caso di infortunio del lavoratore.
Sulla scorta di tali considerazioni non è infrequente rilevare un orientamento di alcuni magistrati che, a fronte della causazione di un evento lesivo di danno occorso ad un lavoratore per omissioni di adeguati presidi antinfortunistici, oltre a rilevare la responsabilità dei soggetti obbligati giuridicamente ad attivarsi per impedire l'infortunio (datore di lavoro, dirigenti, preposti), contestino, a titolo di cooperazione colposa ex art. 113 c.p., anche all'RSSP la responsabilità per aver concorso nell'omissione, conferendo agli stessi pertanto un obbligo di attivarsi che in realtà non pare rinvenirsi dai principi generali del diritto penale, mancando in principio l'obbligo di attivarsi in capo all'RSPP.
Ad esempio, in un caso di lesioni personali colpose occorse ad una lavoratrice subordinata di una impresa di pulizie, appaltatrice presso un centro commerciale del servizio di pulizia, feritasi utilizzando una pressa per il recupero dei rifiuti cartacei ubicata nei locali del datore di lavoro committente, è stato inscritto nel registro degli indagati anche l'RSPP del committente, accusato di aver cooperato colposamente (art. 113 c.p.) con il datore di lavoro per aver omesso di valutare ed eliminare il pericolo insito nell'utilizzo di tale macchina.
Ad un esame più approfondito della qualifica giuridica dell'RSPP è stato poi ritenuto che non vi fosse responsabilità del consulente. Il magistrato, richiedendo l'archiviazione della notizia di reato nei confronti dell'RSPP ha scritto che, egli «nella mera qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione del Supermercato ... non aveva alcun dovere di valutare la rispondenza o meno ai prescritti requisiti di sicurezza della pressa concessa in uso, né di valutare (e prevenire) eventuali rischi connessi ad attività di personale di ditte esterne operanti in regime di appalto». Ciò in quanto «l'art. 8, 3° comma ultima parte D.Lvo 626/94 esclude conseguenze pregiudizievoli connesse al mero incarico di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ...» ([11]).
In altre parole la valutazione giuridica della vicenda, fatta propria dal Gip del Tribunale di Gorizia, è fondata sul principio che il ruolo di RSPP non comporta l'assunzione di un obbligo di attivarsi per la prevenzione in quanto, la mera posizione di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non è da sola sufficiente a creare una posizione di garanzia assimilabile a quella di un datore di lavoro, o di un dirigente, o di un preposto.
E infatti, quand'anche l'RSPP abbia omesso di agire per controllare l'adeguatezza della macchina concessa in uso dal datore di lavoro, va tuttavia richiamato il principio secondo il quale il «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo» (art. 40 c.p.) solo in quanto vi sia, appunto, un obbligo giuridicamente identificabile, cosa che come si è detto sopra non è dato rinvenire a carico dell'RSPP.
In questo caso non avrebbe nemmeno senso parlare di cooperazione colposa (Art. 113 c.p.) dell'RSPP con il datore di lavoro, diventando questa un'ipotesi di connivenza non punibile. E infatti è come è stato autorevolmente affermato «L'esistenza di detto obbligo impeditivo contraddistingue il concorso per omissione dalla mera connivenza, che si ha quando il soggetto assiste passivamente alla mera perpetrazione di un reato, che ha la possibilità ma non l'obbligo di impedire» ([12]).
Va rilevato, infatti, che per aversi concorso per omissione, è necessario che l'omissione sia condizione necessaria o agevolatrice del reato, e che tale omissione costituisca violazione dell'obbligo giuridico di garanzia, cioè di impedimento dei reati altrui del tipo di quello commesso dal datore di lavoro, per cui l'RSPP, tenendo il comportamento doveroso, avrebbe impedito o reso più ardua la realizzazione del medesimo.
Il ruolo di preposto e di dirigente e la designazione a RSPP.
A diversa conclusione sarebbe potuto pervenire il giudice nel caso in cui il soggetto designato RSPP avesse in realtà anche il ruolo effettivo di dirigente o preposto per la sicurezza, e in tale veste si sarebbe dovuto determinare per controllare l'esatta corrispondenza dello strumento di lavoro alle norme tecniche di sicurezza.
In questo caso è agevole rinvenire in capo a tale una responsabilità penale concorsuale con quella del datore di lavoro in quanto preposto o dirigente, per aver contribuito, omettendo i dovuti controlli sulla sicurezza dello strumento di lavoro, alla causazione dell'infortunio.
Segnalo a catanga che ho provveduto a tagliare tutti i riferimenti alla bibliografia in quanto pubblicita' indiretta.
Faccio, inoltre, cortesemente presente (gia' era capitato questa mattina con sandro) che testi così lunghi sarebbe meglio copia-incollarli in un word e poi postare tale documento in allegato al post per non appesantire troppo la lettura del thread.
So che molte volte questioni di tempo lo impediscono ma mi rivolgo a tutti affinche' facciate uno sforzo perche' questo modo di procedere diventi procedura comune.
Grazie a tutti per la collaborazione futura in proposito.
Cordiali saluti
Mod :smt039
PS: i numeri tra parentesi quadre sono i riferimenti agli articoli/libri che erano riportati in calce e che sono stati tagliati.
La responsabilità penale del R.S.S.P.
Il Ruolo consultivo e propositivo del Servizio di Prevenzione e Protezione.
La ragione della istituzione del servizio di prevenzione e protezione risiede nella necessità, riconosciuta dal legislatore, di far acquisire al datore di lavoro, obbligato a concretizzare la sicurezza in azienda, una conoscenza globale e specifica delle situazioni di rischio presenti nell'ambito lavorativo, in quanto ineliminabili ([1] ), valutare il grado di intensità di esse, disponendo, possibilmente di notizie aggiornate sulle misure più idonee a fronteggiarle.
Dal momento che tutto ciò implica il possesso di competenze professionali e specialistiche non comuni, uno studio accurato di realtà spesso complesse e variamente articolate e una preparazione tecnica e giuridica che solo esperti della materia possono vantare, è derivata pertanto la necessità che lo sforzo prevenzionale del datore di lavoro sia affiancato ed assistito da un organismo aziendale in grado di fornire, sia pure a livello meramente consultivo e propositivo, quei supporti tecnici e professionali indispensabili all'elaborazione e all'attuazione di un efficace piano di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro inteso quale programmazione del miglioramento delle condizioni di prevenzione e protezione.
La dottrina è unanime nel ritenere che il soggetto designato dal datore di lavoro a svolgere le funzioni di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, con i compiti delineati dall'art. 9 del D.Lvo 626/94, sia da intendersi come organo meramente consultivo e propositivo, svolgendo «il ruolo di mero coordinatore» del servizio di prevenzione e protezione, con funzione di «supporto tecnico al datore di lavoro» ([2]), il quale farà sua la consulenza «per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario»([3]).
In effetti, è facile constatare la natura meramente consultiva del servizio e del suo responsabile, il quale certamente non ha per sé il potere di adottare le misure di sicurezza e disporre per le relative spese «pertanto in tale veste deve considerarsi semplice ausiliario del datore di lavoro» ([4]), in quanto «nel modello di gestione partecipata proposto dalla nuova disciplina, il datore di lavoro è obbligato ad operare le proprie scelte in materia, interpellando sempre i suoi esperti e consultando contemporaneamente i rappresentanti dei beneficiari della tutela, affinché le decisioni da adottare sia le più meditate possibili e vengano assunte alla stregua delle indicazioni scaturenti dalla costruttiva dialettica di tutte le parti interessate» ([5]).
In altre parole, il responsabile e gli addetti del servizio di prevenzione e protezione mantengono una «funzione essenzialmente consultiva e promozionale» e ciò la dottrina prevalente lo inferisce dall'assenza di obblighi penalmente sanzionati in capo ai predetti, in quanto «non sono stati compresi tra i soggetti sanzionati penalmente per le violazioni eventualmente commesse nell'esercizio delle loro attribuzioni» ([6]).
R.S.P.P. e i reati propri del datore di lavoro.
In questo proposito è stato affermato che «i componenti del servizio aziendale di prevenzione, essendo semplici ausiliari del datore di lavoro, non possono venire chiamati a rispondere direttamente del loro operato, proprio perché difettano di un effettivo potere decisionale. Essi sono soltanto dei consulenti e i risultati dei loro studi e delle loro elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda (ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico ecc.), vengono fatti propri da chi li ha scelti sulla base di un rapporto di affidamento liberamente instaurato e della loro opera si avvale per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario» ([7]).
In altre parole l'RSPP ha il compito di coadiuvare il datore di lavoro nell'assolvimento dei suoi doveri, fornendogli quelle competenze tecniche ed organizzative di cui ha bisogno, attesa la varietà e complessità degli interventi diretti a garantire la tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti, ma non ha autonomo obbligo di effettuare controlli sulla effettiva applicazione dei presidi antinfortunistici, in quanto privo di quella posizione di garanzia che il legislatore ha identificato espressamente in capo al datore di lavoro, al dirigente e al preposto, nell'ambito delle loro rispettive attribuzioni e competenze.
La norma che ha istituzionalizzato il servizio di prevenzione e protezione non ha identificato un nuovo garante della sicurezza, tantomeno, ha inteso trasferire su di esso quote di posizione di garanzia già attribuite al datore, al dirigente e al preposto.
Ciò in quanto non è rinvenibile al di là dell'art. 9 Dlgvo 626/94 - che precisa e delimita gli ambiti in cui è legittima la consultazione di un RSPP da parte del datore di lavoro - una correlativa norma che imponga allo stesso RSPP di concorrere nella politica aziendale delle scelte sulla sicurezza o, tantomeno, di determinarsi a verificare che la normativa prevenzionale sia rispettata ([8]).
Solo chi è giuridicamente obbligato ad agire per attuare i precetti contenuti nella normativa sulla sicurezza e igiene sul lavoro è correlativamente il responsabile della loro violazione. Tutti gli altri soggetti, non avendo obblighi di determinarsi per realizzare la sicurezza non possono essere chiamati a rispondere della omissione di presidi antinfortunistici obbligatori.
Applicando le regole generali del diritto penale ai reati contravvenzionali in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, emerge che si tratta di reati propri, tali da poter essere commessi solo da soggetti che rivestano le speciali qualifiche individuate nel precetto legislativo sanzionato, ossia il datore di lavoro o il committente nel caso di appalto, il dirigente, il preposto, il medico competente, il progettista, il fabbricante, il venditore, ecc., figure soggettive tra le quali non spicca mai il responsabile o l'addetto al servizio di prevenzione e protezione.
Se dunque vi è quasi unanimità nella dottrina nel ritenere che l'RSPP non sia responsabile della commissione del classico reato omissivo proprio in materia prevenzionale vi è da segnalare, tuttavia, che qualche problema interpretativo potrebbe insorgere con la realizzazione di un evento lesivo di danno alla persona, ossia quando dall'omissione di una misura di prevenzione idonea ad impedire un evento (che come si è detto sopra di per sé non comporta responsabilità per l'RSPP) si verifichi conseguentemente un infortunio o una malattia professionale a carico di un lavoratore.
Condotta omissiva dell'R.S.P.P. e causazione di un infortunio al lavoratore subordinato.
Ci si domanda se dall'omissione di misure di prevenzione, la mancata o erronea valutazione dei rischi, l'assenza di idonee misure di prevenzione e protezione (per le quali non vi è punibilità dell''RSPP) possa comportare una responsabilità del consulente allorquando dalle stesse derivi un infortunio.
E' necessario analizzare, dunque, se dalle norme generali del diritto penale, in relazione alla parte speciale, sia dommaticamente rinvenibile o meno una responsabilità dell'RSPP nel non aver svolto i compiti di cui all'articolo 9 del D.lvo n. 626/94, contribuendo così alla causazione dell'evento lesivo occorso al lavoratore in concorso con il datore di lavoro.
In proposito è stato risposto che va distinto nettamente «il piano delle responsabilità prevenzionali derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie» in quanto, «nel caso in cui l'errore valutativo del consulente abbia comportato non la creazione di un semplice stato di pericolo, ma la produzione di un evento lesivo dell'incolumità e della salute di un terzo, ci si trova davanti ad un reato comune di danno e la ricerca delle responsabilità va, quindi, compiuta alla stregua del normale criterio secondo cui qualunque comportamento colposo abbia contribuito a produrre l'evento lesivo, nella misura in cui tale condotta si inserisca eziologicamente nel determinismo causale, genera in chi l'ha posto in essere la responsabilità per ciò che è accaduto. Pertanto, anche il consulente che, agendo con imperizia, imprudenza, negligenza o osservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato, oppure abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo così il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà assieme a questi dell'evento di danno derivatone, essendo a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale che può assumere, in alcuni casi, un carattere addirittura esclusivo» ([9]).
In relazione a ciò è stato affermato che «è evidente la sussistenza a carico dello stesso RSPP di un obbligo di sicurezza che trova una sanzione mediata nel codice penale» e addirittura che «quella posta dal D.Lgs. n. 626/94 è norma perfetta ed attuabile ma riceve tutela penale dall'intervento della sanzione contenuta nel codice penale, realizzando così un sistema che - nel caso di specie - richiede al RSPP la realizzazione di un risultato e non semplicemente l'applicazione della ordinaria diligenza» ([10])
La cooperazione colposa con il datore di lavoro mediante comportamento omissivo dell'RSPP in caso di infortunio del lavoratore.
Sulla scorta di tali considerazioni non è infrequente rilevare un orientamento di alcuni magistrati che, a fronte della causazione di un evento lesivo di danno occorso ad un lavoratore per omissioni di adeguati presidi antinfortunistici, oltre a rilevare la responsabilità dei soggetti obbligati giuridicamente ad attivarsi per impedire l'infortunio (datore di lavoro, dirigenti, preposti), contestino, a titolo di cooperazione colposa ex art. 113 c.p., anche all'RSSP la responsabilità per aver concorso nell'omissione, conferendo agli stessi pertanto un obbligo di attivarsi che in realtà non pare rinvenirsi dai principi generali del diritto penale, mancando in principio l'obbligo di attivarsi in capo all'RSPP.
Ad esempio, in un caso di lesioni personali colpose occorse ad una lavoratrice subordinata di una impresa di pulizie, appaltatrice presso un centro commerciale del servizio di pulizia, feritasi utilizzando una pressa per il recupero dei rifiuti cartacei ubicata nei locali del datore di lavoro committente, è stato inscritto nel registro degli indagati anche l'RSPP del committente, accusato di aver cooperato colposamente (art. 113 c.p.) con il datore di lavoro per aver omesso di valutare ed eliminare il pericolo insito nell'utilizzo di tale macchina.
Ad un esame più approfondito della qualifica giuridica dell'RSPP è stato poi ritenuto che non vi fosse responsabilità del consulente. Il magistrato, richiedendo l'archiviazione della notizia di reato nei confronti dell'RSPP ha scritto che, egli «nella mera qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione del Supermercato ... non aveva alcun dovere di valutare la rispondenza o meno ai prescritti requisiti di sicurezza della pressa concessa in uso, né di valutare (e prevenire) eventuali rischi connessi ad attività di personale di ditte esterne operanti in regime di appalto». Ciò in quanto «l'art. 8, 3° comma ultima parte D.Lvo 626/94 esclude conseguenze pregiudizievoli connesse al mero incarico di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ...» ([11]).
In altre parole la valutazione giuridica della vicenda, fatta propria dal Gip del Tribunale di Gorizia, è fondata sul principio che il ruolo di RSPP non comporta l'assunzione di un obbligo di attivarsi per la prevenzione in quanto, la mera posizione di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non è da sola sufficiente a creare una posizione di garanzia assimilabile a quella di un datore di lavoro, o di un dirigente, o di un preposto.
E infatti, quand'anche l'RSPP abbia omesso di agire per controllare l'adeguatezza della macchina concessa in uso dal datore di lavoro, va tuttavia richiamato il principio secondo il quale il «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo» (art. 40 c.p.) solo in quanto vi sia, appunto, un obbligo giuridicamente identificabile, cosa che come si è detto sopra non è dato rinvenire a carico dell'RSPP.
In questo caso non avrebbe nemmeno senso parlare di cooperazione colposa (Art. 113 c.p.) dell'RSPP con il datore di lavoro, diventando questa un'ipotesi di connivenza non punibile. E infatti è come è stato autorevolmente affermato «L'esistenza di detto obbligo impeditivo contraddistingue il concorso per omissione dalla mera connivenza, che si ha quando il soggetto assiste passivamente alla mera perpetrazione di un reato, che ha la possibilità ma non l'obbligo di impedire» ([12]).
Va rilevato, infatti, che per aversi concorso per omissione, è necessario che l'omissione sia condizione necessaria o agevolatrice del reato, e che tale omissione costituisca violazione dell'obbligo giuridico di garanzia, cioè di impedimento dei reati altrui del tipo di quello commesso dal datore di lavoro, per cui l'RSPP, tenendo il comportamento doveroso, avrebbe impedito o reso più ardua la realizzazione del medesimo.
Il ruolo di preposto e di dirigente e la designazione a RSPP.
A diversa conclusione sarebbe potuto pervenire il giudice nel caso in cui il soggetto designato RSPP avesse in realtà anche il ruolo effettivo di dirigente o preposto per la sicurezza, e in tale veste si sarebbe dovuto determinare per controllare l'esatta corrispondenza dello strumento di lavoro alle norme tecniche di sicurezza.
In questo caso è agevole rinvenire in capo a tale una responsabilità penale concorsuale con quella del datore di lavoro in quanto preposto o dirigente, per aver contribuito, omettendo i dovuti controlli sulla sicurezza dello strumento di lavoro, alla causazione dell'infortunio.
Segnalo a catanga che ho provveduto a tagliare tutti i riferimenti alla bibliografia in quanto pubblicita' indiretta.
Faccio, inoltre, cortesemente presente (gia' era capitato questa mattina con sandro) che testi così lunghi sarebbe meglio copia-incollarli in un word e poi postare tale documento in allegato al post per non appesantire troppo la lettura del thread.
So che molte volte questioni di tempo lo impediscono ma mi rivolgo a tutti affinche' facciate uno sforzo perche' questo modo di procedere diventi procedura comune.
Grazie a tutti per la collaborazione futura in proposito.
Cordiali saluti
Mod :smt039
PS: i numeri tra parentesi quadre sono i riferimenti agli articoli/libri che erano riportati in calce e che sono stati tagliati.