Il forum di SICUREZZAONLINE è stato ideato, realizzato e amministrato per oltre 15 anni da Giuseppe Zago (Mod).
A lui va la nostra gratitudine ed il nostro affettuoso ricordo.

Preconsolidamento dei fronti di scavo

In questo Forum verranno discusse tutte le problematiche introdotte dal titolo IV del Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) inerenti i cantieri temporanei o mobili ma anche relative all'edilizia in genere ed alle attivita' estrattive.
Avatar utente
Marco
Messaggi: 979
Iscritto il: 14 ott 2004 15:45

Ciao a tutti

Catanga in altra discussione ha proposto questo argomento: "... Tra qualche anno verrà fuori il problema dei tubi in vetroresina utilizzati, a partire dai primi anni '90, per il preconsolidamento dei fronti di scavo delle gallerie (a meno che qualcuno non faccia prima una denuncia di malattia professionale da qualche parte e farà scoppiare anticipatamente il problema).
Dopo la loro infissione, quando s'inizia a scavare, essi vengono rotti con il ripper dell'escavatore liberando nell'ambiente circoscritto del fronte un'infinità di aghi di vetroresina che per le loro dimensioni vengono inspirati e si depositano nei polmoni del personale presente in quell'area con il più che probabile rischio di una futura fibrosi polmonare.
Qualcuno s'è posto questo specifico problema (sono 20 anni che si usano) oppure si aspetta che "nasca" il caso per fare interviste sui giornali, in TV, chiedere sanzioni esemplari, fare processi epocali, fare cortei con sventolio di bandiere, ecc. e continuare ad intervenire sugli effetti?
".

Io ho respirato per anni l'aria di una Galleria in costruzione con i tubi in vetroresina utilizzati per il preconsolidamente di fronti di scavo in terreno, ma di questo rischio non ero informato.

Qualcuno, oltre Catanga ovviamente, è in grado di fornire ulteriori informazioni? Sono stati fatti campionamenti delle particelle in vetroresina disperse in aria?

Qualunque contributo è utilissimo.

Grazie.

Marco
Avatar utente
Nofer
Messaggi: 7386
Iscritto il: 06 ott 2004 21:09

mah, io quando ho lavorato in galleria, e però sono anche passati tanti anni, non mi ci sono mai trovata a monitorare simili lavorazioni perchè gli infilaggi in VTR negli spertugi che ho seguito non li smontavano per nulla (anzi!) scavando poi il buco-buco, e quindi non ho idea di cosa si possa reperire, ma in compenso ho fatto diversi rilievi di polverosità su lavorazioni varie con vetroresina aventi tessitura in differenti tipi di fibre di supporto, dalla "normale" lanavetro sino alle fibre di carbonio.
Premetto da subito che non penso possa esserci analogia delle strutture fibrose liberate perchè si tratta di prodotti completamente differenti dal punto di vista fabbricazione, e perchè la modalità di liberazione è senz'altro differente. Quindi anche i dati che ho per le altre lavorazioni di cui invece ho cognizione non sarebbero "calzanti" nè sovrapponibili se non per il fatto che le vetroresine meccanicamente stressate liberano senza dubbio particelle fibrose.
Certamente, l'inalazione e meglio a dirsi la respirabilità delle fibre dipende fondamentalmente dal loro diametro aerodinamico e dalla loro biopersistenza nell'apparato respiratorio, e questo vale per tutte le fibre, e si è visto che la fibroceramica ha appunto una elevata biopersistenza e spesso diametri aerodinamici sufficientemente piccini da risultare respirabile: non per nulla è al momento l'unica fibra artificiale che possa essere classificata come R49, cioè cancerogene per inalazione.
Sono quindi piuttosto dispiaciuta di non poter fornire a marco le informazioni che chiede, e se ho imparato qualcosa da tanti anni di questo lavoro - oltre che della mia particolarità analitica nel relativo ambito - ho ottimi motivi di ritenere che mai nessuno sin qui abbia mai fatto una "conta fibre" in galleria: non la fanno quando scavano in scisti e rocce verdi, figurarsi se la fanno perchè qualche anima candida ha identificato la presenza di fibre minerali artificiali vetrose o anche ceramiche come un rischio professionale presente in quelle lavorazioni.
Speriamo che qualche RSPP aziendale ma anche qualche MC ci pensi e costringa più o meno spintamenamente il DdL a commissionare questo tipo di indagine, così magari io mi recupero un altro pochetto di lavoro, visto che elsa ha detto che mi tocca lavorare altri 7 anni... ma forse anche qualcosina di più!

Ritrovando la questione iniziale postata da catanghinobellissimo ho visto che poneva la sua domanda a proposito della immissione sul mercato di "componentistica" poco sicura. Beh, e direi che di questo possiamo stare più o meno serenamente certi, si è sempre fatto e a mio avviso lo si farà ancora e ancora: vorrei sottolineare come lo stesso CLP-GHS nasce a livello internazionale con la pia speranza (direi piuttosto dichiarazione) di immettere sul mercato prodotti di origine chimica di cui si sia saggiata preventivamente la pericolosità per uomo e ambiente.  
Il fatto è che molto raramente chi si occupa di ricerca in applicazioni industriali ha cognizione delle ricadute che quell'applicazione medesima può avere nella operatività in sicurezza di ciò che ha escogitato: rileggendo per l'ennesima volta quel thread, mi sono resa conto che la discussione verteva sul numero e modalità degli ancoraggi: 2 soli bulloni anzichè 3 (dispari però la vedo difficile...) o 4. L'esempio è perfetto: dal punto di vista strutturale, quei due bulloni così come previsti da progetto e avvitati bene assicurano la perfetta tenuta dell'intero ponteggio, altrimenti nessuno li avrebbe mai usati e quand'anche messi in vendita sarebbero stati ben presto un clamoroso flop commerciale, se le strutture provvisionali cui sono destinati non reggevano. Ciò non toglie che quando 1 solo bullone di 1 sola coppia non è stato bene fissato è successa una piccola strage.  
E adesso, pensate che magari proprio il produttore di quel sistema si sia reso conto di essere moralmente un po' responsabile di quelle morti, immaginate che riprogetti il tutto con un numero di ancoraggi sovrannumerari per cui se anche ne avviti la metà il tutto regge uguale. Immaginate anche che assuma uno stuolo di informatori venditori che si batta a tappeto tutti i cantieri e tutte le direzioni interessate a quel tipo di attrezzatura, spiegando quanto è più sicura.
Secondo voi, non troveremmo nessun direttore lavori che veda in quei 3-4 minuti in più per l'allestimento di ciascun ancoraggio una "inutile perdita dei tempi di produzione" ? In un mondo in cui l'AD di una grande casa automobilistica sostiene di non vendere macchine a sufficienza per tenere le fabbriche aperte perchè gli operai fanno una pausa di 10 minuti (su 8 ore) a suo parere sovrannumeraria?

E così, i tubi di preconsolidamento in vetroresina: sono più leggeri e quindi più facili da movimentare, quand'anche si disperdano fibre in aria alla rottura con tutte la polvere che c'è in galleria figurarsi... E di certo non hanno le conoscenze tecniche per sapere che il peso specifico delle lane minerali non raggiunge mai l'unità,  mentre quello delle particelle di roccia compatta varia spesso superano almeno il 2, che non sono igroscopiche per cui non si abbattono nemmeno con la nebulizzazione e quindi restano a svolazzare in aria assai più a lungo di tutte le altre polveri di pari volumetria. E mi si perdoni se ritorno sempre a quello che io ritengo sia il punto dolente alla base di parecchi guasti: escludo che si possano acquisire cognizioni di tale specificità con un "corso" abilitante di 120 ma anche 150 ma direi nemmeno se fosse di 300 ore.

Che le fibre minerali artificiali possano portare a fibrosi polmonare, questo mi sentirei di escluderlo, perchè la fibrosi polmonare si instaura quando il polmone stesso si "fibrotizza" ossia sostituisce le cellule di scambio respiratorio a livello alveolare con altre che non hanno questa funzionalità. Ma che possano esserne concausa di certo sì, come tutti i tipi di polveri che arrivano nei polmoni: e checchè se ne dica, sono anni ed anni che la ricerca di base si è fermata e noi ancora non sappiamo se le diverse magagne che ci arrivano ai polmoni siano collegate alla natura chimica o fisica di ciò che ns. malgrado ci respiriamo, o alla loro interazione magari con un certo pH individuale dei ns. liquidi interni e robe del genere.
Non sappiamo ancora quasi niente, solo che alcune cose ci fanno male; e non mi sembra un gran progresso rispetto a quando si accettava con assoluta rassegnazione che chi lavorava nelle miniere morisse presto, e senza più fiato.
Nofer
_______________________________________
Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Avatar utente
Marco
Messaggi: 979
Iscritto il: 14 ott 2004 15:45

Grazie Nofer.

Ora ho le idee un po' più chiare sull'argomento.
Potremmo comunque intervenire con facciali filtranti finché non approfondiamo i livelli di dispersione, no?

Marco
Avatar utente
Carlo X
Messaggi: 279
Iscritto il: 25 ago 2009 12:31

I tubi in vetroresina ( o comunque gli elementi in vetroresina come le "piattine" , accoppiate tra loro ) non sono stati introdotti nell'"arte" dei pre-consolidamenti in galleria, perche' piu' leggeri e facili da maneggiare ma perche' funzionali allo scopo di sorreggere e consolidare il nucleo di una galleria in fase di scavo. Sommariamente ed in modo volgare, le caratteristiche fisiche del vetroresina ben si adattano ad essere cementate al terreno, essere messe in trazione e produrre attrito laterale. Ma soprattutto l'aspetto interessante e' che possono essere "abbattute" durante lo scavo, senza  sforzo alcuno, dalla stessa macchina che "abbatte" il terreno del fronte-scavo.
Detto questo, concordo con quanto asserisce Nofer : con tutta la polvere che c'e' in galleria.......
Comunque durante lo "sfondo" o abbattimento roccia in galleria, le attrezzature presenti sono generalmente tutte dotate di cabina ( escavatore idraulico, pala gommata/cingolata, camion ).
Il personale eventualmente presente a terra e' meglio che si protegga con una maschera, come dice Marco : ma per via della polvereche regna sovrana ( se non c'e' acqua ), tra abbattimento roccia e ventolino non c'e' da scherzare quanto a mg x m3. Molti anni fa , per la prima volta , restai impressionato dopo essermi soffiato il naso in un candido bianco fazzoletto, dopo essere uscito dalla galleria.
Ma perche' scrivevo dei tubi in vetroresina ?
Ma perche' questi ultimi, belli rotti e scheggiati, mescolati allo smarino ( roccia scavata ) della galleria, finiscono per essere riutilizzati ( se previsto all'origine ) nel cantiere, sotto forma di rilevati, riempimenti etc.
In cauda venenum.......

Carlo X
Avatar utente
Nofer
Messaggi: 7386
Iscritto il: 06 ott 2004 21:09

se per facciali filtranti intendi la definizione normativa anche delle banali "mascherine" direi che ci siamo.
Sai, magari adesso i lavori in sotterraneo si fanno con tutti i mezzi elettrici e io non lo so perchè ci manco da circa 13-14 anni, ma io -dovessi consigliare un facciale filtrante in galleria- lo consiglierei sempre per i fumi degli automezzi diesel, in particolare quando c'è smarino da portare fuori con quelli. E se proprio le vogliamo dire tutte, considerando l'adsorbibilità per via cutanea degli IPA, io penso da tanti anni che con la mascherina soltanto proteggi pochino,
Non tanto in fronte di avanzamento, che anzi in genere proprio lì si va benino perchè ci arriva diretto diretto il getto d'aria del ventolino d'immissione, ma appena vai un po' indietro... Nebbia fitta: ma nera.
Nofer
_______________________________________
Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Avatar utente
Marco
Messaggi: 979
Iscritto il: 14 ott 2004 15:45

… vi allego un dipinto che neanche Vincent Van Gogh avrebbe potuto realizzare  :smt045

Suddividendo l’attività in sotterraneo abbiamo avuto delle fasi ove era necessario utilizzare dei Facciali Filtranti FFP2 o FFP3, ma limitatamente alla fase di scavo con martellone o ripper non abbiamo mai ipotizzato un rischio dovuto alla frantumazione dei tubi in vetroresina.

Avete fatto bene a dirmelo perché ora approfondiremo l’argomento. Quando il fronte viene abbattuto il ventolino allora disperde le fibre in tutta la galleria.

Saluti

Marco
Avatar utente
catanga
Messaggi: 1912
Iscritto il: 17 nov 2004 19:44

Il ventilatore in mandata non risolve il problema ma lo sposta dietro al fronte di scavo per l'effetto pistone.
In altre parole l'aria del ventilatore raggiunge il fronte e sposta la polvere da questo verso la parte posteriore allo stesso.
20 anni fa avevo usato dei traccianti per studiare i flussi ed avevo verificato quel che succedeva: la polvere la mangiavano soprattutto quelli dietro e non quelli al fronte.

Allora, ci si era inventati una soluzione.
Mai sentito parlare di depolverizzatori?
Non sono quegli accrocchi ridicoli montati sulle sonde con una membrana sull'asta di perforqzione ma un sistema costituito, oltre che dal ventilatore in mandata, da un aspiratore che aspira la polvere, la fa passare attraverso un getto di acqua nebulizzata che la fa precipitare all'interno di una vasca di raccolta.
Il sistema va attentamente progettato tenendo conto delle dimensioni del fronte,  delle velocità dell'aria in mandata ed in aspirazione, dei mezzi presenti, ecc..
In Italia questo sistema non si usa perché le aziende lo vedono come un ulteriore orpello da movimentare oltre al tubo in mandata, man mano che lo scavo avanza.

Mi domando come mai i guru del DICMA di BO non si siano posti il problema (e vale anche per le chiodature  in vetroresina, perchè è così che si chiamano) visto che sembrano essere diventati da qualche anno i superesperti di sicurezza sul lavoro all'interno dei cantieri in galleria come se tutti gli altri vadano in giro con la sveglia al collo e l'anello al naso.
Avatar utente
Nofer
Messaggi: 7386
Iscritto il: 06 ott 2004 21:09

catanga ha scritto: 20 anni fa avevo usato dei traccianti per studiare i flussi ed avevo verificato quel che succedeva: la polvere la mangiavano soprattutto quelli dietro e non quelli al fronte.
:smt007 vedi, tu che sei ing usavi i traccianti; io -che invece nasco analista- 23 anni fa con uno splendido monitoraggio "full period consecutive samples" qualiquantitativo delle polveri inalabili totali e delle respirabili (all'epoca, il cut off era ancora a 5 micron) su 3 postazioni diverse (FdA, punto di montaggio casseforme e postazione di lavorazione carpenteria in legno) "scoprii"  la stessa identica cosa. Da dire, si scavava con una meravigliosa e gigantesca fresa per tufo la cui testa mi ricordava tanto le "palle d'acciaio rotanti" di mazinga zeta, grande fumetto che le mie figlie adoravano, elettrica. Fino a 600 m di galleria, tutto quasi ok, ma dopo gli 800-1000 metri il povero carpentiere che era dietro a tutte le lavorazioni si ciucciava non meno di 7 e passa mg/mc di polveri totali, che al microscopio si rivelarono praticamente ciò che già il colore del filtro a membrana dichiarava: tutti fumi, e per oltre il 90% respirabili, come tutti i fumi da diesel. Mentre in FdA (ma si scavava in tufo) non si raggiungevano i 2 mg/mc se non durante l'uso di quel coso che pare un cavaturaccioli per ciclopi... come accidenti si chiama? accidenti all'età!
Non avevo le cognizioni per ipotizzare un depolverizzatore come quello che descrivi tu (mannaggia che peccato, l'idea mi è piaciuta tantissimo!) ma l'abbiamo risolta con una via di mezzo tra la mia praticità femminile e la tecnicità dell'ingegnere direttore di cantiere, un omone simpaticissimo che verosimilmente hai conosciuto anche tu:  abbiamo fatto mettere degli aspiratori belli potenti su in volta, in doppia fila, infissi nel cemento, ogni circa 100-120 m, che aspiravano i fumi spingendoli verso l'uscita come se ne vedono nelle gallerie urbane. Per fortuna, all'ingresso non c'erano abitazioni, se no mi sa che sarebbe successo l'inferno con la puzza di camion che ne usciva. Peraltro, l'obbligo di tenerli a coppie in funzione era limitato agli orari in cui si faceva smarino, ossia 8-18, perchè dalle 18 alle 22 e poi dalle 22 alle 6 si montavano le centine con le reti allo scavato fresco, ci si passava lo spritz beton e un po' dietro si mettevano le casseforme di finitura a quello preparato due giorni prima. Per dire, c'erano solo al più due betoniere, neanche sempre accese, e su quelle ci si barricò per averle solo munite di marmitta con abbattimento ad acqua perfettamente funzionante. Il fatto era che case immediatamente vicine non ce n'erano ma intorno comunque sì, e l'imbocco galleria era in una specie di piccolo anfiteatro con il rumore dei ventolini che rimbombava: e dalle 22 alle 6 si cercava di tenerli, se non spenti, almeno al 50% di regime.

Eh, bei tempi... reggevo a monitorare in continuo dalle 6 alle 22, da sola, avanti e indietro con i miei campionatori di tipo fisso (quindi, 5 kg l'uno e non gli 800 gr dei portatili/personali di adesso). Però, io pesavo credo 20 kg meno di adesso: ora, temo che anche con i personali verso la 10^ ora dovrei trascinarmi sulle ginocchia  :smt010 .
Vi interessa sapere come si fa un monitoraggio "full period consecutive samples" e a cosa serve? Se dite di sì, ve lo racconto. Cose tecnicamente sensate che mi potevo permettere quando c'erano meno obblighi di oggi per i ddl e un briciolo di ascolto in più per lo specialista che si chiamavano.
Eh, proprio bei tempi, sì...
Nofer
_______________________________________
Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Avatar utente
Marco
Messaggi: 979
Iscritto il: 14 ott 2004 15:45

Grazie per gli interventi

Del comportamento della polvere in una galleria in costruzione ho una discreta informazione. Non ho mai affrontato il problema delle fibre di vetroresina che, di per se, potrebbero non seguire necessariamente gli stessi flussi in quanto fibre.

Quale potrebbe essere il modo migliore per quantificare la dispersione di fibre in aria? La procedura per l'asbesto è quella più simile?

Marco
Avatar utente
Nofer
Messaggi: 7386
Iscritto il: 06 ott 2004 21:09

Marco ha scritto: Quale potrebbe essere il modo migliore per quantificare la dispersione di fibre in aria? La procedura per l'asbesto è quella più simile?
Marco
Certamente, dal punto di vista tecnico la testa di campionamento per quelle dimensioni è il grembialino.
Che io sappia, il ministero sta pensando anche ad un circuito di qualità, analogo a quello dell'amianto, anche per le fibre artificiali, ed infatti ci hanno chiesto se eravamo interessati (intendo, ai lab accreditati appunto per l'amianto) ed io ho ovviamente risposto in maniera positiva.
Solo che campa cavallo che l'erba cresce: quello per l'amianto era previsto per legge dal 1996, hanno predisposto il modulo di adesione nel luglio 1997, e l'avvio cartaceo delle prove di qualificazione è stato nell'estate 2008, hanno cominciato a mandare i campioni dopo l'estate 2010 e a giugno 2011 sono usciti i risultati: poco più di 200 lab accreditati sul territorio nazionale, su poco più di 250 partecipanti, contro le oltre 850 comunicazioni iniziali...  il che significa non meno di 600 ciurlatori nel manico che non hanno nemmeno i requisiti strumentali minimi per poter partecipare al circuito.
E per annissimi mai un OdV che si sia mai preso la briga di verificarlo: come non ve la prendete per i certificati a rifiuto, nè per le certificazioni relative all'ambiente di lavoro. Hai un'idea vaga di quanti sedicenti lab scrivono risultati per ottenere i quali occorrono strumentazioni, reagenti e materiali di consumo che non hanno mai acquistato, o anche strumenti acquistati "rottamati" e mai messi in funzione? E non dico una parola del c.d. lib prof che non hanno nemmeno un bilancia, e certificano la qualunque, il tutto legalmente, per assurdo che sia, senza nemmeno dover dire presso quale struttura hanno eseguito le analisi che firmano. Non so bene perchè, ma pare che per queste cose si muovano solo i NOE o i NAS e solo in caso di indagini penalmente assai "pesanti" e solo nell'ipotesi di false certificazioni a supporto di altri reati. Che infatti poi, ogni tanto, qualcuno se lo portano...
 
Nofer
_______________________________________
Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Rispondi

Torna a “Cantieri temporanei o mobili - Edilizia”