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Sicurezza contrattata

Archivio Impianti Tecnici (L. 46/90)/Atmosfere Esplosive (ATEX)/Radiazioni.
In questo archivio sono riportati tutti i posts relativi agli impianti elettrici, termotecnici, impianti a gas e a pressione, tutte le discussioni sulla direttiva ATEX e le radiazioni (Riservato agli abbonati)
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Achille

La 46/90 è certamente una buona legge ma ..... ma, come tante leggi, resta di fatto vanificata per la mancanza di controlli abbastanza sistematici da parte degli Enti preposti, che non hanno, ovviamente, nè i mezzi nè le strutture come spesso capita nel nostro Paese. O più semplicemente la volontà politica di eseguire i controlli. Per quel che riguarda la mia oramai trentennale esperienza negli impianti gas, anche come Consulente del Giudice, tra canne fumarie gravemente irregolari, impianti interni bel lontani dalle varie UNI 7129 (1972, 1992, 2001), ecc. ecc. ecc..  c'è solo da scegliere. Situazione ben nota a chi opera in questo settore.
La delibera 40/04 dell'Autorità per la sicurezza elettrica ed il gas è un altro importante passo avanti per far recepire nel nostro Paese la cultura della sicurezza, anche se è stata recepita da numerosi installatori, ma non solo,  anche progettisti e soprattutto architetti, come un ulteriore aggravio di incombenze burocratiche inutili. E questo potrebbe essere in parte vero. A meno che alle procedure previste da questa delibera non seguano finalmente le verifiche sul campo perlomeno per gli impianti nuovi, nell'attesa ancora di qualche morto e ferito per risanare quelli vecchi. Ma per gli impianti nuovi devo sottolineare un'incongruenza che riguarda le aziende distributrici del gas. Esse devono dotarsi di strumenti di verifica della documentazione prodotta dagli installatori (allegati A, B, C, D) avvalendosi o di tecnici interni od esterni all'azienda. L'incongruenza è questa. Gli allegati citati vanno depositati "dopo" aver eseguito i lavori per farsi aprire il contatore. Orbene per installatori e progettisti competenti e scrupolosi non ci sono problemi. Basta conoscere ed applicare la UNI 7129-01, o il DM 12.4.96, ecc. per essere relativamente sicuri di aver eseguito degli impianti sicuri e rispondenti alle normative. Però poi ci si mettono gli architetti, che non vogliono sentir parlare ad esempio di "tubazioni a vista" ed ipotizzano le soluzioni più disparate e più comode per ovviare a progetti architettonici iniziali, che non hanno previsto che i contatori del gas avrebbero poi dovuto essere collegati agli apparecchi mediante delle tubazioni. Capita che questi architetti si rivolgano direttamente agli accertatori, interni od esterni alle aziende, e "contrattino" delle soluzioni che possono sembrare apparentemente conformi alle norme ma che nella sostanza non lo sono. Naturalmente il povero installatore che magari ha qualche dubbio cosa fa? O esegue il lavoro come vuole l'architetto, perchè questi gli garantisce che l'accertatore, con una "dichiarazione di conformità" ed uno "schema di impianto" fatto in un certo modo i contatori verranno aperti. E se poi cambia l'accertatore o l'accertatore cambia idea, o la cambia l'architetto, cosa succede? Naturalmente l'installatore che non si adatta a questa strana ma purtroppo usuale procedura perde il lavoro. O addirittura può essere ricattato dal committente al quale ha già eseguito centinaia di migliaia di euro di lavori e gli chiede di essere un pò malleabile alle esigenze del progettista architettonico, altrimenti cercano un altro installatore più disponibile e gli bloccano i pagamenti. Brutale ma è così.
Se si vuole proseguire sulla strada della sicurezza, della certezza del diritto di tutti i soggetti, della massima trasparenza, io credo che l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas dovrebbe emanare una direttiva che obblighi in modo molto chiaro le Aziende distributrici del gas, quelle che poi aprono i contatori, ad esprimere anche pareri preventivi scritti su qualche proposta impiantistica "al limite". Ho visto progetti che fanno correre fasci di decine di tubi in polietilene sopra la soletta di box auto interrati in cortili interni e classificarli come "interrati". Ho chiesto: "Ma se per caso un'auto prende fuoco in un box dove sopra passano dieci tubi di polietilene DN 40 che si sciolgono, cosa succede?" Risposta: non è un problema mio. Tizio dell'azienda Caio mi ha garantito che si può fare e che quando gli arriverà il modello B con gli allegati fatti come dice lui approverà gli impianti e ciò mi basta. Io vorrei che Tizio invece, alla preliminare domanda dell'installatore che gli illustra esattamente e dettagliatamente cosa si intende fare, come saranno messi i tubi, cosa ci sarà sopra e sotto, fosse obbligato ad esprimere per iscritto un parere preliminare. Cioè sarebbe l'Azienda distributrice da cui dipende o di cui è consulente a prendersi la responsabilità di autorizzare una certa tipologia impiantistica. Con tre semplici risposte: si, va bene; no, non va bene perchè difforme dai punti 1,2,3.... della norma; occorre richiedere un parere al CIG. Installatori e progettisti possono così avere la certezza di non dover dipendere dalla discrezionalità "a posteriore" di un accertatore. Ho verificato ad esempio che una certa tipologia di impianto viene accettata dall'azienda x e non dall'azienda y. E questo mi pare assurdo. Cosa intendono ad esempio i vari accertatori per "interrato"? Che sotto il tubo ci sia un pò di terra, ad esempio 10 cm.. di sabbia fine e poi il terreno oppure anche la soletta di un'autorimessa?
La Aziende distributrici dovrebbero sentire l'obbligo di collaborare con progettisti ed installatori come obbligo etico, derivante dalla loro funzione di pubblico servizio. Purtroppo non sempre è così. Invito l'Autorità a considerare questo punto ed auspico che venga formalizzato questo obbligo, per le aziende, di rispondere a quesiti scritti con risposte scritte. Vanno coniugate trasparenza e sicurezza. La sicurezza non può essere contrattata.
Achille
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ugo
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Parole sacrosante... permettimi di mettere assieme agli "architetti" anche altre professioni (io non sono architetto per intenderci) - ingegneri, geometri, periti - così abbiamo "fatto giustizia" :)

un cordiale saluto
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weareblind
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Parole niente affatto sacrosante. Io sono di parere totalmente opposto. Premetto che parlo con cognizione di causa da un lato per la mia specifica competenza professionale, dall'altro per la diretta conoscenza ed operatività di una azienda distributrice, tirata in questo caso in ballo in funzione della delibera 40.

Che ognuno faccia il suo; perché la azienda distributrice deve accollarsi responsabilità di altri? E costi? L'installatore deve sapere fare il mestiere suo; egli porta i documenti previsti alla azienda distributrice, questa li gira (nel mio caso) ad accertatore esterno.
Ora:
1) spessissimo il personale di sportello, NON TENUTO E TRA L'ALTRO NON TECNICO SPECIFICO, NE' PAGATO PER FARE CIO', deve correggere le PORCHERIE EMERITE CHE FROTTE DI TERMOTECNICI E IDRAULICI presentano, proprio poiché fino a ieri nessun organo di vigilanza li ha mai controllati, e quindi costoro bellamente se ne fottevano della conformità a qualsiasi UNI CIG 7129 o D.M. 12 aprile 1996. E le correzioni che essi fanno fare agli installatori, COSA CHE RIPETO NON COMPETE LORO e che fa perdere tempo che dovrebbe essere a vantaggio della azienda distributrice e non del termotecnico incompetente, se non fossero fatte comporterebbero la bocciatura del tecnico terzo verificatore, e il cliente dovrebbe ripagare l'esame della pratica. E badate bene che quando capita il cliente non se la prende con l'installatore che non ha prodotto allegati, che disegna in 2X2 comunque (visto coi miei occhi) l'intero schema di impianto, che negli allegati obbligatori barra TUTTO (obbligo di progetto compreso) per impianti da 5 kW, ecc, ma con l'AZIENDA DISTRIBUTRICE.
IMPARATE IL MESTIERE, altro che lamentele.

2) Se il progetto è errato e' colpa del progettista, mica dell'ente distributore, il quale passa l'esame della dichiarazione di conformità a tecnico competente per l'idoneità. perché mai deve accollarsi oneri che non gli competono? Voi lavorate gratis? Io no. E perché deve prendersi responsabilità che non gli competono? E perdere tempo (che è denaro, e se io fossi il titolare della azienda distributrice e scoprissi che ssi perdono tempo a esaminare ciò che non devono e quindi lavorano per altri, li scuoio vivi)?

La sicurezza non si contratta. Vero. E allora chi sbaglia sia sanzionato dall'organo di vigilanza, altro che etica pelosa del tipo ONLUS, "io aiuto te e tu aiuti me".

weareblind
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weareblind
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Achille ha scritto:Io vorrei che Tizio invece, alla preliminare domanda dell'installatore che gli illustra esattamente e dettagliatamente cosa si intende fare, come saranno messi i tubi, cosa ci sarà sopra e sotto, fosse obbligato ad esprimere per iscritto un parere preliminare. Cioè sarebbe l'Azienda distributrice da cui dipende o di cui è consulente a prendersi la responsabilità di autorizzare una certa tipologia impiantistica.
Aggiungo; se l'azienda distributrice fosse la responsabile dell'approvazione si avrebbe commistione tra chi progetta e chi controlla. E allora che cosa controllo a fare? Il verificatore deve verificare, non PROGETTARE. E le pastette tra l'architetto e il verificatore o tra l'installatore e il verificatore NON ESISTONO; l'azienda distributrice NON FA SAPERE IL NOME DEL VERIFICATORE A NESSUN CLIENTE, proprio per garantire l'imparzialità della verifica. Altro che risposta scritta e assunzione di responsabilità.
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catanga
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In Francia, dove le verifiche sono da secoli esternalizzate, dicono: à chacun le son.

Le commistioni di competenze e, in alcuni casi, d'interessi, non hanno mai portato da nessuna parte.

Personalmente, quindi, non posso che pensarla come Weareblind.
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ugo
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Iscritto il: 27 ott 2005 03:16

Son contento di esser stato rimbeccato da weareblind sul mio giudizio di "parole sante" :)

Io sono un progettista e le mie responsabilità (ed errori) me li son sempre presi... pagando di persona e correggendo gli sbagli (io non dormo di notte anche se l'errore è uno di quelli che non porta rischi per la sicurezza ad alcuno).

Le lamentele del collega (?) possono sembrare eccessive... ma è una delle voci che si sentono... allora approfitto per fare una domanda: è vero che "azienda distributrice che vai e usanza che trovi"? Sottolineo le "usanze" (e non normative): ho constatato di persona che quanto manca armonizzazione e standardizzazione delle procedure, quindi da una parte devi inoltrare un modulo ad hoc e nulla vale dire che non è obbligatorio per legge, in un altro caso sembra non serva quasi nulla e "si accontentano".

E' inutile dire che i contenuti sono importanti e che ognuno ha la sua responsabilità (e ci mancherebbe altro!) ma è importante anche evitare "formalismi" inutili per puntare direttamente allo scopo finale.

E' chiaro che chi non sa il suo mestiere rischia di suo e fa rischiare agli altri e questo non va bene (sarebbe ovviamente da estromettere il soggetto dalla sua attività che sia di progettazione, installazione o controllo...) ma cancellare tutto in un sol colpo non è possibile...  e la mia non è "real politik" ma una constatazione sul campo.

Cordiali saluti e
buon anno a tutti :)
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ugo
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ugo ha scritto:Son contento di esser stato rimbeccato da weareblind sul mio giudizio di "parole sante" :)
Volevo precisare (grazie all'insonnia) che la "santificazione" mia era soprattutto per la parte delle bestialità "imposte in cantiere" agli impiantisti... è proprio durante queste ferie che ho visto delle nuove case in Austria con caldaiette installate con scarico a parete con distanze non rispettanti la tabella della UNI 7129...

Mi son immaginato che è "accettabile" il fumo (condensa) sui muri nuovi gialli a ridosso di finestre e scale probabilmente perché:
- qualcuno ha progettato e costruito la casa senza camini e senza progetto termotecnico (o senza sentirsi con lo stesso)
- l'idraulico (probabilmente della zona mia) non ha fatto altro che installare l'impianto come fa di solito in Italia (alla faccia della 7129 che da noi vale... in Austria non so che norme tecniche hanno)
- tanto l'appartamento lo vendono lostesso

L'impresa costruttrice era italiana (per la precisione) e il DL un geometra della mia zona...

Spero di aver chiarito meglio la mia opinione - se è sembrato che approvo il fatto dell'aumma aumma tra progettista-installatore-controllore è una impressione errata.

Buona Giornata a tutti :)
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Manuela

Buongiorno, premetto che lavoro da alcuni mesi presso una società venditrice di gas operante in alcune regioni del nord Italia e che, lavorando anche allo sportello, esamino i "famosi" allegati B consegnati dagli utenti e compilati dagli idraulici/installatori dell'impianto.

Sono rimasta "basita" e sconcertata dall'intervento iniziale di Achille in quanto convinto che parte della valutazione positiva delle pratiche derivi da accordi tra progettista e accertatore.

Posso affermare che nella società in cui opero CIO' NON AVVIENE NE' E' MAI AVVENUTO in quanto ogni singola pratica viene vista in via preliminare direttamente allo sportello, e, solo dopo aver appurato che in linea di massima è completa, la inviamo all'accertatore per la verifica definitiva. Quindi:
1- Non viene mai passata all'accertatore una pratica incompleta (quindi mai "contrattiamo" con l'utente eventuali escamotage a fronte di mancanze nella documentazione d'obbligo)
2- Non viene permesso all'utente/idraulico/costruttore/progettista di conoscere il nome dell'accertatore nè tantomeno di parlarci direttamente (proprio per evitare alcun tipo di pressione "politica")
3- In sintesi nessuna delle centinaia di pratiche esaminate ha avuto un trattamento di favore che fosse tradotto nel "salto " di alcuni obblighi normativi.

In merito al fatto che i distributori dovrebbero prendersi delle responsabilità in merito alle soluzioni trovate per "far passare" le pratiche ritengo che già facciamo più di ciò che ci spetta perchè potremo infischiarcene di tutti gli errori presenti nelle pratiche e mandare tutto avanti all'accertatore (che in tal caso boccerebbe al volo ogni caso però con comunicazione solo dopo 10 giorni); invece avvisiamo subito quando ci sono evidenti mancanze/incongruenze/errori, (cosa che avviene in più del 50% dei casi) spieghiamo al "povero" utente cosa va corretto, cosa riferire all'idraulico poco informato delle nuove normative (se non assolutamente all'oscuro dei contenuti della UNI 7129/01), spesso scriviamo proprio su un foglio cosa l'idraulico deve scrivere (perchè se diciamo solo che deve compilare una parte spesso ci ritorna ancora con errori), perdendo decine e decine di minuti per "spulciare " le pratiche e fare in modo che vengano poi consegnate corrette. Oltre a tutto cio' dovremo pure prenderci delle responsabilità che non ci spettano? Mi sembra stiamo un po' esagerando...e vi spiego anche perchè...

Ho visto casi di idraulici che consegnavano allegati in bianco, seenza schema o con schema fatto da 3 linee storte messe a caso, senza evidenza dei locali, dei materiali impiegati, con schema che indicava una cosa e cartaceo che ne indicava un'altra, e per di più convinti che la pratica andasse bene così "tanto la responsabilità se la prendono loro" (certo e il fesso che compra casa ne paga le conseguenze di impianti non a norma ma dichiarati tali). Ho visto casi di impianti con portata termica > 116kw dove è richiesto l'obbligo di CPI e in concreto non era neanche stata consegnato il parere di conformità ai VV.F...

Potrei andare avanti all'infinito con gli esempi...ma concludo dicendo che finora ci siamo già sentiti dire dietro tante parole grosse e accuse ogni qual volta non "facilitavano" l'apertura dei contatori saltando alcuni obblighi (progetto/CPI/certificazioni varie) ma nel nostro lavoro siamo convinti che TUTTI devono rispettare le normative di legge sia per la sicurezza dell'utente finale che vivrà a contatto con gli impianti installati che per la serietà della società che distribuisce e vende gas a cui si è rivolto.

Mi spiace solo constatare che ci siano realtà dove avviene tutt'altro.

Un saluto

Manuela
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