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Novità testo unico! (parte II)

Archivio Documenti di Valutazione dei Rischi (DVR) attività varie/Mobbing/Discussioni Legislative/Tecniche di carattere generale.
Discussioni Legislative e Tecniche, non rientranti nelle categorie specifiche degli altri archivi, dove vengono affrontati gli aspetti di applicazione della legislazione e della normativa tecnica in materia di sicurezza e salute sul lavoro (assetti societari e relative conseguenze sulla sicurezza, documenti di valutazione dei rischi (DVR) di attivita' specifiche, mobbing, ecc...) (Riservato agli abbonati)

Cosa pensate della Bozza del Testo Unico in materia di sicurezza e salute sul lavoro?

È un testo decisamente innovativo, perché lascia ampio spazio al recepimento automatico dei futuri miglioramenti tecnici senza necessità di ricorrere a normazione integrativa con giovamento di tutte le parti sociali
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È un compendio organico delle attuali normative di settore
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È certamente perfettibile, ma comunque è segno della volontà di eliminare le note dispersioni interpretative delle precedenti norme
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È un riassunto incompleto della precedente legiferazione nella materia, che creerà ulteriori equivoci interpretativi
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È una parziale riduzione dei preesistenti livelli di tutela
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È un testo molto lacunoso e porterà ad imprevedibili danni sociali
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Stilo
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Nofer ha scritto:Immagine Alè-o-ò, Alè-o-ò!Immagine
A ben pensarci, la notizia non rattrista nemmeno me. :smt008
Stilo
Ut sementem feceris, ita metes.
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catanga
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Speriamo che la nuova bozza di Testo Unico che sarà diffuso dopo la citata rivisitazione non sia peggio della prima........
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catanga
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Iscritto il: 17 nov 2004 19:44

Questo era il parere di Confindustria sul Testo Unico.

SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO PER IL RIASSETTO NORMATIVO IN MATERIA

DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO



Osservazioni Confindustria



Premessa

Lo schema di riassetto normativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro, approvato dal Consiglio dei Ministri, in prima lettura, il 18 novembre 2004, costituisce la parte terminale di un processo lungo, impegnativo e complesso, che l'industria italiana si augura possa finalmente concludersi con l'introduzione di elementi di razionalità ed equilibrio nel sistema di prevenzione dei rischi lavorativi, per un'efficace protezione dell’incolumlità dei lavoratori senza inutili penalizzazioni per le imprese.

Confindustria ha condiviso l'analisi svolta all'avvio dei processo, nel 2001, dal Libro Bianco sul Mercato dei Lavoro in Italia, in ordine alle criticità presenti in questo settore dell'ordinamento:

- complessità e disorganicità del quadro legislativo, connesse al recepimento di una vasta produzione normativa di origine comunitaria ed alla mancata armonizzazione con il preesistente impianto risalente agli anni '50;

- inadeguatezza delle regole e delle misure di prevenzione rispetto alle specificità delle
realtà lavorative;

- assenza di codici di condotta e di “buone regole” idonei a orientare, su base volontaria, l'azione prevenzionale delle imprese;

- incongruenza dei regime delle responsabilità mprenditoriali e irragionevole ipertrofia dell'apparato sanzionatorio penale;

- frammentazione delle competenze istituzionali (accentuata dalla intervenuta potestà legislativa concorrente delle Regioni), con conseguenti sovrapposizioni di interventi e possibili difformità di indirizzi;
insufficiente promozione e diffusione della cultura della prevenzione.


Siamo tuttora convinti che, nel nostro Paese, il baricentro del sistema di tutela della salute e sicurezza sui lavoro debba disancorarsi dalla pervasiva logica della mera repressione, insufficiente e spesso inutile, e debba essere invece improntato alla diversa logica del sostegno e supporto verso i soggetti della prevenzione (lavoratori e imprese), attraverso scelte di fondo quali:

·        la congruenza delle tutele rispetto all'evoluzione del mondo del lavoro;

·        la semplificazione e la chiarezza delle norme e delle procedure e l’univocità delle interpretazioni;

·        un approccio "amichevole" e consulenziale delle pubbliche amministrazioni;

·        lo sviluppo di "best practices";

·        la rinuncia al primato dell'azione repressiva e della sanzione penale, da ricondurre al rango effettivo di estrema "ratio";

·        l'eliminazione di competenze istituzionali sovrapposte e confliggenti.

I criteri direttivi della delega conferita al Governo dalla legge n. 229/20021 hanno fornito una prima risposta a queste esigenze, laddove si sono rese interpreti di un intento redazionale non meramente compilativo ma orientato anche ad immettere nel sistema della prevenzione dei rischi lavorativi elementi di maggiore efficacia, efficienza ed equità.

Rispetto a tali criteri, il provvedimento varato dal Consiglio dei Ministri, seppure con talune carenze ed incongruenze, si muove nella giusta direzione.

In questo senso, sono certamente apprezzabili:

- la non facile opera di riordino, coordinamento e armonizzazione di una disciplina ormai sedimentata, eterogenea, poco chiara e scarsamente efficace;

- l'estensione della tutela, con opportuni adattamenti, a tutte le forme di lavoro dipendente e nell'area dei lavoro autonomo;

- l'introduzione di previsioni volte ad accrescere l'esigibilità degli adempimenti aziendali attraverso:

-      alcune semplificazioni;

-   il richiamo al principio della "concreta attuabilità" delle misure di prevenzione affermato dalla Corte Costituzionale;

- la valorizzazione delle norme tecniche e delle "best practices" a carattere volontario, quale base per interventi di prevenzione funzionali agli obiettivi di sicurezza e rispondenti alle specificità dei processo e dell'ambiente produttivo, fatte salve l'intangibilità degli obblighi fondamentali e la sanzionabilità penale della loro violazione.


Sono anche condivisibili in via di principio ‑ma richiedono una più meditata e puntuale declinazione‑ le indicazioni dei provvedimento volte, da un lato, a sviluppare un dialogo costruttivo tra aziende e organi di vigilanza in grado di ridurre la repressione penale al rango di "estrema ratio", dall'altro, a rilanciare e rendere più incisivo il ruolo della bilateralità nel settore della sicurezza.

Sotto quest'ultimo profilo il giudizio rimane necessariamente sospeso in attesa delle dovute verifiche con le organizzazioni sindacali.

Per altro verso, preme inoltre dover rilevare l'inadeguata o insufficiente attuazione degli importanti principi di delega con i quali sono stati previsti interventi di depenalizzazione degli adempimenti aziendali di contenuto meramente formale/documentale e di riassetto generale delle competenze istituzionali nella materia.

Con l'auspicio che dal confronto sui contenuti dell'emanando decreto legisiativo possa emergere, con ragionevolezza e spirito costruttivo, un riassetto della sicurezza nei luoghi di lavoro orientato alla effettiva salvaguardia dell'integrità delle persone e della competitività del sistema produttivo, si riportano di seguito alcune considerazioni di ordine generale sui principali aspetti di merito dello schema di decreto, facendo rinvio al documento allegato di proposte emendative.


Considerazioni generali

Lo schema di decreto legislativo approvato in prima lettura riflette di massima i criteri direttivi della delega conferita al Governo dalla legge n.22912003 (art‑3), pur se con alcune incertezze talora di portata significativa.

E' certamente condivisibile la finalità di fondo dei provvedimenti, indicata nell'innalzamento della qualità e sicurezza dei lavoro con contestuale alleggerimento dei vincoli meramente formali e burocratici, attraverso:

1)  l'ampliamento del campo di applicazione della normativa antinfortunistica, con particolare riguardo alle tipologie lavorative regolate dal Dlgs n. 276/2003;

2)   una strategia prevenzionistica incentrata:

·        sulla realizzazione di obiettivi sostanziali di tutela della salute e sicurezza presidiati dall'apparato sanzionatorio e non solo sull'adempimento di regole formali;

.         sulla attenzione alla concretezza ed esigibilità dei precetti, prima ancora che alla repressione, certamente necessaria, della loro violazione,

·        sullo "svecchiamento" delle soluzioni prevenzionali di natura tecnico‑costruttiva e organizzativo‑procedurale, tuttora ancorate ad una normativa ormai cinquantennale;

3)  l’introduzione di strumenti e modalità di orientamento e incentivazione che inducano le imprese a perseguire condotte socialmente responsabili;

4)   un’adeguata valorizzazione del dialogo sociale e della bilateralità, quale fattore di controllo sociale;

5)   una riformulazione dell'apparato sanzionatorio, la revisione del regime delle responsabilità e la depenalizzazione di alcuni adempimenti di carattere meramente formale/documentale;

6)   alcune modifiche dell'assetto istituzionale.

Al di là della doverosa estensione della tutela prevenzionistica secondo un regime calibrato sulle peculiarità di forme di lavoro e figure di lavoratori in precedenza non contemplate ‑a corollario di quanto già previsto dalla legge Biagi sulla riforma del mercato del lavoro o in conseguenza di specifiche raccomandazioni provenienti dall'Unione Europea (è il caso dei lavoratori autonomi)‑ meritano di essere analizzati più nel dettaglio gli altri profili appena richiamati, anche al fine di evidenziarne carenze e contraddizioni, laddove presenti.

Strategia prevenzionística

Rispondono di massima alle logiche di una strategia by obectives le previsioni del provvedimento che:

a)   individuano e incorporano nel testo normativo, con carattere di cogenza e presidio sanzionatorio, i principi fondamentali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro contenuti nella normativa al momento vigente;

b)   in piena coerenza con gli indirizzi UE, identificano nell’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, nella loro riduzione al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, la via per rendere effettivamente esigibili i suddetti principi;

c)   fanno rinvio alle "norme di buona tecnica” ed alle "buone prassi” a carattere volontario ‑ rispettivamente, codificate e validate da enti ed organismi espressamente indicati ‑



quale via per introdurre nell'ordinarnento un meccanismo di adeguamento automatico all’evoluzione degli standard di sicurezza indotta dal progresso tecnico, rispetto a soluzioni tecnico‑costruttive e organizzativo‑procedurali accolte e rese cogenti nei decreti presidenziali degli anni '55 e '56;



d)   conseguentemente, derubricano questi stessi decreti a norme di buona tecnica e buona prassi, peraltro limitatamente alle sole previsioni concernenti soluzioni tecnico-costruttive e organizzativo‑procedurali ritenute obsolete e ferma restando la trasposizione nello schema di decreto e nei relativi allegati delle previsioni degli stessi provvedimenti riconducibili a principi fondamentali e requisiti essenziali di prevenzione sanzionati.

In merito al tema della esigibilità dei precetti (punti a, b e c), è opportuno osservare come sussista una oggettiva sintonia tra il richiamo del dettato normativo al “progresso tecnico" ed il concetto ‑frutto della elaborazione di una parte della giurisprudenza e della dottrina‑ della c.d. "massima sicurezza tecnologicamente fattibile».

Lo schema di provvedimento, tuttavia, si spinge oltre, traducendo finalmente sul piano normativo un principio cardine per l'assolvimento degli obblighi di sicurezza, enunciato dalla Corte Costituzionale con una fondamentale sentenza del 1996. Vale a dire l'assunzione delle "misure tecniche, organizzative e procedurali concretamente attuabili nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, in quanto generalmente utilizzate", quale indirizzo operativo rispetto all'obiettivo ideale della massima sicurezza cui tendere in base alla evoluzione tecnologica, organizzativa e procedurale dei processi produttivi.

In tal modo, il concetto di "massima sicurezza tecnologicamente fattibile" perde i connotati di astrattezza e problematica esigibilità che lo caratterizzano e viene di fatto ancorato a oggettivi riscontri attuativi per il tramite dell'altro concetto, in questo senso complementare e non alternativo, della "massima sicurezza concretamente attuabile".

Peraltro, l'oggettività delle "misure concretamente attuabili" scaturisce dalla tendenziale coincidenza delle stesse con le "norme di buona tecnica" e le "buone prassi” (fermo restando, ovviamente, che tutte possono trovare spazio attuativo solo laddove le misure da adottare non siano puntualmente individuate dal decreto attraverso precetti obbligatori a contenuto rigido e sanzionato).

Tale coincidenza, di fatto, vale a fugare il rischio, da taluno paventato, dell'”autoreferenzialità", vale a dire di un “disimpegno” delle imprese dal continuo miglioramento della sicurezza e dei relativi standard, in conseguenza della pretesa possibilità per le stesse di "governare" il parametro dell"'utilizzo generalizzato" (base di determinazione delle "misure concretamente attuabili"), facendo "cartello al ribasso" sui livelli di tutela.

Un rischio, a ben vedere, privo di logico fondamento, ove si consideri che lo stesso provvedimento riconosce/affida a specifici enti di normazione accreditati, ad enti pubblici attivi nel settore della prevenzione, alle parti sociali e, per esse, alla bilateralità, sotto il controllo di un organismo governativo (la Commissione permanente presso il Ministero del lavoro) la determinazione di detti standard attraverso un'opera di costante aggiornamento delle norme di buona tecnica e delle buone prassi, in una logica che fa di queste, da un lato, lo specchio fedele dello stadio evolutivo in atto quanto alla media dei comportamenti “virtuosi" di settore, dall'altro, un fattore di stimolo per ulteriori evoluzioni migliorative.

Riguardo al tema della derubricazione dei decreti presidenziali degli anni '50 a norme di buona tecnica e buone prassi (punto d), non si condivide l'opinione di chi fa discendere da tale previsione dello schema di provvedimento un effetto di sostanziale depenalizzazione del sistema prevezionistico.

E' da considerare anzitutto che esistono nel nostro ordinamento precedenti esperienze di trasformazione di prescrizioni legislative di prevenzione sanzionate penalmente in norme volontarie di buona tecnica e buone prassi (l'art. 46, comma 2, della legge 24.4.1998, n. 128, ha derubricato a “norme", ai sensi della legge 21.6.1986, n. 317, le disposizioni di carattere costruttivo concernenti le macchine, i componenti di sicurezza ed altri prodotti industriali, contenute, tra l'altro, nei decreti presidenziali n. 547/1955, n. 164/1956, n. 320/1956, n. 323/1956).

Inoltre, le norme derubricate sono solo quelle relative ad elementi di natura tecnico­-costruttiva e organizzativo‑procedurale ritenuti obsoleti.

Tanto premesso, è certamente vero che la mancata ottemperanza alle disposizioni tecniche o organizzative dei decreti degli anni '50, una volta trasformate in norme di buona tecnica o buone prassi, non integrerebbe più, come per qualsiasi altra "norma" o "prassi” volontaria, gli estremi di un illecito.

Ma si trascura di considerare che tutti i principi fondamentali e gli eventuali e connessi requisiti essenziali di prevenzione, sottesi ai precetti da derubricare e, oggi, sanciti e sanzionati dei decreti presidenziali degli anni '50, vengono integralmente trasposti nell'emanando provvedimento o nei suoi allegati, con il puntuale corredo di sanzioni per la relativa violazione.

Dunque un falso problema, che rischia di porre in ombra la vera novità costituita dalla possibilità di aggiornare le soluzioni prevenzionali di natura tecnico‑costruttiva e organizzativo‑procedurale, al momento "obbligatoriamente" ferme agli anni '50 (fatto salvo il riemergere dei l'obsolescenza/inadeguatezza delle misure adottate, quale elemento accusatorio proposto nei procedimenti di responsabilità a carico dei datori di lavoro in forza dell'art. 2087 c.c.) (a questo proposito, v. successivo paragrafo).

In definitiva, tale aggiornamento viene perseguito attraverso il riconoscimento alle imprese della libertà di scegliere, nell'ambito delle norme di buona tecnica o delle buone prassi a carattere volontario (ivi comprese quelle così derubricate dai decreti degli anni '50) o anche al di fuori di tale ambito, le soluzioni tecnico‑costruttive e organizzativo-­procedurali ritenute più idonee alla realizzazione delle prescrizioni del decreto (semprechè, beninteso, queste ultime non indichino espressamente e puntualmente la soluzione da adottare, sanzionandone l'omissione).

Orientamento e incentivazione

Nel "sistema" delineato dallo schema di decreto, la promozione dlí misuire di sicurezza più aggiornate, moderne ed efficaci ai fini della tutela dei lavoratori fa, leva, in primo luogo, sul ripristino dello strumento ispettivo della "disposizione" (art. 32).

In tal modo si intende evidentemente "sollecitare" e supportare, in una fase amministrativa e attraverso il dialogo tra datore di lavoro e organo di vigilanza, l'assolvimento da parte delle imprese degli obblighi di sicurezza, nella logica del prevalente interesse alla regolarizzazione della violazione a tutela dei lavoratori, piuttosto che all'applicazione della sanzione.

Peraltro, il provvedimento interviene in modo parziale laddove è invece necessario accomunare illeciti sia amministrativi che penali in una fase propedeutica fortemente orientata ad ottenere l'adempimento degli obblighi di cui sia accertata la violazione .

Inoltre l'uso della potestà dispositiva viene espressamente finalizzato all’adozione di norme di buona tecnica e buona prassi che, conseguentemente, sembrano acquisire valore cogente, in netta contraddizione con il loro carattere volontario.

Al contrario deve essere espressamente sancita l'assoluta libertà, per l'azienda, di adottare una tra le norme di buona tecnica e buone prassi individuate dal provvedimento e, per altro verso, deve essere introdotto il principio secondo cui l'ispettore non può imporre l'adozione di una norma di buona tecnica o buona prassi diversa da quella liberamente scelta e adottata dall'impresa.

Una seconda leva promozionale è costituita dall'introduzione del "principio di conformità", enunciato in alcuni articoli dello schema di decreto (artt. 42, 46, 56, 74), secondo i quali l'adozione di norme di buona tecnica e di buone prassi conferisce una presunzione di conformità ai principi fondamentali ed ai requisiti essenziali di sicurezza posti dallo stesso provvedimento.

In termini sostanzialmente non dissimili, pur se con formulazione diversa, la presunzione di conformità viene enunciata anche per le prescrizioni, cogenti e sanzionate, racchiuse nel decreto, rispetto all'art. 2087 cod. civ. (art. 1, comma 4),

In proposito è doveroso sottolineare come i contenuti di tale disposizione siano emblematici di quella tipologia di norme, diffuse nell'attuale ordinamento, che senza prescrivere comportamenti predeterminati, si limitano a indicare i risultati da conseguire, con l'effetto di attribuire all'organo di vigilanza e all'autorità giudiziaria , nelle valutazioni ex post in ordine alla correttezza dei l'adempimento, margini di discrezionailità talmente vasti da collidere con il principio costituzionale di legalità, fondato sui canoni della tassatività e della determinatezza della fattispecie penale (artt. 41 e 25 Cost.).

Quanto mai opportunamente, quindi, trova finalmente spazio in un testo normativo un canone di assoluta civiltà giuridica orientato a fornire di contenuto operativo l'art. 2087 cod. civ.

Emerge tuttavia, in tale contesto, stante l'attuale formulazione dell'art. 1, comma 4, la possibile interpretazione secondo cui l'attuazione dell'art. 2087 c.c. comporterebbe necessariamente l'adozione di norme di buona tecnica e buone prassi, ancora una volta in contrasto con il carattere volontario delle stesse.

Responsabilità e sanzioni

In attuazione dei criterio di delega concernente la revisione del regime delle responsabilità tenuto conto della posizione gerarchica all'interno dell'impresa e dei poteri in ordine agli adempimenti in materia di prevenzione nei luoghi di lavoro, viene opportunamente introdotta la previsione delle condizioni per una valida delega di funzioni. La disposizione mira a recepire legislativamente il consolidato indirizzo prevalente della giurisprudenza in materia.

Sarebbe in effetti anacronistico e non troverebbe valide giustificazioni continuare a riservare al solo datore di lavoro gli obblighi di valutazione dei rischi, di redazione del relativo documento, di individuazione delle misure di prevenzione e dei dispositivi di protezione individuali e di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, escludendo che tali obblighi possano formare oggetto di delega con trasferimento anche delle connesse responsabilità.

Peraltro, il testo va integrato, sulla scorta dei consolidati indirizzi giurisprudenziali, con le definizioni di dirigente e di preposto, al fine di renderne più chiari i ruoli e le responsabilità in funzione dei rispettivi compiti/incarichi.

Riguardo in particolare agli obblighi posti a carico del "preposto", l'attuale formulazione dell'art. 8 non contempla alcuni compiti e responsabilità che caratterizzano il profilo professionale di questa figura.

Inoltre, quale corollario del principio di presunzione di conformità del comportamento imprenditoriale all'art. 2087 cod. civ. e alle prescrizioni dell'emanando decreto legislativo (art. 1, comma 4, e artt. 42, 46, 57, 65, 74), occorre introdurre una previsione normativa volta a definire un nuovo regime di responsabilità per l'infortunio o la malattia professionale imputabile al soggetto cui incombono gli obblighi in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Tale previsione dovrebbe essere formulata con un ambito di applicazione riferibile anche a specifiche e controverse fattispecie come quella delle malattie professionali contratte per avvenuta esposizione all'amianto.

Quanto al criterio di delega concernente la ríformulazione dell'apparato sanzionatorio, con particolare riferimento alla previsione di sanzioni amministrative per gli adempimenti formali di carattere documentale, le attuali indicazioni del testo risultano parziali e necessitano di una integrazione.

Bilateratità

Merita apprezzamento in via generale l'intendimento del disposto normativo di accentuare e valorizzare il ruolo della bilateralità nella materia della salute e sicurezza sul lavoro, a partire dai compiti già attribuiti dalla contrattazione collettiva (per l'industria, accordi interconfederali del 22 giugno 1995 e del 18 gennaio 2002).

In particolare, sembrano condivisibili le funzioni di orientamento e promozione di iniziative formative ed elaborazione di buone pratiche a fini prevenzionistici, sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; prima istanza di riferimento in merito a controversie sui diritti di rappresentanza, informazione e formazione.

Peraltro, al di là di alcune imprecisioni terminologiche, non appaiono chiare ovvero sufficientemente declinate ovvero condivisibili le indicazioni concernenti:

‑          la previsione della dotazione di una struttura tecnica da attribuire agli enti bilaterali attraverso la contrattazione collettiva, vale a dire con oneri aggiuntivi a carico delle imprese;

‑     l'attribuzione agli enti bilaterali, in contraddizione con la natura degli stessi, di un ruolo di verifica e certificazione sul rispetto delle norme di sicurezza, in assenza degli imprescindibili requisiti di terzietà e specifica competenza richiesti ai soggetti abilitati allo svolgimento di tali attività.

Tali indicazioni creano perplessità in ordine all'effettiva portata ed alla reale incidenza della innovazione delineata. Per una più puntuale e conclusiva valutazione occorrerà, tuttavia, attendere l'esito di una necessaria verifica con le organizzazioni sindacali.

Riassetto istituzionale

Le attuali previsioni appaiono limitate ed insufficienti.
In particolare, non sono state riprese le puntuali proposte formulate dal CNEL (marzo 2004) e condivise, in tale sede, dalle parti sociali, dagli enti interessati e dallo stesso Ministero del Lavoro, in ordine alla necessaria riorganizzazione su base tripartita della Commissione permanente per la prevenzione degli infortuni e dellie malattie professionali, presso il Ministero del Lavoro.
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Nofer
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Iscritto il: 06 ott 2004 21:09

Non essere pessimista, su!, catanghino, che questo è un buon segno!
Io penso che magari adesso sta a noi, professionisti e associazioni e volontari e insomma "persone normali cittadini italiani" trovare il sistema, i canali, i metodi perchè sia un buon testo unico, la prossima bozza che si farà.
Dicevo stamattina con un cliente che è arrivato il momento che la parte più produttiva del paese (non mi piace definirla impegnata perchè è una parola con connotazione politica a mio avviso limitante e limitata) si rimbocchi le maniche seriamente e ci si attivi dalle piccole quotidianità a raddrizzare 'sta specie di barca "abboccata" prima di scuffiare.
Rinnovo l'invito a scrivercelo da noi. Anzi, sapete che faccio?
da mercoledì prossimo (prima ho già preso ulteriori impegni...) io mi metto piena di buona volontà con il caro, vecchio, buon 303, e inizio a risistemarlo con l'ottica del 2005, che alla fine 50 anni pure sono passati e una restaurata è opportuna, e delle direttive europee già emanate, sul brogliaccio di lavoro del 626. Se qualcuno di lorsignori si mettesse a fare le pulci al 547, contemporaneamente, magari uno si fa le macchine e un altro i mezzi di sollevamento, un altro ancora i luoghi di lavoro, impianti e macchine elettriche e così via, magari per la fine di luglio abbiamo finito e chiunque ci sia glielo andiamo a portare tutto bello diviso in Titoli, Capi, e articoli. E, per piacere, articoli brevi, con il loro titoletto che uno capisce di che parla. Gli allegati, divertiamoci, mettiamoci di tutto e di più, ma che sia sufficientemente generale da risultare automaticamente adeguabile al progresso tecnico senza bisognodi farci altre leggi, leggine leggiarelle che altrimenti tra 15 anni stiamo (sarete!) punto e a capo.
Nofer
P.S. Non so se poi funzionerà, ma mi entusiasma l'idea di poter fare qualcosa per il mio paese: forse, persino molto più che non se fosse il mio paese a farla per me...
Nofer
_______________________________________
Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
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freddy
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Iscritto il: 14 ott 2004 19:28

Oggi il governo ha ritirato il T.U. !!!!!  :smt023  :smt003  come sono felice. Propongo un super brindisi virtuale

 "Intelligenti pauca "
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Onesto
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Iscritto il: 29 dic 2004 17:32

Come volevasi dimostrare.
Quando si fanno le cose con i piedi alla fine anche in un paese farsa come il nostro si cede.
E' una bella legnata per chi ha avuto il coraggio di partorire un simile aborto.
Sono mesi che vado dicendolo (basta guardare tutti i messaggi che ho scritto in questo thread e in quello precedente).
Ho visto che anche l'amico Stilo che mi sembrava reputasse le critiche venissero solo da una "certa parte" alla fine si e' reso conto che anche "l'altra parte" ha realizzato alla fine di aver fatto una cosa così schifosa che ha dovuto mettere la coda tra le gambe e ritirare tutto.
Una gran bella figura non c'e' che dire!
Complimenti ... veramente tanti complimenti!
E non sto a rispolverare quante mail mi sono sono arrivate di associazioni di ogni genere e tipo per convegni, congressi, seminari, ecc.... sul testo unico ... robe proprio da paese farsa.
Hanno speso (e abbiamo speso) mesi e mesi a scrivere a discutere sul niente piu' assoluto.
Tutti qua dentro ci rendevamo conto dell'obbrobrio creato ma nessuno in alto sembrava voler accettare di aver prodotto una perfetta' inutilita' che distruggeva il sistema di tutele faticosamente raggiunto in altre 50 anni.
Alla fine pero' e' importante aver realizzato che doveva essere buttato tutto nel cestino (ormai mancava solo il Padreeternosantissimo a dire che era da buttare ... gia' perche' l'avevano detto tutti (dalla conferenza stato regioni al consiglio di stato, .....).
sapete che vi dico?
Sto vedendo con soddisfazione ultimamente che stiamo avendo (come popolo italiano) un certo  ritorno di fiamma per un minimo di legalita' in un paese devastato in questi ultimi anni dalla disonesta' a 360 gradi.

Concordo poi in pieno con quanto detto da Nofer.
IL TESTO UNICO LO DEVONO SCRIVERE I MASSIMI ESPERTI CHE CI SONO QUA DENTRO (e non quattro burocrati).
Allora io dico ok e' giusto che lo scriviate (perche' io mi tiro fuori in quanto' non ho certo le competenze che hanno i personaggi di questo forum) ma sarebbe anche giusto che il tutto non fosse gratis e per amor di patria solamente (e che diamine gia' fate l'onlus dalla mattina alla sera!).
Allora io penso e dico in questo momento che sarebbe una grandissima idea scrivere UN VERO TESTO UNICO ma che si potrebbe far vendere ad un prezzo modico a sicurezzaonline così diamo la possibilita' di un finanziamento a chi notte e giorno ha sempre lavorato per fornirci questi bellissimi strumenti che sono il forum e il sito di sicurezzaonline.
E' solo un'idea che non so pero' se trovi d'accordo chi poi dovrà scrivere materialmente (ognuno per le proprie materie di competenza) il VERO TESTO UNICO (che solo voi potete scrivere come ho sempre sostenuto da anni ormai).

Concludo accodandomi con quanto detto da catanga.
C'E' SOLO DA AUGURARSI CHE IL NUOVO T.U. SIA INFINITAMENTE MIGLIORE DI QUELLO COSI' MALAMENTE REDATTO E GIA' BUTTATO!

Saluti da
Onesto  :smt025


PS: Per dar ragione a quanto sopra riportato "post rigetto testo unico" mi auto-quoto, copia-incollando più sotto, quanto da me detto in epoca non sospetta il 22.02.2005 alle ore 19.25 e vi saluto di nuovo cordialmente.
Onesto ha scritto:Per l'amico Stilo segnalo che la fonte e' un sito del settore sicurezza schierato a sinistra.

Questo comunque conta in modo IRRILEVANTE (come il due di coppe a briscola di bastoni ... ma forse anche meno).

Basta aprirlo questo TU su di una pagina a caso e leggerla perche' comincino a correre i brividi lungo la schiena.

E' un vero e proprio schifo che va a detrimento di tutti e in particolare dei professionisti seri ed e' utile solo ad alimentare una pletora di gente che altrimenti non avrebbe senso di esistere (avvocati, commercialisti/coordinatori/valutatori, associazioni di categoria, ecc...) e che viene tenuta in piedi solo da schifi come questo che lasciano adito a mld di interpretazione per cui, appunto, serve tutta quella moltitudine di inutilita'.

L'ho detto un mld di volte ... le leggi tecniche le devono fare i tecnici e non quattro legulei burocratizzati inchiodati a delle sedie da una vita.

Solo chi ha gli stivali sporchi di fango e scrive qua dentro (naturalmente) puo' permettersi di dire come deve essere fatta la sicurezza nei cantieri (leggasi nella fattispecie linoemilio, catanga e tutti gli altri cantieristi).
Solo chi ha anni di esperienza nella dismissione di amianto o nei rilevi di rumore puo' mettere nero su bianco delle norme tecniche chiare e non interpretabili da chiccessia e chissacome (leggasi Nofer) ... ecc... ecc... ecc...

Potrei continuare all'infinito ma mi fermo perche' sono stanco di nausearvi con i soliti (anche se per me giustificabilissimi) discorsi che in un Paese meno pragmatico della Nuova Guinea (come ben diceva catanga in altro post) non portano comunque a niente di niente.
Purtroppo...

Ancora saluti da
Onesto  :smt011
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Delma
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Partecipo volentieri al brindisi virtuale!!
per fortuna non siamo stati gli unici a mostrare chiare le nostre perplessità fin dal primo giorno!
Luca
Agisci da uomo di pensiero e pensa da uomo di azione. (Henry Bergson)
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freddy
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Iscritto il: 14 ott 2004 19:28

L'idea di onesto di scrivere un vero TU non mi sembra male, ma seguendo i pensieri a suo tempo elucubrati dai mitici del forum (fra cui la Nofer), io direi che sarebbe l'ora di proporsi come esperti per la redazione del TU a forze politiche che vogliono davvero la sicurezza, ossia partiti politici, sindacati ed in genere a quelli che hanno il potere in mano e sentono il bisogno di legalità sul lavoro
So che è un sogno :smt045 ,  ma mi piace sognare

 "Intelligenti pauca "
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Onesto
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Iscritto il: 29 dic 2004 17:32

freddy ha scritto:......a forze politiche che vogliono davvero la sicurezza, ossia partiti politici, sindacati ed in genere a quelli che hanno il potere in mano e sentono il bisogno di legalità sul lavoro....
E' proprio qua che sbagli caro freddy.
E' proprio qua che metti il dito nella piaga.
Noi dobbiamo essere 'super partes' e fare una cosa (IL VERO TESTO UNICO) che puo' servire a tutti imprenditori, consulenti, lavoratori, ... MA NON TOCCHIAMO LA POLITICA per carita'.
E' vero sono loro che decidono e che hanno il potere ma troppe e tante sono le pressioni di lobbies di ogni genere e tipo che non si riuscirebbe mai a produrre niente di buono.
La politica la lasciamo ai politici ... e noi (meglio voi) vi occuperete di cose tecniche.
Purtroppo e' sempre stato storicamente così nel nostro paese che e', lo ricordo, intimamente mafioso da nord a sud e da est a ovest .
Quando entra la politica si fanno le cose per favorire questo piuttosto di quello questa associazione di categoria piuttosto che quell'altra e non certo per fornire al cittadino delle leggi incontrovertibilmente non opinabili da alcuno come solo dei tecnici VERI come voi riuscireste a fare.
Quindi ribadisco il testo unico ce lo facciamo tra noi e poi i politici o i burocrati possono comprarselo e capire (se mai ne avranno voglia) come si fanno delle leggi sane e non discutibili che ben difficilmente darebbero da mangiare ad una pletora di inutili e deleteri (per la societa') venditori di chiacchiere (....e non fatemi dire chi sono che gia' lo sapete).

Salutoni ancora da

Onesto   :smt001 .... oggi particolarmente infervorato (ma anche galvanizzato per il rigetto del TU).
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