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divieto di fumo - sanzionabilità

Archivio Igiene del lavoro/Microclima/DPI/Segnaletica.
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Massimo.

La legge 3/2003 art.51 al comma 7 indica di ridefinire le procedure per l'accertamento delle sanzioni e chiede, fra l'altro, di individuare i soggetti deputati a irrogare le sanzioni. Questa ridefinizione dovrebbe essere contenuta nell'accordo fra Ministero e Regioni in atti dal 24/7/2003, ma a me pare che fra i 7 punti di questo Accordo non vi sia alcuna indicazione in proposito. Rifacendomi anche all'art.7 della 584/1975 inasprita dalla finanziaria 2002, non mi pare comunque chiara la definizione dei soggetti deputati allo scopo. Qualcuno sa chiarirmi questi aspetti?
Onesto.

Ti 'travaso' un po' di roba vista al volo sul web
Non so se ti possa essere utile non avendola letta ma te la passo lo stesso

Ciao

Onesto


Legge anti fumo: le regole
Dal 10 gennaio scatta il divieto per i luoghi di lavoro e di ritrovo. I dubbi dei datori di lavoro.

Le volute di fumo non accompagneranno più i viaggi in treno lungo la Penisola. Da domenica prossima, su tutti i vagoni della flotta Trenitalia si dovrà rinunciare al riflesso automatico o al "gesto" nervoso di accendersi una sigaretta. Quasi una prova generale per il divieto di fumo che da lunedì 10 gennaio debutterà negli uffici privati e nei pubblici esercizi.
Trenitalia — testimone il ministro della Salute, Girolamo Sirchia — ha presentato ieri l'ultima tappa del percorso iniziato nell'aprile 2003 con la campagna «Libertà di non fumare» sui treni del trasporto regionale.
«Effettueremo — preannuncia l'ad di Trenitalia, Roberto Testore — controlli serrati con il nostro personale: se gli inviti a smettere di fumare non fossero accolti da chi viola la disposizione, ricorreremo anche a sanzioni pecuniarie». La • multa, in questo caso, è fissata in sette euro.
«Il fumo di tabacco è causa di malattie e di morte che — spiega il ministro Sirchia — non possiamo permetterci più: bisogna smetterla di intossicare gli altri con questo contaminante molto pericoloso».
Il divieto è dunque una scelta senza ripensamenti. E Sirchia taglia corto rispetto alle difficoltà che in questi giorni vengono palesate dai titolari di bar e ristoranti. «Gli esercenti — afferma — non sono obbligati a creare gli spazi per i fumatori ma solo a tutelare i non fumatori. Quindi, se non è possibile creare uno spazio apposito, i fumatori non devono accendere la sigaretta».
In realtà per l'applicazione del divieto devono ancora essere chiariti molti elementi. A cominciare dalle informazioni da riportare sui cartelli di «divieto di fumo»: la misura delle sanzioni sarà aumentata del 10% attraverso la Finanziaria 2005, che è ancora in discussione alla Camera e basterebbe questo per lasciare in sospeso, fino alla vigilia di Natale quando presumibilmente la manovra diventerà definitiva, la commessa degli avvisi di divieto. Ma il nodo — come evidenziano i vertici di Fipe (la federazione dei pubblici esercizi aderente a Confcomemrcio) e Fipet (la Federazione associata a Confeserccenti) è rappresentato dalle responsabilità. I titolari di bar e ristoranti non possono essere trasformati in «sceriffi», protestano all'unisono Edi Sommariva (direttore di Fipe) e Tullio Galli (segretario generale di Fipet). «Non c'è scritto da nessuna parte nella legge — sostiene Sommariva — che l'esercente debba fare il delatore rispetto al cliente che accende una sigaretta nel suo locale. Se si tratta di utilizzare la moral suasion siamo d'accordo, ma ristoratori e baristi non possono essere costretti a perseguire i fumatori».
Sulla stessa linea Galli della Fipet, che lamenta anche il mancato confronto da parte del ministero su questo punto. La bozza di accordo predisposta in sede tecnica dalla Conferenza Stato-Regioni, che individua nei conduttori dei locali (o nei collaboratori da esse delegati) i responsabili a vigilare, a richiamare i trasgressori sull'osservanza del divieto e a segnalare alla polizia locale le infrazioni, sembra oggetto di ripensamento. Il ministero per ora tace, in attesa che Stato, Regioni e Province autonome definiscano procedure omogenee per contestare le violazioni. E in assenza di un quadro definito, a meno di un mese dal debutto del divieto, prende forza la richiesta di proroga da parte delle Federazioni dei titolari di esercizi pubblici.


La vigilanza tocca al datore di lavoro

Negli uffici, i dirigenti della pubblica amministrazione e i responsabili della struttura privata, attraverso i loro collaboratori, sono tenuti a vigilare sul divieto di fumo e ad accertare eventuali infrazioni. Tuttavia, negli esercizi pubblici — bar e ristoranti — deve ancora essere risolto il problema della responsabilità (si veda l'altro articolo): secondo un orientamento emerso in sede tecnica in Conferenza Stato-Regioni (su cui sembra ci sia una marcia indietro) i compiti di sorveglianza e segnalazione circa le infrazioni dovrebbero ricadere sui conduttori dei locali. La delega a collaboratori o funzionari deve essere conferita in modo formale.
Il datore di lavoro o il gestore dell'attività commerciale dovranno predisporre i cartelli di «divieto di fumo», con l'indicazione della disciplina di riferimento, le sanzioni applicabili e il nominativo dell'incaricato alla vigilanza e all'accertamento dell'infrazione.
Queste prescrizioni sono ben definite per gli uffici pubblici e gli ambienti nei quali vige il divieto in base alla legge 584/1975. Si va dalle corsie di ospedale alle metropolitane, dai cinema alle scuole, dalle biblioteche ai musei. E con la direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 14 dicembre 1995 il divieto è stato esteso a tutte le amministrazioni pubbliche (articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 29/93), dopo alcuni interpretazioni estensive dei giudici amministrativi. Sono dunque «no smoking», oltre agli uffici statali, gli edifici di Regioni, Province, Comuni, università, Camere di commercio eccetera. E il rispetto del divieto vale anche per i locali privati in cui si svolge comunque un servizio pubblico in regime di concessione o appalto.
Per quanto riguarda il divieto della legge 3/03 negli esercizi pubblici — bar e ristoranti, per esempio — e nei luoghi di lavoro nelle attività d'ufficio, le procedure per vigilare sull'osservanza del divieto e contestare le sanzioni saranno invece definite con un accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, cui si sta lavorando in questi giorni. Le linee di indirizzo — che erano attese entro la primavera del 2003 — sono infatti in fase di elaborazione nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni (si veda «Il Sole-24 Ore» dell'8 dicembre), che dovrebbe esaminarle giovedì 16 dicembre.
Con il divieto di fumo negli spazi chiusi — tranne che nei locali appositamente attrezzati e contraddistinti — l'accordo dovrebbe costituire un vademecum "generale" sulle procedure di accertamento delle infrazioni, valido sia per l'amministrazione pubblica che per i privati. Verrà dunque definita la modulistica, così come saranno individuati gli abilitati a compilare i verbali e l'autorità tenuta a irrogare la sanzione.
I responsabili dovranno vigilare sull'osservanza del divieto. Attualmente, negli uffici pubblici, il funzionario abilitato dovrà procedere alla contestazione delle infrazioni e verbalizzarle, utilizzando il modulo di contestazione. Trascorso inutilmente il termine per il pagamento in misura ridotta, 60 giorni, chi ha accertato la violazione presenterà rapporto al prefetto, con la prova delle contestazioni o della notifica al trasgressore.
Nei locali condotti da privati, al responsabile della struttura, ovvero al dipendente o al collaboratore incaricato, tocca richiamare i trasgressori: le infrazioni vanno segnalate ai vigili urbani, che possono anche contestare direttamente l'infrazione. Uguale potere hanno anche gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria.



Il dipendente rischia sanzioni disciplinari

Il divieto di fumo va inquadrato nell'ambito della tutela della salute. Secondo la Corte costituzionale (sentenza 20 dicembre 1996, n. 399) pur non essendo ravvisabile nel diritto positivo un divieto assoluto e generalizzato di fumare in ogni luogo di lavoro chiuso, la legittimità di tale imposizione da parte del datore di lavoro trova il suo fondamento in altre norme «intese a proteggere la salute dei lavoratori da tutto ciò che è atto a danneggiarla, ivi compreso il fumo passivo». In questa direzione vanno l'articolo 32 della Costituzione e l'articolo 2087 del Codice civile, che impone al datore di lavoro l'adozione di misure idonee alla tutela fisica e morale dei propri dipendenti e la conseguente legislazione speciale in materia di sicurezza e tutela della salute sui luoghi di lavoro.
Poiché il fumo da sigaretta costituisce «fonte di inquinamento dell'ambiente di lavoro», nonché «causa di danno tanto per i fumatori quanto per i non fumatori», il datore di lavoro può, al fine di preservare la salute psico-fisica dei dipendenti e soprattutto dei non fumatori, imporre negli ambienti di lavoro il divieto assoluto e generalizzato di fumare.
La soluzione prospettata in sede giurisprudenziale sembra peraltro confortata dalle recenti disposizioni legislative. L'articolo 51 della legge 3/03 sancisce che «è vietato fumare nei locali chiusi (....) a eccezione di quelli riservati ai fumatori». Tuttavia, la norma, limitandosi a descrivere i requisiti igienici essenziali che devono essere rispettati nei «luoghi di lavoro riservati ai fumatori», nulla dice in merito a un obbligo del datore di lavoro di predisporre tali locali all'interno dell'azienda.
In altri termini, la nuova disciplina legislativa stabilisce i criteri che il datore di lavoro è tenuto ad adottare nel caso in cui si intenda consentire il diritto al fumo nei locali dell'impresa, con la conseguenza che nel caso in cui non sia possibile assicurare una idonea separazione degli ambienti, vigerà il divieto assoluto di fumo.
In questo quadro non sembra contestabile che il datore di lavoro, al fine di preservare la salute dei propri dipendenti, possa intervenire non solo con misure preventive, ma anche successive di carattere disciplinare, qualora uno o più dipendenti rifiutino di ottemperare al divieto di fumo legittimamente imposto dal datore stesso.


IN AZIENDA

Il dovere del datore
Il datore di lavoro è obbligato a predisporre aree destinate ai fumatori?

No, si tratta di una facoltà. Per salvaguardare il diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della Costituzione, il fumo passivo in ambiente di lavoro rappresenta un rischio da prendere in esame, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 626/94, nell’ambito del documento di valutazione, per stabilire idonee misure di prevenzione. Ne consegue che il datore di lavoro privato e pubblico, nelle attività d’ufficio, può adottare il divieto assoluto di fumare in tutti i locali dell’edificio dell’azienda o dell’unità produttiva. La potestà va riconosciuta al datore di lavoro tenuto a organizzare e gestire l’azienda secondo le regole poste a tutela della salute e della sicurezza, in sintonia con l’articolo 41 della Costituzione.
Se il datore di lavoro sceglie di destinare aree ai fumatori, gli spazi devono avere le carattaristiche fissate dal Dpcm 23 dicembre 2003. Gli impianti di ventilazione e ricambio forzato dell’aria devono essere certificati.

La giurisprudenza
Quali sono gli orientamenti della giurisprudenza in relazione al fumo negli ambienti di lavoro?

La giurisprudenza sta delineando le responsabilità penali del datore di lavoro — o dei dirigenti nelle strutture complesse e nella «Pa» — con riferimento al dovere generale di sicurezza in virtù dell’articolo 2087 del Codice civile. Con la conseguente responsabilità, in caso di danno alla salute causato da fumo passivo, con riferimento alle ipotesi delittuose previste dal Codice penale per lesione personale colposa (articolo 590) e per omicidio colposo (articolo 589). Anche la Corte costituzionale (con una sentenza del 1996), pur in assenza nell’ordinamento di un divieto di fumo assoluto e generalizzato, ha riconosciuto la legittimità, da parte del datore di lavoro, di mettere off-limits le sigarette, per proteggere la salute dei lavoratori.

Multe & sanzioni
Quali sono le sanzioni per chi non osserva il divieto di fumo negli ambienti di lavoro?

Per chi trasgredisce il divieto di fumo la sanzione va da 25 a 250 euro; l’ammenda è raddoppiata quando la violazione è commessa in presenza di donne in evidente stato di gravidanza o di bambini fino a 12 anni. Si ricorda che la legge finanziaria 2005 prevede un ritocco delle sanzioni del 10 per cento.
L’inosservanza del divieto di fumare da parte del personale dipendente potrà comportare anche l’adozione di provvedimenti disciplinari per inadempimento alle norme contrattuali o regolamentari che disciplinano il rapporto di lavoro.
La vigilanza e la contestazione delle violazioni tocca al datore di lavoro o ai responsabili da lui esplicitamente delegati. I nominativi degli "abilitati" vanno indicati nei cartelli che recano l’indicazione di «divieto di fumo».
Massimo.

Grazie.
Sono spunti interessanti che mi confermano i dubbi che avevo.
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Iscritto il: 07 ott 2004 20:36

MINISTERO DELLA SALUTE
CIRCOLARE 17 dicembre 2004
Indicazioni interpretative e attuative dei divieti conseguenti all'entrata in vigore dell'articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori.
http://www.sicurezzaonline.it/leggi/leg ... 041217.htm

Il divieto di fumare trova applicazione non solo nei luoghi di lavoro pubblici, ma anche in tutti quelli privati, che siano aperti al pubblico o ad utenti. Tale accezione comprende gli stessi lavoratori dipendenti in quanto «utenti» dei locali nell'ambito dei
quali prestano la loro attivita' lavorativa. E' infatti interesse del datore di lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla salute
causati dal fumo.
In forza di detto generalizzato divieto, la realizzazione di aree per fumatori non rappresenta affatto un obbligo, ma una facolta', riservata ai pubblici esercizi e ai luoghi di lavoro che qualora
ritengano opportuno attrezzare locali riservati ai fumatori devono adeguarli ai requisiti tecnici dettati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003.
3. Per cio' che concerne l'ambito oggettivo di applicazione della norma, essa applica il divieto di fumo a tutti i locali chiusi pubblici e privati aperti ad utenti o al pubblico. Per quelli pubblici, poi, il comma 10 dell'art. 51 della legge n. 3/2003 mantiene immodificate le attuali disposizioni in materia, restando cosi' confermato il divieto totale di fumo in scuole, ospedali, uffici della pubblica amministrazione, autoveicoli di proprieta' dello Stato, di enti pubblici e di privati concessionari di pubblici
servizi per il trasporto collettivo di persone, taxi, metropolitane, treni, sale di attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie, autofilotranviarie e portuali-marittime, biblioteche, musei, pinacoteche. Le nuove prescrizioni del citato art. 51 «tutela della salute dei non fumatori» della legge n. 3 del 16 gennaio 2003, sono inoltre applicabili e vincolanti per la generalita' dei «locali chiusi» privati aperti ad utenti o al pubblico, di cui al comma 1 del medesimo articolo, ivi compresi, oltre a bar e ristoranti, circoli
privati e tutti i locali di intrattenimento, come le discoteche, e quelli ad essi assimilati, come le palestre, le sale corse, le sale gioco, le sale video games, le sale Bingo, i cinema multisala, i
teatri, salva solo la facolta' di  ttrezzare a norma aree riservate a fumatori. Resta fermo che, considerata la libera accessibilita' a tutti i locali di fumatori e non fumatori, la possibilita' di fumare
non puo' essere consentita se non in spazi di inferiore dimensione attrezzati all'interno dei locali, proprio per la definizione «riservati ai fumatori» utilizzata al comma 1b dell'art. 51 della legge n. 3/2003.

Al riguardo si precisa che sui soggetti responsabili della struttura o sui loro delegati ricadono gli obblighi di:
1) richiamare formalmente i trasgressori all'osservanza del divieto di fumare;
2) b) segnalare, in caso di inottemperanza al richiamo, il comportamento del o dei trasgressori, ai pubblici ufficiali e agenti ai quali competono la contestazione della violazione del divieto e la
conseguente redazione del verbale di contravvenzione.
Sara' loro cura anche esporre cartelli.

5. L'art. 2 della legge n. 584 dell'11 novembre 1975 inquadrato nel contesto organico della disciplina all'esame, porta ad escludere limitazioni agli obblighi dei gestori, i quali pertanto non sono tenuti soltanto alla materiale apposizione del cartello di divieto di
fumo ma anche ad attuare interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori osservando cosi' gli adempimenti previsti dal richiamato art. 4, lettera c), della direttiva 14 dicembre 1995.
Infatti, il tenore letterale del sopra citato art. 2, che recita testualmente «... curano l'osservanza del divieto ...», risulterebbe assolutamente privo di concreto significato pratico ove inteso nel
senso di limitare gli obblighi dei gestori alla mera esposizione del cartello, poiche' cio' non giustificherebbe in alcun modo la applicazione delle misure sanzionatorie
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Questo dovrebbe rispondere alla domanda.
weareblind
"A touch of evil"
We are blind to the worlds within us waiting to be born
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