Dunque, la situazione è questa (credo sia diffusa). Azienda che produce macchine. Per necessità di cablatura elettrica, almeno un paio di volte alla settimana si serve di artigiani esterni che lavorano in reparto, a volte in affiancamento di lavoratori dipendenti, a volte invece in "splendida solitudine". Gli artigiani fatturano regolarmente con partita iva.
Domanda: è consentita una situazione di questo tipo, da un punto di vista della legislazione del lavoro? Una volta (prima della Biagi), queste erano probabilmente intermediazioni di manodopera, ora però non ne sono più sicuro, dato che la Legge 1369/60 è stata abrogata.
Come muoversi? E' vietato dalla legislazione del lavoro oppure è consentito? E se è consentito è art. 7 oppure assimiliamo tutti come subordinati e la finiamo lì?
E se è art. 7, come cavolo applichiamo la norma?
Dubbi, dubbi, dubbi...
Ciao
Marzio
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A lui va la nostra gratitudine ed il nostro affettuoso ricordo.
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Intermediazione, art. 7, subordinazione...
Lavorano con le attrezzature di chi?
Sono trattati come lavoratori subordinati a tutti gli effetti o possono non osservare, esempio, orari di lavoro?
Se le attrezzature sono le loro sicuramente non è intermediazione. comunque, ad oggi è difficile che lo sia, mentre è più facile che si prefiguri un rapporto subordinato di fatto.
In tal caso, a prescindere dai rapporti di lavoro, devi trattarli come subordinati (ma secondo me non ci riuscirai mai), altrimenti è art. 7
Sono trattati come lavoratori subordinati a tutti gli effetti o possono non osservare, esempio, orari di lavoro?
Se le attrezzature sono le loro sicuramente non è intermediazione. comunque, ad oggi è difficile che lo sia, mentre è più facile che si prefiguri un rapporto subordinato di fatto.
In tal caso, a prescindere dai rapporti di lavoro, devi trattarli come subordinati (ma secondo me non ci riuscirai mai), altrimenti è art. 7
Lo Stato è come la religione: vale se la gente ci crede (Errico Malatesta)
per me art. 7 se sono artigiani o liberi professionisti esterni
sono "da trattare come subordinati" se ad es. interinali
salutoni
sono "da trattare come subordinati" se ad es. interinali
salutoni
la cultura del dono e il gioco della reputazione costituiscono il modo ottimale a livello globale per cooperare verso la produzione (e la verifica!) di lavoro creativo di alta qualità - E. S. Raymond
Penso che il problema di Marzio (e gli dò ragione) sia che, pur essendo, contrattualmente parlando, liberi professionisti, di fatto siano soggetti alle direttive altrui nello svolgimento del lavoro.
In tal caso la giurisprudenza è chiara: sono lavoratori subordinati.
In tal senso si possono fare le seguenti considerazioni:
1) ai sensi dell'art. 3, D.P.R. 547/55 - e dell'analogo art. 3, D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 - "per lavoratore subordinato s'intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un'arte o una professione". Per "lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui" si intende che, nel concreto svolgimento del rapporto di lavoro, i modi e i tempi di lavoro sono stabiliti dal datore o da un suo incaricato (Cass. pen. n. 6590 del 9 luglio 1997).
2)L’art. 2, lett. a) del D.Lgs. n. 626 del 1994 ha espunto dalla suesposta nozione la possibilità di ricondurre a lavoratore subordinato colui che opera "con o senza retribuzione".
lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale
3) Si deve perciò ritenere non ricompreso nella nozione di lavoratore subordinato, di cui al D.Lgs. suddetto, chi svolge lavoro gratuito.
4) il medesimo art. 2, comma 1, lett. a) DLgs 626/94 ha ricompreso nella nozione in discorso rapporti di lavoro "speciali" (contratto di formazione e lavoro, apprendistato, ecc.) che non erano espressamente previsti nella nozione di cui ai suddetti D.D.P.R.
5) Secondo la circolare del Ministero del lavoro n. 172 del 20 dicembre 1996 l’esame della suesposta lett. a) del D.Lgs. n. 626 del 1994 rivela come l’elemento da cui il legislatore fa discendere l’applicazione delle norme protettive è l’esistenza di una prestazione svolta in regime di subordinazione, secondo i canoni previsti dal codice civile; ossia, di una prestazione svolta in una situazione di soggezione al potere gerarchico, direttivo e disciplinare di un datore di lavoro e dei collaboratori di queste da cui gerarchicamente dipende il lavoratore.
In tal caso la giurisprudenza è chiara: sono lavoratori subordinati.
In tal senso si possono fare le seguenti considerazioni:
1) ai sensi dell'art. 3, D.P.R. 547/55 - e dell'analogo art. 3, D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 - "per lavoratore subordinato s'intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un'arte o una professione". Per "lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui" si intende che, nel concreto svolgimento del rapporto di lavoro, i modi e i tempi di lavoro sono stabiliti dal datore o da un suo incaricato (Cass. pen. n. 6590 del 9 luglio 1997).
2)L’art. 2, lett. a) del D.Lgs. n. 626 del 1994 ha espunto dalla suesposta nozione la possibilità di ricondurre a lavoratore subordinato colui che opera "con o senza retribuzione".
lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale
3) Si deve perciò ritenere non ricompreso nella nozione di lavoratore subordinato, di cui al D.Lgs. suddetto, chi svolge lavoro gratuito.
4) il medesimo art. 2, comma 1, lett. a) DLgs 626/94 ha ricompreso nella nozione in discorso rapporti di lavoro "speciali" (contratto di formazione e lavoro, apprendistato, ecc.) che non erano espressamente previsti nella nozione di cui ai suddetti D.D.P.R.
5) Secondo la circolare del Ministero del lavoro n. 172 del 20 dicembre 1996 l’esame della suesposta lett. a) del D.Lgs. n. 626 del 1994 rivela come l’elemento da cui il legislatore fa discendere l’applicazione delle norme protettive è l’esistenza di una prestazione svolta in regime di subordinazione, secondo i canoni previsti dal codice civile; ossia, di una prestazione svolta in una situazione di soggezione al potere gerarchico, direttivo e disciplinare di un datore di lavoro e dei collaboratori di queste da cui gerarchicamente dipende il lavoratore.
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