Inviato: 28 giu 2005 15:10
Secondo un mio amichetto caro, che è uno dei massimi esperti italiani in fatto di rumore e di vibrazioni, le nuove direttive europee, qualora recepite, causerebbero di fatto un significativo quanto notevole arretramento delle relative tutele. Vi faccio un riassunto veloce: il nuovo limite espositivo per il rumore diventerebbe 87 dB. Ok, dite voi, adesso è 90...
E NO! dico io, perchè 87 sì ma con i DPI indossati, mentre ora è 90 - base.
Per le vibrazioni, poi, si parla di un limite di accelerazione, che se bene ricordo sarebbe 2,5 m/s2: ebbene, non si specificano però le frequenze, e questa accelerazione sulle frequenze da 250 a 400 Hz pare sia catastrofica per un sacco di nostre giunture, dal polso alla schiena.
Ciò che sembra particolare, e secondo me meriterebbe approfondimenti davvero più attenti, è che le direttive europee in materia di sicurezza spesso tendono a dare delle soglie minime cui i paesi devono COMUNQUE conformarsi. Teniamo presente che ci sono parecchi dei "nuovi arrivati" che in definitiva su molte cose stanno assai indietro, specie per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori, mentee ce ne sono diversi dei "vecchi fondatori" che stanno assai indietro su alcuni limiti operativi derivati per scontati motivi di opportunità di mercato (prendiamo i minatori inglesi, giusto per fare un esempio...).
Quello che io mi chiedo è: ma se noi abbiamo una normativa preesistente più cautelativa, per quale motivo nel recepimento non scriviamo " vista questa direttiva, vista la ns. precedente norma n.X del ..., ritenuto che il limite di tutela previsto dalla comunità sia ampiamente contenuto nella nostra normativa preesistente, emaniamo il seguente decreto di attuazione: art. 1) Il nostro limite è migliore e ci teniamo quello." Sic et simpliciter.
Se ci riflettete un attimo, anzichè stare a beccarci procedure su procedure per infrazioni puramente formali, anche per il 626 tutto sommato bastava fare l'aggiuntina (assolutamente fondamentale) ai doveri dei lavoratori nel 303, aggiungere le figure RSPP e RLS nelle definizioni, integrare con VDT, MMC e cancerogeni le tabelle relative, eliminare le periodicità fisse ed era praticamente fatta. Con il vantaggio che era una sola: e così pure per quel maledettissimo decreto 25, invece di eliminare le voci da 1 a 44 e la 47 dalla tabella famosa, ci aggiungevano "tanto bello" una voce 45 bis "altre sostanze o prodotti chimici naturali e di sintesi", nelle lavorazioni anzichè mettere "lavoratori addetti a..." ci schiaffavano "lavoratori esposti a...", con l'indicazione dei limiti che sono poi stati emanati e stavamo tutti meglio.
Volendo fare davvero le cose, non c'è mica bisogno di rifare sempre tutto da capo...
Tornando a rumore e vibrazioni, ok, diamo un occhio alle direttive europee: ma teniamo sempre presente che in altri paesi europei (e non) l'equivalente (quando c'è) del nostro Inail ha spesso modulazioni assai diverse.
E abbiamo 2 maniere per ridurre il costo sociale di infortuni e malattie professionali in Italia: uno, è ridurre gli infortuni e le malattie professionali, nel senso di fare in modo che le persone non si facciano male e/o non si ammalino, come mi sembra sia nello spirito comunitario; l'altro, è decidere ex jure da che punto in poi decidiamo di indennizzare. Per esempio, in giappone la perdita di un dito non è indennizzata, quella della mano sì. Un po' come si è fatto per le casalinghe, che al di sotto di una certa soglia non prendono il becco di un quattrino, insomma.
A voi scegliere.
Eh, magari...
Nofer
E NO! dico io, perchè 87 sì ma con i DPI indossati, mentre ora è 90 - base.
Per le vibrazioni, poi, si parla di un limite di accelerazione, che se bene ricordo sarebbe 2,5 m/s2: ebbene, non si specificano però le frequenze, e questa accelerazione sulle frequenze da 250 a 400 Hz pare sia catastrofica per un sacco di nostre giunture, dal polso alla schiena.
Ciò che sembra particolare, e secondo me meriterebbe approfondimenti davvero più attenti, è che le direttive europee in materia di sicurezza spesso tendono a dare delle soglie minime cui i paesi devono COMUNQUE conformarsi. Teniamo presente che ci sono parecchi dei "nuovi arrivati" che in definitiva su molte cose stanno assai indietro, specie per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori, mentee ce ne sono diversi dei "vecchi fondatori" che stanno assai indietro su alcuni limiti operativi derivati per scontati motivi di opportunità di mercato (prendiamo i minatori inglesi, giusto per fare un esempio...).
Quello che io mi chiedo è: ma se noi abbiamo una normativa preesistente più cautelativa, per quale motivo nel recepimento non scriviamo " vista questa direttiva, vista la ns. precedente norma n.X del ..., ritenuto che il limite di tutela previsto dalla comunità sia ampiamente contenuto nella nostra normativa preesistente, emaniamo il seguente decreto di attuazione: art. 1) Il nostro limite è migliore e ci teniamo quello." Sic et simpliciter.
Se ci riflettete un attimo, anzichè stare a beccarci procedure su procedure per infrazioni puramente formali, anche per il 626 tutto sommato bastava fare l'aggiuntina (assolutamente fondamentale) ai doveri dei lavoratori nel 303, aggiungere le figure RSPP e RLS nelle definizioni, integrare con VDT, MMC e cancerogeni le tabelle relative, eliminare le periodicità fisse ed era praticamente fatta. Con il vantaggio che era una sola: e così pure per quel maledettissimo decreto 25, invece di eliminare le voci da 1 a 44 e la 47 dalla tabella famosa, ci aggiungevano "tanto bello" una voce 45 bis "altre sostanze o prodotti chimici naturali e di sintesi", nelle lavorazioni anzichè mettere "lavoratori addetti a..." ci schiaffavano "lavoratori esposti a...", con l'indicazione dei limiti che sono poi stati emanati e stavamo tutti meglio.
Volendo fare davvero le cose, non c'è mica bisogno di rifare sempre tutto da capo...
Tornando a rumore e vibrazioni, ok, diamo un occhio alle direttive europee: ma teniamo sempre presente che in altri paesi europei (e non) l'equivalente (quando c'è) del nostro Inail ha spesso modulazioni assai diverse.
E abbiamo 2 maniere per ridurre il costo sociale di infortuni e malattie professionali in Italia: uno, è ridurre gli infortuni e le malattie professionali, nel senso di fare in modo che le persone non si facciano male e/o non si ammalino, come mi sembra sia nello spirito comunitario; l'altro, è decidere ex jure da che punto in poi decidiamo di indennizzare. Per esempio, in giappone la perdita di un dito non è indennizzata, quella della mano sì. Un po' come si è fatto per le casalinghe, che al di sotto di una certa soglia non prendono il becco di un quattrino, insomma.
A voi scegliere.
Eh, magari...
Nofer